Login Registrati
Una generazione perduta?

Una generazione perduta?

Udine / Calendidonna - Non più dark lady ma semplicemente disperate. Un Festival mette a nudo riti e nuovi modelli femminili nel Giappone del XXI secolo

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008

Scrivere del Giappone contemporaneo, attraverso lo sguardo delle donne. Un evento per la cultura italiana che ha dato voce a una pattuglia di scrittrici nipponiche, presenti a Udine, a marzo, per la quinta edizione del Festival Calendidonna. E’ il racconto della sessualità femminile, nell’uso e abuso del proprio corpo, attraverso pratiche estreme che sfociano nell’autolesionismo. E’ la ricerca di comunicazione con una generazione di maschi incapaci di esprimere sentimenti, emotivamente autistici. Uomini che non sanno dire ti amo. Pagano scuole per apprendere l’abc delle emozioni e con 6000 yen imparano anche a slacciare una camicetta. Sesso circoscritto ai genitali. Estremo. Chirurgico. Povero. Retaggio di una cultura che affonda le radici nel Confucianesimo sull’esempio di un Imperatore che non può mai esprimere debolezze. “Anima”, come parte femminile del maschio, appare estranea, sconfitta dai lati oscuri e violenti di una generazione in cerca di visibilità. Affamata d’amore e incapace a entrare in relazione affettiva con l’altro sesso. Una società di stampo maschilista che usa il corpo delle donne come merce di scambio, o come oggetto sessuale all’interno della coppia. Sono autrici di best seller da un milione di copie, come Rendy Taguchi, antesignana del web e acclamata pioniera del genere occulto sciamanico: “Nel mio libro ‘Presa Elettrica’ racconto la storia di una ragazza il cui fratello muore di inedia. Un fenomeno che riguarda 2 milioni di persone, per lo più uomini, tra i 40 e50 anni, che si rinchiudono in casa innalzando l’inattività a valore. Si chiama ‘Hikikomori’. Non tutti muoiono. Ma la metafora è quella di un suicidio sociale. Un chiamarsi fuori dalla vita perché non si è all’altezza della competizione. La risposta delle giovani, invece, passa attraverso il corpo. Mostrato. Modificato. Abbellito fino all’inverosimile o al contrario tagliuzzato, lacerato e oggetto di violenza o auto violenza. Ragazze tra i 15 e 30 anni il cui potere e valore, è quello di essere consumiste, di vendersi o sposarsi per comprare vestiti e oggetti firmati. Non sanno come diventare adulte. Restano bambine che vivono di apparenza. Il Giappone sta attraversando una crisi senza precedenti. La generazione che voleva costruire il grande Giappone non esiste più e i giovani vanno alla deriva. Tornare alla dimensione spirituale, occulta, sciamanica, attualizzandola con la modernità e i nuovi strumenti della tecnologia, è una delle possibilità che ho indagato nei miei libri”. Discussi in patria e semi sconosciuti in Europa sono casi editoriali che accendono l’immaginazione. Come “Serpenti e percing”, della ventiduenne Hitomi Kaneara: “Per le giovani giapponesi il corpo è l’unico patrimonio che possiedono. Un veicolo per scaricare lo stress attraverso lo scorrimento del sangue, tagli sulle braccia, bendaggi e altre pratiche autolesioniste. C’è un problema di comunicazione tra i sessi e all’interno del proprio, paradossale, in una società ipertecnologizzata che legge moltissimo, scambia fiumi di parole attraverso le email sui telefonini, usate come i vostri sms, ma che è incapace ad esprimersi. Le parole hanno perso significato e la comunicazione passa attraverso il corpo. Percing e tatuaggi. Anelli che stappano la lingua fino a renderla biforcuta come quella di un serpente. In un sondaggio il 70% delle ragazze ha ammesso in un sondaggio di aver abusato del proprio corpo almeno una volta nella vita. E’ il segnale che il Giappone sta sprofondando in una disperazione assoluta. Difficile prevedere cosa avverrà in futuro”.

