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Una di noi. Il suo racconto - di Lia Cosi

Una di noi. Il suo racconto - di Lia Cosi

La lettera di una nostra lettrice, la storia di una di noi...

Lunedi, 21/09/2009 - Care Ragazze,



buona giornata. Vi spero bene, insieme alla grande famiglia di “Noi Donne” che conosco da quando frequentavo il liceo: era un bel settimanale che si comprava in edicola. Prima di me, lo comprava mia mamma in officina. Sono stata un'abbonata e una lettrice fedele, felice ora di ritrovarvi . Roberta Tatafiore ed Elena Bellotti forse mi ricordano. Così, vedendo quanto spazio date alle testimonianze, ho deciso di raccontarVi la mia storia, o almeno parte di tale percorso: un cammino in salita che dura da mezzo secolo. Racconto come viene, poi fatene liberamente l’uso che vorrete e crederete giusto. Non mi ritengo un caso unico: ma mi sembra, testimoniando quanto mi è accaduto, di dare voce a milioni di donne che non hanno potuto oppure non hanno osato esprimersi come volevano. Darò voce a una sofferenza che non è soltanto mia.

Sono una madre che ha combattuto per la custodia di suo figlio. Una figlia unica che ha lottato contro la malasanità ladrona e violenta che incombeva sui propri genitori. Una condomina alle prese con un amministratore rapace. Un’impiegata colpita da mobbing e…. potrei continuare. Una cittadina assediata dalla burocrazia, ecc. Battaglie spesso perse, ma mai inutili. Senza dubbio, ho un carattere scomodo: Vi confesso che non ne posso più, dopo cinquant’anni di scontri, di coloro che picchiano bambini e animali (per strada, ai giardini, in condominio); dei buonisti, delle capo sale (maschi e femmine), degli amministratori, degli ipocriti, di quelli che miagolano l’obsoleto: “Tutto benee ?” in qualsiasi circostanza, ai matrimoni come ai funerali, ecc. Ci saranno senza dubbio persone magnifiche ovunque, ma può rivelarsi difficile snidarle.

Carissime, avevo 18 anni quando sono diventata la segretaria assistente di studio del Dott. A. Era il 1977. Il mio lavoro mi è sempre piaciuto, le signore che frequentavano lo studio ostetrico ginecologico mi volevano bene; inoltre pensavo che quel lavoro pomeridiano (1420) sarebbe stato perfettamente compatibile con una futura vita familiare, che desideravo sinceramente. Mi sposai infatti nel 1980 e il mio unico figlio nacque nel 1981. L’unione naufragò burrascosamente nel 1983. Un altro uomo, infinitamente migliore, gentile e generoso, entrò nella mia vita e rimase al mio fianco (anche se non vivevamo insieme) fino al 1993, anno della sua tragica, prematura fine.

Mentre passavo da un problema all’altro, il Dott. A procedeva imperterrito bruciando le tappe di una brillante carriera: gentleman seducente, medico illustre, marito notoriamente infedele, professionista affermato, evasore fiscale vincente, era ricco, invidiato, spiritoso.

Quando il mio compagno morì, la sua proposta fu chiara quanto inattesa: se non fossi diventata la sua amante, potevo andarmene….Ma dove ? Ero giovane, ma non giovanissima, con un figlio che frequentava le medie inferiori, e nessun’altra esperienza di lavoro. La crisi occupazionale tra queste montagne si faceva già sentire. Ero sola e lui non era fisicamente né moralmente peggiore di tanti altri; da tempo il suo matrimonio di facciata si basava inossidabile sulla reciproca, sotterranea infedeltà e sul cospicuo reddito di entrambi i coniugi.

Accettai il ricatto dopo aver consultato un congruo numero di associazioni e dintorni: nessuno, pur con le migliori intenzioni, ha saputo cosa dirmi. Prove per denunciarlo non ne esistevano: lì lavoravo solo io. Altri lavori all’orizzonte, conciliabili con un ragazzino, non ne conoscevano. Di fare la badante, per cambiare tipo di sfruttamento, non avevo nessuna voglia: allora come adesso.

