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Una Commissione unica nel suo “genere”

Una Commissione unica nel suo “genere”

Emilia Romagna - L’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna ha recentemente istituito con legge la Commissione “per la promozione di condizioni di parità tra donne e uomini”.

Marco Monari Lunedi, 26/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011

L’INTERVENTO di Marco Monari

Presidente Gruppo PD Regione Emilia-Romagna



L’istituzione della Commissione Pari Opportunità avvenuta in Assemblea legislativa prima della pausa estiva rappresenta uno dei momenti più alti dell’attività di questa legislatura in Regione Emilia-Romagna.

Basta volgere lo sguardo attorno a noi, dentro e fuori le sedi istituzionali, per verificare che, nei luoghi di lavoro, in famiglia, nelle piazze, nei partiti politici, il protagonismo delle donne reclama condizioni di vera uguaglianza e modelli culturali diversi da quelli – spesso deleteri - che sono stati adottati negli ultimi anni. Le manifestazioni intitolate “Se non ora quando” oltre che partecipatissime sono state istruttive: una scossa salutare a una democrazia, la nostra, che su questo punto ha fatto troppi, colpevoli passi indietro.

Voglio ringraziare la relatrice Roberta Mori, tutte le colleghe Consigliere del Gruppo PD e degli altri Gruppi politici che siedono in Assemblea legislativa della Regione per il grande lavoro svolto; per l’intelligenza, la competenza, la passione con la quale hanno operato in questo passaggio. Astensione della Lega nord a parte, che giudico un errore molto grave, si è riusciti a fare un’ottima sintesi delle proposte che via via istituzioni, associazioni femminili, mondo del lavoro e partiti ci consegnavano, arrivando ad istituire un organo che lavorerà proseguendo nell’opera, peraltro già intrapresa, per rafforzare gli strumenti contro la discriminazione e per la parità di genere. Averlo fatto andando al di là delle divisioni maggioranza-opposizione che normalmente contraddistinguono la dialettica dell’Aula significa davvero, su questo punto, essere riusciti a mettere da parte prese di posizione strumentali e intollerabili atteggiamenti pilateschi.

La Regione Emilia-Romagna si conferma così all’avanguardia nella battaglia per l’uguaglianza e, ne sono certo, il dialogo che seguirà questo passaggio – con tutti i soggetti interessati a dare un contributo positivo sul tema – arricchirà l’attività di questo ente di proposte, idee e spunti che verranno guardati con interesse anche dal resto d’Italia.



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STESSI POTERI, PARITA’ PIU’ VICINA

di Roberta Mori

Consigliera regionale PD



L’attualità ci rimanda dal 13 febbraio in poi la presenza diffusa di una nuova consapevolezza femminile, che in modo coeso vuole contribuire a restituire forza e protagonismo all’Italia. Diventa allora ulteriore motivo di orgoglio l’aver contribuito ad uno strumento istituzionale che potenzierà in modo significativo l’attenzione e l’investimento della Regione Emilia-Romagna sulle politiche di genere ed antidiscriminatorie, dando così una prima risposta concreta a questi bisogni. La nuova commissione ha infatti il compito di valutare l’effettiva attuazione dei principi antidiscriminatori, di uguaglianza e pari opportunità nell’ambito di tutti i provvedimenti della Regione. Con l’ambizione - e il potere - di avvicinare sempre più le condizioni materiali di vita delle donne dell’Emilia-Romagna a standard di comunità avanzata e progredita e - perché no - di essere un esempio trainante per altre esperienze, dal momento che l’impianto e le sue caratteristiche si profilano come un unicum nel panorama delle Regioni italiane. Il perché è presto detto, a partire dalle finalità. L’obiettivo costitutivo della commissione, legittimamente ispirato dall’Unione Europea, dalla Carta Costituzionale e dallo Statuto regionale, è “la promozione di piena parità tra donne e uomini”. Ciò nella consapevolezza che la vera sfida sarà quella di fare di questa finalità un cuneo, una testa di ponte per “la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, come da dettato della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” (Nizza, 7 dicembre 2000). E l’impegno esplicito che abbiamo assunto è proprio quello di allargare il divieto di discriminazione oltre i motivi classici (sesso, razza, religione, etnia), comprendendo appieno le convinzioni personali, handicap, età, tendenze sessuali. In una parola, tutti i moderni diritti di cittadinanza.

Caratteristica non meno importante, “la commissione si compone ed opera con le stesse modalità, procedure, durata e criteri di rappresentanza previsti dallo Statuto e dal regolamento per le commissioni permanenti”. Significa che la questione della parità non è una mera questione di genere delegata alle donne, bensì una tematica strategica pienamente assunta da tutti i consiglieri regionali, che la declineranno in modo trasversale con i temi del lavoro e dell’economia, della democrazia paritaria e della rappresentanza, della cultura e dell’informazione, del welfare e della sanità.

Infine, nello stesso iter di approvazione della legge istitutiva abbiamo voluto coinvolgere tutti i soggetti potenzialmente interessati, istituzioni e forme associative, rappresentanze del mondo del lavoro e della cultura, che dovranno a maggior ragione avere voce nei lavori della commissione. