Una legge contro le mutilazioni genitali femminili
Egitto - La nuova norma inasprisce le pene per chi pratica le MGF ma non inciderà nella realtà. Esperte egiziane spiegano perché
Zenab Ataalla Lunedi, 17/10/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2016
Il 28 agosto scorso il Parlamento ha approvato una modifica al codice penale che prevede un inasprimento della pena detentiva da cinque a quindici anni a chi ha materialmente praticato una mutilazione genitale femminile.
Per molti questa modifica è risuonata come un chiaro segnale da parte del governo nel volere combattere una pratica ancora oggi assai diffusa in molte aree dell’Egitto, soprattutto nelle zone più interne e rurali del Paese.
Per Rothna Begumm del Human Right Watch si tratta di un importante emendamento, ma non basta per garantire alle bambine il diritto alla vita ed alla salute. “Le sanzioni più severe per le mutilazioni genitali femminili in Egitto riflettono le conseguenze orribili e potenzialmente mortali di questa usanza discriminatoria - e continua - ma non serve solo questo. È necessaria una più ampia riforma del diritto per contrastare in modo adeguato questa pratica orribile, ma è necessario anche che tutte le leggi esistenti siano applicate per proteggere le decine di migliaia di bambine ancora a rischio". E se un passo in avanti viene fatto, c’è ancora un punto sul quale le organizzazioni femminili egiziane continuano a dichiarare battaglia.
Le modifiche recenti, infatti, non intaccano l’articolo 61 del codice penale egiziano, che avalla il ricorso alle mutilazioni genitali femminili, qualora si ritenessero necessarie per la salute delle bambine. Ma non essendoci dei fondamenti medici che giustificano l’escissione degli organi genitali femminili, le organizzazioni femminili lanciano l’allarme sul fatto che mantenere questa possibilità significherebbe nei fatti continuare a mantenere uno status quo terribile. In questo senso mantenendo la clausola del “giusto e necessario per la paziente” non si farebbe altro che incoraggiare i giudici a far decadere le accuse dei condannati che, essendosi trovati costretti a praticarla, non subirebbero alcuna conseguenza sul piano penale o giudiziario.
Per Dalia Ahmed Hamid, dell’Iniziativa egiziana per i Diritti personali, continuare per questa strada è un errore gravissimo. “Il governo è generalmente incline ad aggravare la pena nei reati legati alla violenza di genere ed alla condotta sessuale. E non essendo le mutilazioni genitali femminili rientranti in questi casi, continuano ad essere praticate non solo in laboratori medici improvvisati, ma anche nelle strutture ospedaliere del Paese”.
Per tale ragione il governo egiziano insieme alle organizzazioni della società civile dovrebbe sviluppare delle linee guida per fornire un’adeguata formazione agli operatori sanitari, ai giudici, agli assistenti sociali ed agli insegnanti che solo in questo modo potrebbero affrontare il problema, e soprattutto prevenirlo ed evitarlo.
Per la Egypt Demographic and Health Survey (EDHS) "la più recente ricerca governativa sulle mutilazioni genitali femminili, indica che su 20mila donne intervistate con un’età compresa tra i quindici ed i quarantanove anni, più della metà è stata sottoposta a questa pratica dal lontano retaggio tribale che nulla ha a che fare con la religione, diffondendo un altro dato allarmante, quello che mostra come l’approvazione di questa pratica sia più alta tra gli uomini che tra le donne”.
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