Avrei potuto amarlo se fosse stato meno avaro a livello emotivo e pratico. In tanti anni, mai una rosa, un viaggio, un regalo. Il mio stipendio minimo sindacale cesellato da un consulente delle paghe suo amico, stipendio minimo nudo e crudo, nessun cenno d’affetto, neppure una telefonata, ha mai valicato attraverso i decenni la porta dello studio professionale.

E nell’autunno 2008, quando mi mancavano pochi anni per maturare i requisiti pensionistici, un licenziamento senza preavviso. Perché le donne giovani, assunte senza contributi, costano ancora meno ! Di crisi non ne aveva, anzi è tuttora un evasore fiscale con i fiocchi.

Ho impugnato il licenziamento tramite un’avvocata splendida specializzata contro il mobbing e mi auguro che giustizia sia fatta, meglio prima che poi. In quanto a problemi "sindacali" il nostro è recidivo. Alla fine anni '70 o giù di lì, una causa sindacale lo oppose alla Sig.ra L : adolescente, era stata assunta da A e signora come domestica senza contributi. Restava giorno e notte in casa loro. Vinse. A L subentrò D: vedova, con due figli, di cui uno afflitto da sofferenze psicologiche invalidanti. Si divideva tra la casa di A e quella di sua mamma, restando in pratica tutto il giorno a disposizione di due nuclei familiari. In quel tempo, i piccoli A la adoravano e veniva definita ufficialmente, amorevolmente "la nostra D". Quando andavano in vacanza, era D a tenere in custodia il loro adorato bassotto. Per recuperare in parte il magro salario in nero che le veniva conferito le affittarono in nero uno dei loro appartamenti "per agevolarla", così era più vicina al lavoro considerando che non guidava. Gli anni passarono: "la nostra D" diventò semplicemente, sbrigativamente "D". I ragazzi crebbero, il bassotto si trasferì in un Mondo migliore e la signora divenne sbrigativamente "la vecchia D!". In un triste giorno, venne sfrattata dall'alloggetto e insieme al figlio ammalato, dopo oltre trent'anni di lavoro nero a tempo pieno, fu costretta a trasferirsi in un paese isolato.

Non aveva il denaro necessario per intentare causa.

Idem per J, che per 15 anni ha effettuato in nero le pulizie dello studio . Siccome il boss non le timbrava la richiesta di abbonamento per il pullman, J veniva a piedi : circa un'ora di marcia con borse, detersivi, ecc. Aveva fatto pulizie in nero tutta la vita e portava persino fiori e verdure alla premiata ditta. Quando un tumore al colon l'ha colpita, l'hanno subito scaricata: la signora A si è precipitata dal marito per farsi ridare le chiavi dell'ufficio e gli ha chiesto pure l'insalata fresca. Non un centesimo di buona uscita. J è ancora vissuta circa cinque anni, prima che la chemioterapia favorisse l'infarto che l'ha stroncata ha lavorato sempre in nero presso altre famiglie vip.

Ultima colf dello studio, E, dirimpettaia. Scacciata quando sono stata scacciata io.

Nel 1982, il Dott è stato imputato per omicidio colposo in seguito alla morte di M e della sua bambina, avvenuta in seguito a taglio cesareo dovuto a gestosi. Era una mia compagna di scuola: entrò in coma a Pasquetta. Lo chiamarono nella notte, prima che le condizioni della puerpera precipitassero, ma lui non andò in reparto: era reperibile. E' stato condannato anche in Cassazione e ha perso parte della condizionale. Fu "Noi Donne" a schierarsi con la famiglia permettendo che venisse difesa dall'avv. Magnani Noia. In seguito, Dott ha riportato condanne minori sempre legate a fatti ospedalieri. Ma ciò non ha scalfito la sua fama in un contesto che attribuisce spesso, con fatalismo pecorile, gli errori medici a un destino fatale.

