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Una femmina, il film di Francesco Costabile

Una femmina, il film di Francesco Costabile

Ispirato al libro di Lirio Abbate “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il Paese dall’ndrangheta", la storia di Rosa che incarna la ribellione

Sabato, 19/02/2022 - Al cinema Adriano a Roma ho avuta la fortuna di assistere alla prima di “Una femmina” del regista Francesco Costabile, film tratto e strettamente collegato al libro di Lirio Abbate “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il Paese dalla ’ndrangheta".
Alla presentazione romana del 16 febbraio era presente, tra gli altri, il regista: un calabrese impegnato a voler dare una restituzione e un contributo alla sua terra. Oltre ad un rappresentante di Medusa film, che lo ha prodotto, era presente anche Lirio Abbate, che con il suo testo ha rappresentato l’ispirazione principe della pellicola, cui ha anche collaborato.
Tra gli attori, tutti bravissimi, una menzione speciale la facciamo alla protagonista, Lina Siciliano, che ha interpretato in modo eccezionale  Rosa, la giovane intorno alla quale si snodano le vicende rappresentate.
Il film affronta coraggiosamente, in modo realistico e coinvolgente, il tema difficile, spinoso e drammatico: la presenza della 'ndrangheta nella meravigliosa terra di Calabria ed il “posto” delle donne in tutto questo, partendo da quelle che si ribellano e sfidano un destino pietrificato, deciso per loro da sempre.
All'atmosfera particolarmente coinvolgente ha contribuito anche la presenza in sala del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a sottoscrivere e dare significato ad un evento importante, e non usuale, di un film che è stato anche presentato al festival di Berlino.
E’ un film di valore, forte e magnificamente recitato. Un film potente che entra in un mondo terribile, la cui rappresentazione chiama il bisogno di discuterne, di capire quanto si è visto e “imparato”. Un film da vedere, insomma, anzi da non perdere.
“Una femmina” è la storia di Rosa, una giovane che incarna tante storie sorelle, come appunto racconta il libro cui si ispira, di donne che si ribellano alla violenza, alla mancanza di libertà, di autonomia, di autodeterminazione a cui come schiave di un mondo rurale, arcaico e violento sono condannate.
Rosa decide di opporsi, di ribellarsi silenziosamente, quando comprende quale sofferenza e quale prezzo quel mondo e quella famiglia le abbia fatto pagare e cosa le abbia tolto.
Il progetto della fuga da quel mondo passa attraverso le stesse modalità con cui è cresciuta e ha convissuto: mentire, fingere, ingannare, far male per vincere, per farcela. Sono queste le armi per combattere pur mescolate a sogni, i suoi, che s’intrecciano tra il desiderio e i progetti di vendetta per raggiungere la propria libertà. Una storia dolorosa e terribile dove il riscatto costa prezzi altissimi e nessuna certezza di riuscire ad arrivare al traguardo desiderato.
Non a caso molte sono le donne che, ribellatesi alle cosche famigliari, sono poi state uccise.
La storia di Rosa -  da scoprire solo vedendo il film - propone un altro tema forte e impegnativo: il confronto-conflitto tra le donne protagoniste delle drammatiche vicende. Una tragedia greca dove Rosa rompe con il mondo arcaico di cui è figlia aprendo il conflitto con sua nonna, che quel mondo rappresenta, testimonia e condivide senza cedimenti ma anzi con orgoglio, nonostante l’orrore di cui è lei stessa orribile fattrice. Un terremoto che scuote vite di donne, nello scenario di una natura sovrana e inamovibile, che racchiude un paese in disfacimento e fa da forziere ad una cultura violenta, senza freni nella sua ansia di dominio e di espansione criminale.
Donne come Rosa, che nella rottura dell’omertà e nel rifiuto della sudditanza rappresentano voci che raccontano, denunciano e svelano collaborando con la giustizia minano, scardinano sempre e comunque la solidità di un progetto criminale, indipendetemente dal successo personale della loro ribellione. E Rosa le incarna e le onora portando la forza della loro testimonia nel film.
Un film che è stato vietato ai minori di 14 e che, invece, andrebbe fatto vedere e spiegato, accompagnandone la visione, anche nelle scuole. Vietarlo rischia di apparire come una rimozione piuttosto che la difesa di un'età a cui nella quotidianità nessuna visione, immagine, contaminazione e conoscenza di violenza viene risparmiata dall’informazione che fotografa la realtà.

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