Mercoledi, 22/05/2019 - A Monterotondo, in provincia di Roma, il 19 maggio il padre ubriaco e da sempre violento assale in casa la moglie, la madre e la figlia. Deborah, nel tentativo di difendersi, lo uccide involontariamente e si dispera. Una tragedia familiare - l'ennesima - che stavolta assume connotati particolarmente crudeli per la ragazza. Abbiamo sentito il bisogno di rivolgerle qualche pensiero.
Cara Deborah
avendo seguito attraverso la stampa il dramma della tua storia, che a soli 19 anni ti ha reso involontaria protagonista della morte di tuo papa per difendere tua mamma, tua nonna paterna e te stessa, scriverti mi è sembrato quasi un dovere. L'ho sentito come un desiderio per comunicarti una vicinanza, pur nella consapevolezza che dirti qualcosa di significativo e che possa arrivarti in un momento così terribile sia davvero e presuntuosamente difficile. Eppure mi piace pensare che sia comunque non inutile.
La violenza, la paura: dai giornali abbiamo imparato come abbia segnato la tua giovane vita in famiglia, li dove hai vissuto, contemporaneamente, le violenze di tuo papà - al quale non hai smesso di voler bene - e le conseguenze che quella violenza ha prodotto nella quotidianità tua, di tua mamma e di tua nonna paterna.
Dai resoconti letti in questi giorni sui giornali, riguardanti la tua vita e le tue sofferenze, ma anche le testimonianze di amore e rispetto per un’esistenza che si può immaginare, si possono immaginare le motivazioni che ti hanno spinta ad essere un studentessa di valore, come raccontato e specificato in tante interviste di insegnanti e non solo, e contemporaneamente ti abbia fatto scegliere un riserbo totale sulle vicende della tua famiglia e le sofferenze che pativate in casa.
Un riserbo che i tragici avvenimenti di domenica hanno svelato e scoperchiato in tutta la sua brutalità. Ed è domenica 19 maggio che la tua vita si è davvero stravolta. Gli eccessi, la rabbia, la violenza di tuo papà quel giorno hanno probabilmente superato ogni limite, e allora l’istinto di salvezza ti ha portato a difendere nonna, mamma e te stessa provocando un gesto dalle conseguenze non volute nel terribile risultato finale che, penso, ti ha lasciata svuotata. La morte di tuo padre, conseguenza della collutazione, non l'hai voluta.
E lo hai gridato, disperata con quel: “ti voglio bene rimani con me!” che le cronache hanno riportato.
Il tutto a fronte dell’irreparabile a cui vi ha portato un destino irreversibile.
Guardando indietro si rimpiangono infiniti SE che riguardano gli adulti della tua famiglia. SE che oggi non servono più, mentre forse possono aiutare altre analoghe situazioni che purtroppo sappiamo esistere.
Ma tutto questo per te non conta o comunque non spetta a me valutare. Ciò su cui invece voglio soffermarmi è un pensiero rivolto a te. Sarà compito della giustizia stabilire i termini del reato che, al momento, sembra essere inquadrato come legittima difesa data la circostanza in cui è avvenuto il fatto e che escludono la premeditazione.
Ma poiché la tua breve storia di vita, da quanto abbiamo letto e sentito, racconta di una sensibilità importante, si possono immaginare le terribili conseguenze che la morte di tuo papà hanno e avranno nel tuo cuore e nella tua mente. Conseguenze che non potrai facilmente archiviare, e che probabilmente porterai sempre con te.
E allora sperando tu possa trovare la forza di combattere da sola, ma anche con un aiuto adeguato, per elaborare l'inevitabile senso di colpa che ti inseguirà, l’auspicio è che tu riesca, nel tempo, a trovare giuste, adeguate e per te accettabili risposte ai terribili avvenimenti di cui sei stata vittima.
E affrontato il tuo difficile ultimo anno di scuola l'augurio è che tu possa trasformare il tuo dolore in aiuto, con la testimonianza del tuo impegno di vita. Un aiuto che risulti utile per molte altre persone, donne in particolare, nel fare le giuste scelte per non trovarsi in tragedie analoghe, tragedie che stravolgono esistenze e nuclei familiari.
Il mio augurio affettuoso, che sono certa di condividere con tante altre persone, è che tu non ti chiuda nel tuo dolore isolandoti, ma che continui nel percorso della vita cui hai diritto come e di più di tante altre persone. E che tu possa aprirti, in prospettiva, quando ti sentirai pronta ad una condivisione con chi riflettendo e tentando un percorso adeguato possa evitare il compiersi di atti irreparabili.
E’ difficile, ma oggi più che mai in una società che sceglie indifferenza e distrazione come atteggiamento privilegiato portando un'infinità di persone a nascondere i problemi, quasi fossero solo vergogna, parlare, condividere e chiedere aiuto alle istituzioni ma anche alla società che ci circonda in modo adeguato e intelligente. Invece, in un'infinità di occasioni, questo rappresenterebbe la via maestra per provare ad aiutarsi.
Ciao Deborah quanto ti aspetta con i tuoi 19 anni è più duro che mai, ma sono certa che puoi farcela.
Ti siamo accanto, sicuramente, in tante, come anche alla tua mamma e nonna.
Paola Ortensi
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