Lunedi, 07/03/2011 - Una ricorrenza da celebrare o un’occasione per ripercorrere il cammino delle donne. Anche quest’anno media e commentatori prendono a pretesto l’8 marzo per occuparsi ‘di donne’, come se si trattasse di una categoria sociale. Ancora non è passata nella condivisione generale la differenza, profonda, che c’è tra una rivendicazione di settore e le richieste di più ampie e significative presenze femminili nella società e nei luoghi decisionali.
L’idea delle pari opportunità non intende solo e semplicemente rivendicare presenze numericamente equilibrate nelle assemblee elettive o ai vertici delle amministrazioni (pubbliche o private). Certo la conquista di rappresentanze in cui non ci sia la prevalenza di un genere sull’altro rimane un obiettivo importante e, purtroppo, non raggiungibile nel breve periodo, ma la questione aperta dai movimenti delle donne travalica la dimensione meramente quantitativa e investe l’assetto complessivo della società, l’ordine delle priorità dettato dallo sguardo sui problemi che la collettività, nel suo insieme, è chiamata ad affrontare.
Quello che manca, e ancora chissà per quanto tempo mancherà, è un approccio ‘altro’ allo spazio pubblico, che dovrebbe investire la politica, l’economia e le relazioni tra esseri umani. Una maggiore presenza femminile dove si decide, a partire dalla politica, è un passaggio ineludibile, ma non fine a se stesso. L’obiettivo delle lotte per avere più donne in posizione di potere è, e rimane, quello di modificare la realtà in modo democratico e rispettoso dei bisogni dei più deboli, di cambiare le logiche che generano le scelte economiche e amministrative, di osservare il mondo da un’altra angolazione e tentare strade sconosciute per risolvere i problemi.
Questo 8 marzo 2011 è una giornata (molto) particolare perchè non può prescindere dalle piazze del 13 febbraio, dallo spirito che le ha animate e dal potenziale che hanno espresso.
Si tratta di una energia nuova o forse di quella antica forza che le donne hanno sempre avuto, ma che ha trovato inediti canali espressivi. I corpi nelle piazze hanno manifestato in modo tradizionale, portando vecchie e irrisolte istanze insieme a nuove rivendicazioni. Le mobilitazioni hanno utilizzato la rete virtuale per concretizzarsi e vecchi slogan per riconoscersi. Dai palchi adeguatamente amplificati o da megafoni portati all’ultimo momento, le voci delle donne hanno usato parole note e categorie nuove. È affascinante l’intreccio di fisico e immateriale, di moderno e antico, di consolidato e potenziale di cui questo movimento femminile si nutre e di cui è portatore. Non a caso è un movimento che ri-nasce nel terzo millennio e che non può prescindere dai tanti elementi che entrano in campo, assenti in passato. Dalla globalizzazione alle contaminazioni con le donne di altre tradizioni e culture, dalla crisi economica ed energetica alle emergenze ambientali e all’ecosostenibilità del sistema di produzione e scambio: un nuovo femminismo difficilmente potrà ridefinirsi a prescindere da tutto ciò. Per questo l’8 marzo 2011 dovrebbe rifiutare la retorica e rigettare le celebrazioni, per essere pensato e vissuto come una pietra fondante di un nuovo inizio. Questo sentimento attraversa le donne che, dopo il 13 febbraio, sentono che nulla potrà tornare ad essere come prima. A partire dal modo con cui ciascuna, a titolo personale o nel gruppo a cui appartiene, dovrà relazionarsi alle altre. Il cammino delle donne continua ad essere lungo e non facile. Ma, come sempre, sarà appassionante perchè rappresenta la vera, unica novità e la speranza di miglioramenti per tutti e tutte.
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