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Una geografa viandante

Una geografa viandante

Ri-cognizioni - Loredana Piro ridisegna il rapporto spazio/uomo attraverso la letteratura, la geografia e la musica

Mirella Mascellino Lunedi, 30/05/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011

Loredana Piro, 31 anni, di Castelbuono, in provincia di Palermo, è una studiosa di Geografia urbana e sociale. Si è laureata nel 2007 in Lettere Moderne, con una tesi su Vinicio Capossela Ri-cognizione geografica di una flanerie, una riflessione letterario-filosofica sullo spazio urbano e sociale. La flanerie è una sorta di rete ove si incontrano strade da percorrere. La tesi, per la sua singolarità, viene pubblicata dalla casa editrice milanese Mimesis nel luglio 2010, con la prefazione del professore Vincenzo Guarrasi, Ordinario di Geografia a Palermo. Ora il saggio è stato adottato come testo d'esame nel corso di Geografia per gli studenti di Lettere Classiche, Storia e Beni Demo Etno Antropologici dell'università di Palermo. È un'analisi geografica diversa rispetto ai temi e alle metodologie classiche, un'esplorazione in cui ri-cognizione è ripensare gli spazi in modo post-moderno. La studiosa si serve dei testi di un flaneur (viandante) post moderno, Vinicio Capossela, tra i più interessanti cantautori del panorama attuale italiano. Le sue canzoni e i suoi libri sono un viaggio interiore-esistenziale e parimenti un viaggio dentro la città e i luoghi del cantautore, ovvero luoghi-guida, in cui tanti giovani costruiscono il proprio senso di identità. La sensibilità del cantautore diventa misura e forma di conoscenza scelta per esprimere la complessità e l'instabilità dell'epoca in cui viviamo e in cui molti senz'altro si riconosceranno. Il lavoro di Loredana Piro dimostra come letteratura e geografia, ma credo anche la musica, sperimentano un connubio vincente per meglio ridisegnare e ripensare lo spazio e il rapporto dell'uomo con esso. A Loredana qualche domanda, per Noidonne.



Cosa vuol dire essere studiosa di geografia urbana e sociale e soprattutto oggi?


La geografia si è andata nel tempo sempre più complessificando, nelle sue metodologie e nelle sue rappresentazioni. “La prospettiva umanistica della geografia contemporanea”, quella in cui mi riconosco, può essere, oggi, dopo la “crisi della modernità”, il nodo che lega rivolgimenti accorsi a differenti campi del sapere. Ho cercato di approfondire nei miei studi la complessità data da fenomeni come la globalizzazione, il cosmopolitismo, il concetto di frontiera, di identità ibride, i luoghi di passaggio... e molto altro. Una complessità positiva, e che “l’officina geografica” può indagare solo approntando nuovi strumenti. Nel mio caso lo strumento è stato quello artistico narrativo.



Come nasce questo interesse per Vinicio Capossela e la conseguente scoperta dell'adattamento dei suoi testi o delle sue riflessioni con i temi della geografia?

L’incontro è stato casuale, leggevo il primo romanzo di Capossela, Non si muore tutte le mattine, proprio mentre studiavo per un esame di Geografia. Non si può dire che lo conoscessi bene come autore, ma le narrazioni che mi sono trovata davanti erano perfettamente evocative di quel mondo cui oggi stentiamo a dare definizione attraverso gli strumenti tradizionali della geografia. Rendevano “visibile” e vivido un mondo che sulle “carte” non poteva esserlo. Il tema della “crisi della ragione cartografica” è proprio quello che sta alla base del saggio. Capossela si è rivelato un perfetto geografo in questo senso.



Ne è venuto fuori un lavoro interessante che è stato perfino pubblicato. Come è nata la cosa?

Il lavoro in sé ha richiesto molto impegno e tempo. L’idea della pubblicazione è invece stata la fortunata “follia” di un momento. Ho scritto e spedito la sinossi in una sera in cui pensavo di voler dimostrare qualcosa a me stessa. Ho realizzato l’idea della “cosa” solo quando ho avuto la risposta positiva dall’editore. La Mimesis è una delle maggiori case editrici in campo filosofico e umanistico in Italia. All’inizio non mi aspettavo realmente che si interessasse al saggio. A quel punto ne ho parlato al Professore Guarrasi, e col suo sostegno ho iniziato a lavorare alla revisione per la pubblicazione.



Diciamo che la tua riflessione, soprattutto per la parte che riguarda l'analisi dei testi di Capossela può essere rivolta a tutti. Cioè la riflessione che inducono le parole del cantautore è una situazione in cui ci si identifica quotidianamente. Che ne pensi?

I fenomeni geografici di cui parlavamo all’inizio, che portano il discorso geografico a occuparsi di reti, identità ibride, cosmopolitismo, tangenziali e periferie labirintiche... i “nuovi-luoghi” che Augè classificava e liquidava erroneamente come “non-luoghi” e di cui si parla nel saggio, sono topoi della poetica caposseliana e fanno parte, direttamente o meno, del quotidiano di ognuno di noi. Il mondo che abitiamo è sempre più simile a un labirinto e, citando Benjamin, bisogna “imparare a perdersi” se non vogliamo restare immobili e rinunciare a confrontarci con la complessità che ci viene incontro ogni giorno, se non vogliamo rinunciare alle potenzialità dell’”incontro” con il possibile, col mutamento. Credo sia un compito importante per la geografia educare al “ri-conoscimento” del mondo, nonostante oggi questa “materia” venga sempre più marginalizzata anche in ambito istituzionale in un modo, secondo me, che se non fosse colpevole sarebbe comunque miope.



Come è arrivata la proposta del professore di farlo diventare un testo d'esame? È interessante e rivoluzionario in questa epoca di parentopoli sempre più invadente, dove c'è poco spazio per il merito e per i figli di “nessuno”(nel senso senza parenti altolocati o dentro le università o altro), che al tuo testo sia stata data questa opportunità. Sei contenta?

Certamente! Sono molto contenta! È innegabile che nel mondo universitario esista un problema di “parentopolite”. È pur vero che, come per tutte le cose, non bisogna generalizzare. La scelta che ha fatto il Professore Guarrasi ne è una prova. Quando gli ho parlato dell’interesse dell’editore, il professore è stato entusiasta, mi ha dato il suo supporto scrivendo una magnifica prefazione, e mi ha annunciato che avrebbe adottato il testo per il suo corso. Sono una sua allieva, e pensare di poter contribuire a portare avanti quel “discorso” geografico è una grossa soddisfazione.



Quali sono i tuoi progetti, ne vuoi parlare?


Come sai, e come molti fingono di non sapere, la nostra generazione, soprattutto quella degli insegnanti, ha qualche “difficoltà” con termini come “progetti”....“futuro”. Come mi disse una volta qualcuno, “siamo la generazione del boh! Cosa fai domani - “boh”, fra un mese, “boh”, fra un anno BOH..”. Vorrei insegnare ... ma non me la sento di dire che oggi in Italia sia un progetto realizzabile.



Ma Vinicio Capossela lo hai incontrato e cosa ne pensa?

L’ho incontrato a Catania quando il tutto non era ancora che un progetto di tesi. Da allora l’ho tenuto informato nel tempo sui suoi sviluppi. Quando ha letto il lavoro, mi ha detto di essersi ritrovato in quelle parole... di avere rivissuto quei viaggi e quei luoghi... con la sensazione di aver fatto bene a percorrerli... . Sono stata molto contenta, ho ricevuto da lui parole molto belle e toccanti, che mi piace custodire.



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