Che dire ?? Si blatera di tutela dell'altra metà del cielo, ma confesso che nei miei cinquant'anni di percorso mi sono sentita tutelata soltanto quando mi sono rivolta a uno studio legale che potevo pagare di tasca mia. Centinaia di donne hanno sperimentato la stessa angoscia. Potrei dilungarmi: quando c'è stata la separazione legale da mio marito (1983) è sorta la questione degli alimenti per nostro figlio e per me. Ho bussato a molte porte (associazioni, servizi sociali, mass media, ecc): con mia grande sorpresa le assistenti sociali che non troppi anni prima vestivano....alla montanara, marciando con me dietro agli stendardi fiammeggianti durante le manifestazioni studentesche, mi hanno risposto: "Come mai vorresti dei soldi per occuparti di tuo figlio ?". In fondo, secondo loro, potevano semplicemente allevarlo i nonni. Manca tuttora, a mio avviso, una cultura precisa, una consapevolezza dei diritti e dei doveri: abbiamo giustamente voluto legalizzare il divorzio, ma troppi dimenticano di garantire alle divorziate tutela accessibile, appoggi economici eo lavoro serio, affinché non passino da un'infelicità all'altra. Più avanti, sono stata una condomina alle prese con un amministratore discutibile, rapace e disonesto, che come secondo lavoro fa i "finanziamenti" (usura ??). La risposta dei servizi sociali e di svariate associazioni è stata quasi la medesima: "Perché non cambia casa ?". Nessuno ha chiesto a lui perché si comportava in modo dubbio, e nessuno ha riflettuto sul fatto che vendendo i 72 mq trentennali ereditati da mio padre NON ricaverei di che acquistare un'altra abitazione. I servizi sociali e le associazioni che dovrebbero tutelare le donne tendono ben sovente a scaricare i casi scomodi in qualsiasi modo: rispondendo maleducatamente per stancarti, negandosi, glissando. Per parlare con un'assistente sociale QUI occorre un appuntamento che viene fissato dopo 15 giorni: chiunque ha tempo a morire nel frattempo.

Adesso che la Regione mette a disposizione fondi per chi aiuta un esponente della terza-quarta età a rimanere presso il proprio domicilio, so già quale risposta otterrà la pratica per mia mamma:"In fondo...Perché la mamma non vive con lei ??". Oppure: "Perché non assumete una badante ?". Nessuno suppone che stiamo bene ciascuna a casa propria e abbiamo diritto a starci perché pur essendoci grande affetto esistono ritmi ed esigenze diversi. E nessuno indovina che la badante costerebbe il doppio della pensione di mia mamma, vedova ex artigiana ? E che non sapremmo come alloggiarla, sfamarla, tutelarla ? La cultura del diritto, ripeto, manca. Fare la badante o assumere una badante, con tutto il rispetto dovuto, non può diventare una panacea universale, una imposizione a seconda delle circostanze e della comodità di chi vuole scaricare un problema.Non molto tempo fa una di queste "illuminate" mi ha spiegato che mia mamma, di anni 77, può benissimo arrangiarsi. Negli anni '80 altre illuminate mi consigliavano di lasciare mio figlio, bambino, con la chiave di casa legata al collo perché potesse rientrare dall'asilo senza la baby sitter. Tutto, tranne che pungolare suo padre perché adempisse ai propri doveri economici. La cronaca nera ci spiega le conseguenze di questi "arrangiamenti" (pedofilia, ecc).

Eppure chi gestisce i servizi sociali in un piccolo centro esercita un potere quasi feudale. Nessuno li contrasta o li controlla: Regione e Provincia erogano fondi che spesso vengono distribuiti rigorosamente soltanto agli amici degli amici.

Carissime, termino qui questa lunga chiacchierata che userete (ripeto) se, come e dove vorrete: in rete, sul cartaceo (dove lo trovo ?). In caso di pubblicazione, sarà sufficiente sostituire il mio nome con uno pseudonimo di vostra scelta. E dirmi dove posso acquistare la rivista. Grazie, a presto



Edi Morini

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