Intervista a Antonietta Pastore
Geisha: ieri, oggi e domani
“Geisha, No Geisha”. Il titolo di Calendidonna, edizione 2008, richiama l’amletico dilemma shakespeariano. Summa di una cultura maschilista che affonda le radici nel Confucianesimo. Eco di un passato medievale che innalzando l’uomo al rango di Re, lo avvicina agli dei. Un semidio cui si deve deferenza totale. Anche mentale. Un Principe da adulare e mai contraddire. Ecco la figura della Gheisha, nata con scopo ricreativo per rendere piacevoli gli svaghi dell’uomo- sovrano. Niente a che fare con la prostituzione, semplicemente, adulazione a pagamento. Donne istruite nelle arti, musica, canto e danza. Abilissime nel trucco e nella mistica della vestizione. Indossano kimoni ricchissimi e si adornano come maschere. Tessuti e impalcature come a teatro, per essere il più lontano possibile da come si è. Gioco di seduzione o messa in scena a pagamento. Ne parliamo con Antonietta Pastore, scrittrice e traduttrice. Sedici anni di permanenza in Giappone e autrice del libro, “Nel Giappone delle donne” (Einaudi, 2004). “Più che di seduzione parlerei di adulazione. L’uomo è già sedotto da questo tipo di donna. E la va a cercare nelle case o l’affitta per passare una serata. La Geisha incarna un rapporto che non si riscontra nella realtà, un modello ideale che soddisfa l’uomo narcisista. E’ molto costoso apprendere queste arti. Oggi ce ne saranno al massimo 300, ma nell’inconscio della donna nipponica, questo modello è ancora presente”.
Nel tuo libro analizzi la figura della Geisha e i suoi agganci con le nuove forme di prostituzione
“Sì, sono partita dalla geisha scandagliando tutte le figure che ne derivano. Dalla hostess dei bar che vezzeggiano i clienti, alle entraineuse dei night club di lusso che concedono un po’ di più lasciandosi toccare, alle massaggiatrici che offrono prestazioni più spinte nelle saune, fino alle prostitute vere e proprie. In Giappone la prostituzione è vietata. Si tollera e avviene sempre al chiuso in locali etichettati in vari modi e con nomi ambigui”.
Un fenomeno che riguarda anche le giovanissime…
“La novità sono le ragazzine che si prostituiscono in forme soft. Come per esempio vendere le proprie mutandine, oppure semplicemente farsi guardare nude nella casa di un uomo, come un quadro, senza farsi toccare, o camminare mano nella mano con un uomo più anziano e tenergli compagnia a pagamento. Sono liceali che cercano di guadagnare soldi per comprare abiti. E’ la deriva di una società in crisi, che fonda sé stessa sul consumismo e sulla svalutazione del corpo delle donne”. (E. I.)

“Udine Porta a Oriente”
Il pubblico sciama tra libreria e work shop, wine bar e cinema, in proiezione una delle pellicole più discusse della rassegna: Concent, tratto dal libro di Randy Taguki ‘Presa Elettrica’. Atmosfere pulp e linguaggio decadente. Siamo al “Visionario”, centro culturale della città, luci basse e soffitto blu. L’atmosfera è un melting pot di esperienze, culture, età, caratteri, odori. Una chiacchiera tira l’altra. Tra donne. Giornaliste e uffici stampa, insegnanti e rappresentanti delle istituzioni. Sono le combattenti dell’assessorato alla cultura, emblema di questa terra di confine, oltreché di vini, di caratteri granitici. “Porta a Oriente”, come in un gioco di significati, nella doppia accezione di un Festival aperto alle culture orientali e di una città di confine, propaggine italiana verso est. Una esperienza che si ripete da cinque anni. Grazie a un assessorato illuminato che ha scommesso sulle donne dando visibilità al sapere femminile. “Prima di iniziare questa avventura facevo l’architetto. La mia vita era scandita dagli orari. Avevo tempo per leggere un libro o uscire con le amiche. Con la politica è cambiato tutto. Il tempo si è dilatato e la mia giornata da assessora mi impegna per 14-15 ore al giorno. Ma sono felice perché è quello che volevo fare”. Gianna Molisani ha l’aspetto della sciatrice, viso abbronzato e capelli corti aperti sulla fronte. La conoscono tutti a Udine per le battaglie intraprese e per il coraggio con cui difende le sue idee. Un gruppo compatto. Insieme a lei le amiche. Rosanna Borato, Sandra Bianchi, Daniela Rutter e tante altre. Insegnanti e imprenditrici. Intellettuali, come Maria Pia Tamburlini, anni di esperienza in Perù e promotrice culturale dello staff. “Come donne siamo nate ieri. Questa è la prima generazione che ha imparato a collaborare e a fare rete. La competizione nasce per assicurarsi un “protettore” al di fuori del padre. Il maschio come assicurazione per la vecchiaia, datore di lavoro, marito. Oggi finalmente riusciamo a fondare nuovi modelli femminili ritrovando le “madri simboliche” senza le quali si diventa uomini”. Impegnata sul territorio e sensibile alle politiche femminili da quando è diventata Assessora, Gianna Molisani, ha inventato Calendidonna. Una vetrina, dove possono entrare studi, iniziative, riflessioni e progetti promossi dalle donne. Per festeggiare un 8 marzo lungo 30 giorni. Valorizzando l’incontro con culture lontane. Cina, India, Nord Africa e quest’anno Giappone. Ha le idee chiare Gianna Molisani e le energie per realizzarle: “Ho sempre pensato che la vita pubblica, per le donne, inizi a 50 anni. Dopo i tempi per la cura della famiglia, della carriera. Per me lavorare in politica, dedicarmi alla comunità, sviluppare le ricchezze del territorio, è come occuparmi di una famiglia”. (E. I.)


(31 marzo 2008)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®