Lunedi, 11/11/2019 - Dal 9 novembre scorso, prima di varcare il portone d’ingresso del liceo classico Marco Tullio Cicerone di Sala Consilina (Sa), si potrà calpestare una piccola lastra d’ottone, posta per commemorare le migranti morte in mare alla ricerca di un futuro migliore per sé stesse ed i propri cari. Il comitato Se non ora quando-Vallo di Diano, con l’apposizione di una cosiddetta pietra d’inciampo, ha inteso suffragare il ricordo delle sei migranti tumulate nei cimiteri del Vallo di Diano, di cui ricorre in questi giorni il secondo anniversario di morte. Arrivarono il 5 novembre 2017 al porto di Salerno sulla nave spagnola Cantabria, chiuse nelle bare insieme ad altre venti donne accomunate a loro nel triste destino di morire annegate. Sulla stessa nave trovarono la salvezza altri 400 migranti, tra cui nove donne incinte, tutti imbarcati su di un gommone nel cui naufragio le ventisei donne, tra i 14 e i 18 anni, purtroppo ebbero la peggio, in quanto soggetti più deboli.
Le pietre d’inciampo sono un'iniziativa artistica, nata nel 1992 ad opera di Gunter Demnig, consistente nell’installare dei blocchi in pietra ricoperti da una piastra di ottone nella pavimentazione stradale delle città, davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni naziste, indipendentemente da etnia e religione. Su tale lastra vengono incise le generalità del deportato nonché la data di morte, laddove sia conosciuta, per restituire alla comunità il ricordo di una persona che invece era morta da numero in un campo di concentramento. L'espressione "inciampo" deve conseguentemente configurarsi come un concreto impedimento momentaneo, volto a fermarsi per pensare a quanto ci sia idealmente sotto quella lastra d’ottone.
Le prime apposizioni in Italia di pietre d’inciampo risalgono al gennaio 2010 nella città di Roma, peraltro anche divelte nel 2012 da chi non ne sopportava la presenza davanti alla propria abitazione.
Da circa un anno nel nostro Paese si assiste all’attribuzione a tale installazione artistica di una valenza nuova, quale quella di associarla ai migranti scomparsi tragicamente in mare. Difatti la targa, donata dal comitato Se Non Ora Quando-Vallo di Diano, vuole assurgere a pietra d’inciampo, al fine di consentire di imbattersi, non in senso fisico ma rievocativo, in un pensiero di riflessione sul fenomeno delle vittime dei naufragi di migranti. Le organizzatrici dell’iniziativa, denominata “Inciampando nella Solidarietà”, in tal modo hanno inteso veicolare l’idea che quel grande cimitero sommerso, qual’ è il Mediterraneo, assurge a pietra d'inciampo nuova.
Ossia, un monito a sostare anche solo per pochi secondi su di essa, per non dimenticare persone in carne ed ossa scomparse a causa di una novella Shoah, con le debite differenze. Se gli studenti e studentesse, avranno il coraggio di "inciampare" in essa, potranno soffermarsi con la mente ed il cuore sulle loro storie di fiducia in un mondo migliore e conseguentemente generare un piccolo tassello della cultura della solidarietà. Diversamente rimarranno semplici nomi o numeri, o peggio ancora date inscritte sulle loro bare, come quella del 5 novembre 2017, giorno dello sbarco a Salerno delle 26 giovani donne morte tragicamente due anni fa.
Dopo l’apposizione della pietra d’inciampo i convenuti si sono trasferiti presso l’auditorium dell’ITIS G. Gatta di Sala Consilina per partecipare all’incontro pubblico “Esempi positivi di accoglienza ed integrazione dei migranti”. Dopo i saluti istituzionali della dirigente scolastica dell’IIS M. T. Cicerone, Antonella Vairo, e del sindaco della cittadina, Francesco Cavallone, davanti ad una platea attenta di studenti è stato proiettato un video attestante esempi positivi d’integrazione. Tra i suoi protagonisti, due studenti Okhiria Kelvin e Fofana Mohammedou, rispettivamente della Nigeria e del Mali, che sono riusciti da migranti a ben inserirsi nel tessuto sociale della cittadina, al punto che quest’anno si diplomeranno presso il suindicato ITIS.
