Emanuela Celi - "Sono nata e sono alata / nella strada dell’aurora / convissuta con la fata..."
Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2007
Emanuela Celi è nata a Roma nel 1973. Ha esordito in antologia (“La congiura dei poeti” e “Il resto è poesia”, entrambe del 2005) e rivista. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta Segreti Serpenti, edita da Lietocolle, dalla quale sono tratti i testi qui pubblicati.
Si tratta di una poesia coraggiosamente vergine, capace di portare il lettore in un’atmosfera di sogno, fatta di castelli, re, principi, foreste, laghi, lune e notti piene di stelle, di fiori, dove paiono rendersi manifeste le forze del bene e del male. Tale epifania di forze oscure o chiarissime che reggono il mondo e che governano l’inconscio è il terreno d’indagine della poetessa: imparare a morire e dare la vita scrive la Emanuela Celi in Segreti serpenti, il testo che dà il titolo alla raccolta, diventa la presa di coscienza, il riappropriarsi del sé, tappa dolorosa ma fondamentale per uscire dall’infanzia e farsi donna.
Il linguaggio di questa poesia si veste di volute, di spirali, di immagini scintillanti e notturne; è un linguaggio capace di rielaborare e utilizzare in maniera diretta ed evidente un bagaglio di strumenti retorici propri della poesia lirica, in maniera tanto candida e onesta da garantire una sostanziale tenuta del testo quasi mai pesante o stucchevole.
Una caratteristica esemplare di questa liricità è l’uso di versi lunghi e lunghissimi, capaci di mantenere nel loro sviluppo una forte vocazione lirica, quando di solito al verso lungo viene associato un linguaggio basso e prosastico. Ne risulta una poesia che tende all’arco della prosa e che ricorda certi processi compositivi propri della scrittura automatica, dell’associazione libera di immagini e suoni. Nella Celi le immagini si affastellano le une sulle altre, fanno germinare significati, si arricciano in volute barocche, limitando le spezzature e gli enjambements attraverso un verso che rimane sempre lirico, senza cadute.
Quali sono i padri di questa poetessa? È difficile dirlo. Paiono testi nati dal nulla, frutto di una mente che esce fresca dalle foreste dei primordi. Si avvertono echi dei simbolisti, in particolare Rimbaud e Apollinaire, ma anche la ricchezza di un poeta poco letto in Italia quanto importante come Lautremont. Il sogno e la dimensione onirica, che sono una costante di questa poesia, ricordano l’esperienza surrealista che ha visto in questo stato alterato della coscienza un elemento di costruzione del fenomeno artistico e del linguaggio. In Segreti Serpenti compaiono mondi e dimensioni stranianti dove “l’effige scolpita di un suono danza impermeata/ di mistero” e dove “la musica disegna lo spartito” e dove ci sono “galassie antropomorfiche”, “magici castelli muniti di ali”, “orologi baffuti”, e “farfugli di sabbia”. Il richiamo al Surrealismo e al sogno come elemento di costruzione di senso, ricorda come la poesia debba essere principalmente un atto di libertà sia individuale che collettiva: è proprio in tale liberazione, del corpo e dello spirito, che si deve trovare il senso ultimo di questa particolare raccolta. Emanuela Celi mette in mora i propri incubi e dà valore ai propri sogni. È questo prima di tutto un esempio di coraggio verso se stessi, nella consapevolezza di lasciare al lettore il bagliore di una luce, il dono del risveglio.
Sono nata e sono alata
nella strada dell’aurora
convissuta con la fata
e il mio angelo custode
mi protegga il suo fulgore
mentre vado per la via
rammentandomi crepuscoli frammentati
piccoli puzzle di vita.
Uno sguardo ed è subito bella
la bambola di porcellana
pronta a morire d’amore per te
i suoi occhi
ti rapiscono il cuore
essa vive dei tuoi molti ricordi
ricompensa dei sassi non toccati.
Non credono al vento
del pensiero che vigila
e soltanto in loro
le molte vibrazioni di suoni
ridono in cambianti nostalgie.
Tu vai per non arrivare mai
per le strade immutabili del tempo
sfidando le dodici lune e tacendo in un muto parlare.
Domande senza colore sbiadiscono
i sentieri del prato.
Sentire il male e avere
percezioni di colpa
sapere morire nel ventre uterino e dare
la vita ai molti giorni di pioggia, donare
l’odore del silenzio al sole che ride e non batte
di segreti serpenti; loro sempre
lì vicino alla tomba ridono di infanzie
e liberano malignità dal loro cuore perverso ma
io che sono la strega del nulla piango la notte in
silenzio, solcata dai fiumi. Perdo il mio
tempo a cercare l’amore ma lui si sottrae
e il mio pudore mi giunge vicino adulando
con segni d’alloro la goccia scolpita di bronzo
che raggiunge il mare.
Stella,
sembrano piccole fiammiferaie
lei è rimasta in piedi
sistema loro i capelli
ha uno stile personale
si parla di colori di bellezza
con piccoli giochi di mani
scolpite venature d'ambra
ma sono solo giochi perlati
in cui si rispecchiano donne azzurre.
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