Società/ Pacs e RU 486 - “Incontriamoci in rete per dar vita ad un circolo di idee virtuale, ad iniziative già elaborate ma che hanno bisogno di sostegno”
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005
Scomparsa la mediazione della DC, il rapporto fra il mondo politico italiano e le gerarchie vaticane si sta modificando sotto i nostri occhi e non mancano i probblemi. Ultimo quello dei Pacs.
Chi propone i Pacs non vuole equiparare le unioni di fatto al matrimonio, come Zapatero, non vuole proporre un altro modello di famiglia, piuttosto si preoccupa di offrire delle garanzie ai membri delle numerose coppie di fatto già presenti nel paese (per l’Istat sono 550.000) e pertanto dispiace vedere che la Chiesa per contrastare questa nuova forma di relazione, anziché agire attraverso la persuasione, cominci una nuova crociata che –se durasse Berlusconi- ci darebbe un’altra legge simile alla legge 40: un testo ideologico, pieno di minuziose casistiche, di paletti più che di diritti, un testo che affronta di malavoglia i problemi di una società in rapida e continua evoluzione, concedendo comunque il meno possibile a cittadini giudicati capricciosi, se non immorali e viziosi. E infatti anche se i Pacs allargano l’idea di nucleo familiare anche a famiglie non ‘regolari,’ ma sostenute dall’identico patto di affetto e/o di assistenza, la propaganda di governo tace delle giovani coppie, degli anziani soli, dei poveri stretti in un patto di mutuo soccorso e attira l’attenzione sul presunto matrimonio omosessuale così da sporcare (per chi ci casca) non solo l’immagine dei Pacs ma anche quella di Prodi diventato zapaterista e sfasciafamiglie in cerca di voti. Lascia pertanto sconcertati il fatto che la Chiesa continui ad interferire con una invadenza ed una durezza che in nessun altro paese europeo sarebbe tollerata; e ciò anche se finisce per ritrovarsi in compagnia delle frange più primitive e razziste del Polo. Del quale a tutt’oggi non ha denunciato le scelte liberiste che hanno- queste sì- sfasciato le famiglie italiane. Ci auguriamo che la Chiesa di Roma prenda le distanze; o ha ragione Serra quando scrive: “ E’ il segno ulteriore e definitivo che esiste, nella destra cattolica e nella destra politica, una cecità civile, rivendicata per giunta come nobile pregiudiziale etica; che non solo pretende di applicare alle leggi dello stato repubblicano ( che è di tutti) una morale confessionale, ma bolla di immoralità e di disgregazione sociale perfino una scelta come i Pacs, fatta propria da tempo da molta destra liberale europea”?.
E un richiamo all’Europa ci viene anche da Rodotà il quale, a sostegno dei Pacs, dopo averci ricordato che nella Costituzione vicino all’art. 29 (la famiglia), c’è l’art.2 ( i diritti inviolabili del singolo garantiti nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità), nonché l’art.3 (divieto di discriminazione per le condizioni personali dei cittadini), cita la Carta europea che contempla in modo distinto il diritto di sposarsi e il diritto di formare una famiglia, un punto questo che infatti a suo tempo sollevò le risentite obiezioni della Chiesa. La quale può concedere compassione e tolleranza ai trasgressori, ma non può permettere che la carica eversiva dei Pacs smascheri i limiti e l’insufficienza del matrimonio tradizionale nella complessa realtà della società moderna: il Pacs “ introduce l’idea che altrove, in altri modi, con altre regole mentali, sentimentali e sessuali si possono aprire spazi di convivenza. La famiglia non sarebbe più l’unico luogo destinato ad accogliere il dono di sé all’altro.”( Ciotta)
Ma l’esecrazione di Prodi e dei Pacs non può creare sorpresa dopo il referendum. Che è stato vinto anche grazie ad uno slogan equivoco, cioè all’appello di ‘dire sì alla vita’. Quale vita? La ‘vita’, cioè la vita fra virgolette, vita teorica e virtuale non la vita vera, quella che si può sviluppare solo se viene accolta da un grembo femminile. Si è parlato di vita, insomma, dimenticando la madre, la donna, il suo corpo che accoglie e difende, la sua relazione col figlio: attesa, amore, sogni. Nonostante sia la scienza sia l’esperienza ci dicono che è l’intero sé della donna che viene coinvolto nella gestazione, la campagna astensionista si è concentrata sull’aspetto fisico, direi materiale, dell’origine della vita, trascurando quello umano e spirituale.
È vero che Woytila ha esaltato il ‘genio’ femminile, ma come può la Chiesa di Roma, al cui vertice c’è un papa eletto da un’assemblea di maschi con un’età media di 70 anni, esprimere quella sensibilità femminile che, per forza di cose, da sempre le è estranea ? E inoltre è davvero stupefacente che un mondo di maschi votati alla castità, che conoscono il rapporto con la donna solo attraverso la confessione, si senta legittimato a dettare una rigida precettistica intorno ai costumi sessuali, che infatti ammette solo se finalizzati alla riproduzione e condannando senza appello non solo l’aborto ma anche la contraccezione. Ma oggi il mondo intorno a noi ci dice che solo là dove la contraccezione ha permesso alle donne di vivere la maternità come scelta e non come destino, progresso sociale e incivilimento hanno migliorato la vita di tutti non solo la vita delle donne. Ma ancora oggi le più indifese fra di loro usano come contraccettivo l’aborto.
