Emilia Romagna - Riflessione a due voci a delle consigliere regionali Laura Salsi e Gabriella Ercolini a 60 anni dal primo voto al femminile della storia italiana
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2006
Sessant’anni fa, per la prima volta, le donne italiane furono chiamate alle urne, in un Paese appena uscito dal secondo conflitto mondiale, per scegliere fra Monarchia e Repubblica ed eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, della quale entrarono a far parte 21 deputate su 556 (3,7 per cento). Dodici lustri dopo il Parlamento nazionale annovera, tra Camera e Senato, 152 signore, a riprova che qualcosa, in questo lungo periodo, si è mosso: la XV Legislatura parte con una rappresentanza rosa del 14 per cento a Montecitorio (contro l’11,6 del precedente quinquennio) e del 13 a Palazzo Madama (era il 7,5). Ma l’Italia, dicono le statistiche, resta in coda alle classifiche europee.
«Indubbiamente dalle ultime elezioni è arrivato un segnale positivo, con un aumento della rappresentanza – commenta Laura Salsi, consigliera regionale del gruppo Uniti nell’Ulivo Ds -. Il nostro paese però resta molto indietro non solo rispetto al resto d’Europa, bensì anche in confronto ad altre nazioni. Basti pensare al Marocco, dove la rappresentanza femminile arriva al 30 per cento. L’attenzione deve rimanere alta perché resta difficile far passare il concetto che la partecipazione delle donne nelle istituzioni è una questione di democrazia. Alle nuove elette, in particolare, chiediamo un impegno preciso, quello di inserire strumenti di tutela nei passaggi legislativi che le attendono. A cominciare dalle leggi elettorali, per le quali già esistono proposte sensibili ad un’ottica di genere».
«Che le donne siano poco rappresentate è un dato oggettivo – interviene la consigliera Gabriella Ercolini -. E paradossalmente sono meno rappresentate oggi, in maniera proporzionale, che negli anni in cui è nata la Repubblica: la Costituzione è stata scritta anche dalle donne; c'erano donne nell'Assemblea Costituente, e c'erano donne nel Parlamento italiano quando si è nuovamente formato. Donne con ruoli importanti. I numeri dicono che c'è un'inversione di tendenza molto preoccupante. Il grado di civiltà e il livello di democrazia di un Paese, del resto, si misurano anche dalla rappresentanza femminile: quando le donne sono poco rappresentate vuol dire che c'è un gap di democrazia. Oltretutto le donne, quando si cimentano nella pubblica amministrazione, sono brave amministratrici, anche nei confronti degli uomini; mentre le politiche per le donne sono soltanto loro a farle veramente. E questo è un dato già di per sé significativo».
Le “quote rosa” sono lo strumento giusto per garantire una più consistente presenza femminile nelle istituzioni?
Salsi: « Lo sono perché finora non si è riusciti ad ottenere in altro modo un’equa rappresentanza femminile. Occorre, almeno in questa fase di passaggio, uno strumento che obblighi i partiti all’attenzione verso la partecipazione delle donne».
Ercolini: «Ho considerato la legge elettorale approvata dal centrodestra, che ha bocciato le quote rosa, l’ennesima umiliazione arrecata non a due persone, bensì al 54 per cento della popolazione italiana. La situazione attuale è contro la Costituzione, che afferma pari opportunità per uomini e donne nell’accesso alla sfera pubblica e alle istituzioni, e anche contro le indicazioni dell’Unione Europea nel senso di assicurare la presenza di almeno una donna su tre nelle liste elettorali. Il centrosinistra si impegnerà per cambiare le cose e a dare risposte alle aspettative delle donne, per costruire un sistema davvero rispettoso delle regole democratiche ed etiche».
Una donna impegnata in politica quali difficoltà incontra? Per una donna che arriva ad ottenere un posto di rilievo, c’è un uomo che si fa da parte? O è la politica che è troppo “maschile” e obbliga le donne ad accettare le regole del gioco, magari accettando di “mascolinizzarsi”?
Ercolini: «Come ha dichiarato in qualche occasione Barbara Pollastrini, è necessario un movimento tellurico, capillare, perché mai nessun uomo cederà un posto, sia nella politica sia nella società, senza un conflitto, una convenienza e una spinta. E’ dunque necessario continuare a dare quotidianamente battaglia per ampliare gli spazi in cui le donne possano esprimere e mettere a frutto le loro competenze e le loro potenzialità peculiari. Un buon punto di partenza sarebbe quello di migliorare solidarietà e coesione fra le donne già impegnate in un percorso politico».
Salsi: «La politica è effettivamente impostata in modo “maschile”, ma è altrettanto vero che tanti uomini faticano a farsi da parte. Accade anche negli organi dirigenti dei partiti. L’obiettivo è quello di arrivare a considerare normale rispettare, nella composizione degli organismi, anche il criterio della rappresentanza di genere. Quanto al problema della politica come ambiente di uomini il rischio, per una donna, di mettersi sullo stesso piano dell’uomo pur di continuare ad impegnarsi ed essere accettata esiste. Ci sono però segni di cambiamento: diverse donne sindaco portano il loro essere donna nel lavoro quotidiano e fanno la differenza. E’ una questione di metodo, di sensibilità. Insomma, sono stati fatti passi importanti, ma siamo soltanto all’inizio e non dobbiamo abbassare la guardia».
Anche nella politica, come in tutte le carriere in cui le donne si cimentano, torna fuori il solito tasto dolente: conciliare i tempi dedicati agli impegni in casa con quelli fuori di casa. Un tema sul quale la Regione Emilia-Romagna sta facendo molto.
Salsi: «Il tema della conciliazione dei tempi è fondamentale e particolarmente sentito nella nostra regione, dove le donne che lavorano sono tante. La legge 17 del 2005, la cosiddetta legge Bastico dal nome dell’assessore che l’ha voluta, va proprio in quella direzione. E’ la prima legge regionale che si preoccupa delle differenze di genere nel mondo del lavoro: una scelta politica molto importante della nostra amministrazione. Non solo. Alla legge sono seguiti già diversi decreti attuativi che vanno verso la piena realizzazione degli obiettivi della normativa. Fra gli strumenti introdotti c’è l’apprendistato professionalizzante, opportunità che incontra anche il favore delle imprese perché permette loro di assumere personale meglio qualificato. Nella stessa ottica vanno annoverati i “voucher”, assegni formativi che si possono spendere in corsi mirati ad accrescere le competenze professionali della persona».
Ercolini: «La nostra è una società che a fatica accetta di superare secoli in cui le donne erano state relegate alla dimensione casalinga e domestica. Noi ci proponiamo non solo come interlocutrici ma anche come protagoniste dei grandi processi di innovazione che sul territorio e nella città si stanno consumando, sia dal punto di vista della pianificazione territoriale e urbanistica, che da quelli dell'economia e del welfare. Solo quando le donne saranno protagoniste potremo contare su politiche che tengano conto della necessità di conciliare i tempi del lavoro e dell’impegno fuori casa con la cura della famiglia».
(9 giugno 2006)
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