Dopo le loro testimonianze positive al riguardo di come abbiano costruito per sé stessi un percorso di studi che sperano possa concretizzarsi in un futuro lavorativo, è intervenuto don Vincenzo Federico, Responsabile Centri di Accoglienza dei Migranti, le cui parole sono state particolarmente chiare sulla natura dell’approccio ideale, che dovrebbe aversi al proposito del fenomeno migratorio. “L’incontro è la più grande sfida che l’uomo è chiamato ad affrontare non la paura, perché quella fa solo alzare i muri. Il mare nostrum è diventato mare mostrum che divora la vita delle persone. Abbiamo lottato per i nostri diritti e adesso priviamo altri di poterne beneficiare. L’incontro avviene, ad esempio, con i minori non accompagnati, che si iscrivono a scuola. Questi ragazzi sono un’opportunità, una ricchezza per tutti perchè permettono di conoscere l’altro che così diventa un bene e non un pericolo”.
Sulla scorta dell’invito rivolto dal sacerdote agli studenti affinchè si abbatta quel muro tra “noi e loro”, la moderatrice dell’incontro, Rosy Pepe, presidente del comitato Se non ora quando Vallo di Diano, ha nel prosieguo dato la parola al prefetto Mario Morcone, già Capo di Gabinetto del Ministro dell’Interno nonché Responsabile nazionale dei Centri Italiani Rifugiati. “L’immigrazione è una vicenda umana connaturata alla vita stessa e quindi si può gestire ma non si ferma. In tempi recenti abbiamo costruito una politica della sofferenza che convince gli immigrati a non venire in Italia. Chi è disperato si avventura lo stesso a costo della vita. Vengono tagliati anche i servizi nel settore dell’accoglienza, dobbiamo garantire una sorta di inclusione nel nostro sistema. Bisogna essere pronti con gli strumenti giusti a gestire in maniera compatibile con un Paese come l’Italia numeri accettabili che possano essere sostenuti. Noi ci abbiamo provato, con qualche difficoltà tra il 2014 ed il 2016 che abbiamo superato piano piano, creando un assetto attraverso i progetti Sprar, attraverso le strutture di accoglienza sempre più qualificate, escludendo quelle che invece cercavano di approfittarsene e fornendo servizi e qualità alle persone. Quest’anno i numeri sono assolutamente bassi con 9.500 persone che sono nulla rispetto a 60 milioni di abitanti.”
Nel prosieguo si è donata una targa di ringraziamento al figlio della donna che, mossa da vera e propria solidarietà, per due anni ha curato in maniera anonima i luoghi di sepoltura delle migranti, Franca Violetta Marrone. Gli studenti presenti all’incontro, che avevano precedentemente visto alcuni loro compagni compartecipare in maniera diretta all’iniziativa attraverso canti e reading di brani, alla conclusione degli interventi sono stati chiamati dai relatori a formulare domande, di modo che la loro adesione a “Inciampando nella Solidarietà” fosse più motivata. Ne è risultato un confronto proficuo che li ha fatti ritornare a casa più consapevoli, rendendo possibile l’auspicio avanzato da don Vincenzo Federico, cioè che l’altro sia ricchezza e non pericolo, “In questo modo si costruisce il bene, si innalza il grado di civiltà e si diventa cittadini responsabili”.
Così si è creato un collegamento ideale con quanto Rosy Pepe aveva sottolineato all’apposizione della pietra d’inciampo davanti al portone d’ingresso del liceo classico. Ossia, “Dovete inciampare con gli occhi in questa lastra d’ottone, perché si possano risvegliare in voi delle riflessioni sul dramma dei migranti. Tutti dobbiamo essere la pietra d’inciampo per chi al nostro fianco è bisognevole d’aiuto”. Sulla scorta di questo invito le organizzatrici di “Inciampando nella solidarietà” sperano di avere onorato in modo degno la memoria delle 26 migranti morte tragicamente due anni fa, restituendole quella dignità persa con la misera indicazione della data di sbarco sulle loro bare, inscritta anche sui loro luoghi di tumulazione.
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