Politica/ Ordinamento giudiziario - Autonomia della magistratura, valorizzazione delle competenze e sanzionamento delle incapacità, i principi che la riforma Castelli schiaccia
Federica Lupparelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2005
Forse, il rinvio dell'ordinamento giudiziario alle Camere da parte del capo dello Stato, Anna Finocchiaro se l'aspettava. Magistrato, ministro delle Pari Opportunità nei governi dell'Ulivo, la Finocchiaro è responsabile dal 2001 del Dipartimento Giustizia dei Democratici di Sinistra. Ed è da questo punto di osservazione che può offrire il suo equilibrato e competente giudizio su alcune tra le leggi più controverse varate in questi anni dal governo della Casa delle Libertà. Quelle, per intenderci, che ormai un po’ tutti ci siamo abituati a definire leggi-vergogna: dal falso in bilancio, alla Cirami, al Lodo Schifani.
La riforma dell'ordinamento giudiziario, l'ambizioso e controverso progetto sul quale il ministro Castelli è riuscito ad incassare critiche pressoché unanimi, dal mondo dei docenti universitari, dei giuristi, degli avvocati, dei magistrati, è stato negli ultimi mesi al centro dei lavori parlamentari. E, dopo il messaggio del presidente Ciampi, è destinato a 'tenere banco' ancora per diverso tempo nel 2005.
Subito dopo l'approvazione del disegno di legge, del resto, il commento di Anna Finocchiaro era stato laconico, ma chiarissimo, "una pessima riforma - aveva commentato con i giornalisti a Montecitorio - non c'è altro da dire".
"Intendiamoci, su un punto noi e la maggioranza eravamo e siamo d'accordo: l'ordinamento giudiziario va riformato. In Parlamento non esistono, come vorrebbe far credere la Casa delle Libertà, due partiti, quello dei riformisti, che sarebbe quello della maggioranza e quello dei conservatori, ovvero l'opposizione. Una riforma era ed è necessaria, per migliorare la qualità della giurisdizione, per garantire a cittadini e imprese un servizio-giustizia efficiente. Questo noi lo sosteniamo da tempo. In questi anni abbiamo presentato un nostro progetto, alternativo a quello del governo, un testo compiuto, un'altra riforma, del tutto diversa dal testo Castelli. Però, siamo costretti a ribadire che la nostra proposta è stata ignorata, così come le critiche avanzate dalla magistratura, dagli avvocati, dall'università. Allo stesso modo, sono rimaste inascoltati i pareri del Consiglio Superiore della magistratura e la grande quantità di osservazioni critiche avanzate da numerosi e autorevoli costituzionalisti italiani. Rilievi importanti, pesanti, che hanno messo in luce più di un profilo di incompatibilità con la nostra Costituzione, ma anche osservazioni di metodo. Abbiamo visto la maggioranza imporre la riforma senza nessuna reale disponibilità al confronto, né con i gruppi di opposizione, né con il mondo del diritto".
Ma quali sono i più grandi limiti di questo testo? Anna Finocchiaro li ha elencati puntualmente quando alla Camera ha pronunciato l'orientamento di voto del suo gruppo. "Vi erano, per una riforma, delle direttrici diremo così obbligate, che restasse iscritta nel nostro modello costituzionale. La prima è che nessuna riforma dell'ordinamento giudiziario deve mettere in discussione il principio dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, perché queste sono fondamentali per assicurare l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Bisognava quindi escludere dalla riforma l'imposizione di ogni principio gerarchico tra i magistrati, ma anche l'ingerenza di altri poteri nel sistema di selezione e promozione dei magistrati, riservando pienamente al Consiglio superiore della magistratura il ruolo di autogoverno ad esso assegnato dalla Costituzione. Bisognava assicurare ai cittadini un magistrato la cui preparazione, professionalità, equilibrio ed impegno venissero continuamente testati e obbligatoriamente controllati, sanzionando gli incapaci e valorizzando le competenze.
Una particolare attenzione andava rivolta a far sì che i giudici di primo grado potessero essere i più preparati, i più ricchi di esperienza, per soddisfare al meglio la domanda di giustizia dei cittadini e per affermare l'autorevolezza dello Stato. Ancora, riguardo al sistema disciplinare, occorreva evitare che il ministro di Giustizia potesse far valere per questa strada prerogative che la Costituzione non gli assegna".
Tutto il contrario il progetto Castelli, che peraltro il Parlamento è chiamato a correggere, ma solo nelle parti 'criticate' dal messaggio presidenziale, potrà avere, una volta entrato in vigore e una volta attuato, conseguenze devastanti per l'intero sistema giustizia.
In primo luogo, osservava la Finocchiaro dopo la sua approvazione, "avrà verosimilmente l'effetto di allontanare i magistrati dalla giurisdizione di primo grado, sguarnendola. Il progetto Castelli afferma un principio, quello secondo il quale il giudice d'appello è più bravo. Per questo dobbiamo aspettarci che i giudici effettivamente più preparati, o i più ambiziosi, si concentrino lì abbandonando il primo grado. Tutto ciò in aperto contrasto con l'esigenza di avere giudici specializzati in primo grado. Probabilmente, questo non farà che aumentare il ricorso all'appello, incidendo in modo negativo sui tempi di definizione dei processi. Altro che innovazione, se possibile la giustizia diventerà ancora più lenta. Quanto al giudice, quello tratteggiato dalla proposta Castelli e dai sistemi di selezione e valutazione lì previsti, è un magistrato omologato, neutro sì, ma non imparziale".
Ora, dopo che il Parlamento ha ricevuto il messaggio del Quirinale, l'onorevole Ds precisa che i rilievi del capo dello Stato non sono puramente formali.
"I rilievi di costituzionalità - ha dichiarato - formulati nel messaggio del presidente Ciampi, toccano il cuore della riforma ed in particolare due punti essenziali dell'impostazione: le nuove attribuzioni del ministro della Giustizia, lesive della funzione autonoma e indipendente della funzione giuridica, e il ridimensionamento del ruolo del Consiglio superiore della magistratura. Questi due punti sono stati peraltro oggetto costante della politica della maggioranza fin dai primi mesi della legislatura. Basti pensare alla famosa mozione approvata al Senato in occasione delle dimissioni del sottosegretario Taormina e alla riforma del sistema elettorale del Csm".
"Le censure - prosegue la Finocchiaro - non sono quindi marginali, come pretende il ministro Castelli, ma toccano il cuore della riforma e la coerenza della linea politica che la sorregge con il nostro sistema costituzionale. Vorrei ricordare poi che nel corso della lunghissima discussione più volte sono state sollevate da parte di molti costituzionalisti italiani, dell'avvocatura, della magistratura e dell'opposizione, analoghi rilievi con specifiche pregiudiziali di costituzionalità. Forse la maggioranza avrebbe fatto meglio a riflettere sulle critiche mosse a noi, piuttosto che liquidarle con il voto di fiducia".
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