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Una firma contro gli stereotipi

Una firma contro gli stereotipi

Aziende firmano campagna contro lo sfruttamento dell'immagine femminile nella pubblicità

Lunedi, 21/03/2011 - Siamo a quota 20. Tante sono le aziende, e fra queste grandi multinazionali come Microsoft e Vodafone, che hanno aderito al manifesto per l'utilizzo responsabile della figura femminile in pubblicità, lanciato al Senato lo scorso 19 gennaio dall'Associazione Pari o Dispare di cui Emma Bonino è presidente onorario. Cristina Molinari, presidente dell'associazione spiega che “la continua rappresentazione delle donne nella pubblicità come cretine o come animali da zoo finisce per sembrarci normale”, e per questo è necessaria la campagna portata avanti da Pari o Dispare che vincola le aziende a “non associare il proprio marchio a messaggi discriminatori o degradanti all'interno delle proprie campagne pubblicitarie, escludendo stereotipi di genere in favore di una più originale e creativa rappresentazione delle donne”. L'associazione ha presentato a Milano il Manifesto per l'utilizzo responsabile dell'immagine femminile, il cui obiettivo è creare un cambiamento culturale positivo e innovativo per superare gli stereotipi di genere. Le aziende che hanno aderito all'iniziativa hanno spiegato le motivazioni della loro scelta e hanno illustrato il proprio orientamento nella pubblicità. Il primo elenco di firmatari comprende aziende molto diverse fra loro: da marchi legati alla moda come Missoni e L'Oreal a banche come Intesa-SanPaolo e Unicredit, passando per Accenture, Enel ed Eni fino appunto a grandi multinazionali come Microsoft e Vodafone. L’interesse crescente per un cambiamento culturale ha generato questo incontro e dibattito per dare voce alle aziende che, sottoscrivendo il Manifesto, si impegnano a non associare il proprio marchio a messaggi discriminatori o degradanti all’interno delle proprie campagne pubblicitarie, escludendo stereotipi di genere in favore di una più originale e creativa rappresentazione delle donne, che già in passato ha dato vita a spot che sono anche oggi parte dell’immaginario comune. “Ci sono molte aziende - aggiunge Cristina Molinari - che non vogliono associare il loro marchio a immagini irrispettose della donna e c'è un mercato pubblicitario che non si accontenta di campagne banali. Vogliamo - conclude Molinari - che non si abusi più del corpo della donna e che non si propongano in modo ossessivo stereotipi estetici che spingono le adolescenti all'anoressia o sul lettino del chirurgo”.

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