E il ministro Storace invece di promuovere la contraccezione, si attiva affinché la pillola abortiva RU 486 continui a restare fuori dei confini nazionali anche se: farebbe risparmiare soldi al suo ministero; è entrata in commercio 20 anni fa; evita l’operazione chirurgica, quindi i rischi dell’anestesia e il dolore. Certo il ministro vuole guadagnarsi la benevolenza della Chiesa, la cui condanna della contraccezione è così radicata e inossidabile da rimanere salda ed intatta anche davanti ai problemi posti dallo sviluppo demografico, così veloce gigantesco e mal distribuito che la stragrande maggioranza dei milioni di nati ogni anno è destinato a morire di fame e/o di sete; per tacere dell’Aids, una catastrofe umanitaria che i contraccettivi avrebbero potuto contenere, mentre oggi nella sola Africa si contano 24 milioni di morti, cioè la perdita del futuro: i giovani e i bambini nati infetti.
Come si vede l’umanità ha oggi di fronte a sé problemi epocali, compresa la conservazione della vita sulla terra, e perciò è auspicabile che le chiese, forti del loro prestigio e della loro autorevolezza, aiutino l’uomo a rinsavire, a diventare se non un ‘giusto’ almeno un essere ragionevole. Potrà farlo la Chiesa cattolica se conserva una struttura monocratica, accentratrice e gerarchica, in cui predomina una cultura occidentale non fecondata dal contributo del mondo femminile e dei giovani? Purtroppo le ultime vicende italiane non ci rendono ottimisti, e dimostrano come ancora oggi- III^ millennio- la Chiesa stenti a pacificarsi col principio di laicità dello stato, coi valori del pensiero illuminista e liberale. Questo per dire che il dialogo coi cattolici laici (coi fondamentalisti purtroppo non si riesce a parlare) va condotto con la massima apertura, ma nella consapevolezza che i vertici della Chiesa romana non stanno ostacolando l’arretramento civile e culturale inflitto al paese da una destra nemica dei valori affermati nella Costituzione.
La campagna astensionista al referendum infatti ha prodotto un ‘vulnus’ molto grave alla Costituzione: nei piccoli centri, negli istituti religiosi, e non solo, addio al voto segreto!; in un popolo che ha fede negli oroscopi e nei maghi si legittima un sentimento di estraneità e di diffidenza verso la scienza (un po’ di paura fa bene alla salute, ma tutto con misura e ragionevolezza, e facendo attenzione a non procedere parelleli alla Moratti, che sta smantellando la ricerca in Italia); Ruini ha diffuso nel paese, e molti preti l’hanno adottata, non l’immagine del pastore che si rivolge al suo gregge, ma quella del politico che orienta con parole d’ordine gli elettori durante una campagna elettorale- e questo non glielo consente neanche il Concordato di Craxi. Ma nel paese la consapevolezza del pericolo rappresentato dalla perdita di un valore fondamentale come la laicità dello stato non è presente neppure in tutto il centrosinistra, come ancora dimostrano, dopo i fatti di Siena, le parole di sostegno e comprensione bipartisan arrivate a Ruini contestato da un gruppo di giovani, rumorosi ma non violenti. Dimenticando che:
- non è stato fischiato mentre officiava o parlava ai fedeli, ma mentre ritirava un premio che Adornato, parlamentare di Forza Italia, gli consegnava come riconoscimento della sua attività letta in chiave squisitamente politica ( come squisitamente politico è stato l’intervento in favore di Fazio da parte del suo Osservatore romano)
- il Concordato, il quale concede alla Chiesa non solo di organizzarsi e di operare liberamente, ma privilegi speciali e molti molti soldi, prevede la separazione dei poteri, un principio che il clima politico attuale, per quanto terremotato, non rende né obsoleto nè superato;
- se il cardinale si esprime su un tema dell’agenda politica italiana deve mettere in conto che può essere contestato perchè la sua immagine, a differenza di quella di un comune cittadino, balza in primo piano sui telegiornali e perciò, se è vero che gli va riconosciuto il diritto di espressione come a un qualunque cittadino, è altrettanto vero che il peso delle sue parole è enorme e può essere strumentalizzato; come ha fatto subito una destra che si a suo tempo era inventata il caso Telekom Serbia pur di colpire Prodi (al quale la Chiesa non perdona di essersi dichiarato un ‘cattolico adulto’, che vuol dire laico, cioè che ascolta le parole della Chiesa, ma non obbedisce come un minore e pensa con la sua testa).
E già, i cattolici? I cattolici italiani sono a dir poco disorientati, ma il rischio più grave lo corre l’Unione che ha come presupposto al suo interno l’aggregazione di cattolici e non cattolici. Se nel paese continua l’esasperazione dei temi cavalcati insieme dalla destra politica e cattolica, il rischio è quello dell’implosione. E infatti nel centrosinistra dopo la contestazione a Ruini, si sono levate voci preoccupate perché i fischi rischiano di “regalare” la Chiesa al Polo ed è meglio “rispondere con la forza degli argomenti”. Obietto: pensare che la Chiesa non decida in autonomia è fuori da un minimo di consapevolezza storica; d’accordo sugli argomenti, ma un comune cittadino può al massimo sperare di vedersi pubblicata una lettera. Ancora una volta coloro che hanno fatto della politica una professione ignorano il rischio di ritrovarsi chiusi in una dimensione autoreferenziale e leaderistica e non sentono quanta delusione, amarezza e rabbia si è accumulata in un popolo di sinistra che intende la partecipazione in un modo più appassionato e coinvolgente che attivarsi solamente prima delle elezioni.
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