Note ai margini - A proposito del grande scontro tra Berlusconi e Fini all’Auditorium della Conciliazione
Castelli Alida Venerdi, 28/05/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2010
Del giorno del grande scontro tra Berlusconi e Fini all’Auditorium della Conciliazione (nome che non è stato molto propizio) a Roma si è detto molto, tutto e il contrario di tutto.
Lo spettacolo - perché più che una riunione politica tale è sembrato - è stato proposto e riproposto anche nei molti giorni seguenti in tutti i canali televisivi. Ed il cuore dello spettacolo sono stati i 45 minuti in cui Fini ha parlato e la immediata replica di Berlusconi.
Non voglio parlare dei contenuti, ne sono pieni i giornali e i blog, in internet si possono vedere filmati e commenti, mi è invece venuto in mente cosa sarebbe successo se i due contendenti fossero state due donne. (Eventualità remota, almeno nel nostro Paese visto il numero ed il ruolo giocato dalle donne in politica).
L’intervento di Fini, misurato nei toni, era durissimo nei contenuti ma anche nella forma, chiamando il Presidente del Consiglio per cognome e non per nome. Berlusconi, sempre più livido man mano che il discorso procedeva, al di fuori di ogni ritualità è immediatamente balzato alla tribuna per replicare non avendo risparmiato commenti ad alta voce in non pochi passaggi.
Insomma invece che un dibattito politico, sembrava di assistere ad una delle tante liti tra coniugi nei periodi precedenti una separazione: ci si rinfaccia antichi rancori, ci si sente offesi per non essere stati capiti (Berlusconi) di essere stati traditi (Fini) in un crescendo sempre più forte di emozioni ed emotività.
Certo, se fossero state due donne, sono convinta che non poca stampa avrebbe sottolineato il carattere non rituale dello scontro, i toni sopra le righe, le interruzioni durante l’intervento e la replica. E ciò perché la competizione femminile socialmente ancora accettata è soprattutto nascosta, ed ogni volta che emerge, come è successo in qualche talk show, si sono sprecati gli aggettivi negativi, di cui il migliore è quello di “pescivendole”. I nostri due invece, hanno dimostrato “forza”, sicurezza”, “coraggio”, al massimo “coinvolgimento”.
Forse dovremo imparare a far emergere con più chiarezza la competitività, non per omologarci ai ruoli maschili, ma per far valere anche noi in modo chiaro le nostre capacità, e rifiutare quel modello sociale che ci “accetta” solo se siamo gentili, educate, e che molte volte vuol dire, nei posti di lavoro e nella politica, che accettiamo di buon grado (o al massimo borbottando) di non essere competitive, ambiziose, assertive. Ed in ultima analisi vuol dire che lasciamo i posti di potere, grandi o piccoli che siano agli uomini, i quali con una “fiera competizione maschile” puntano i piedi, strepitano e se li prendono.
Ed in ultimo, anche per questo, ci possono salvare solo le quote di genere.
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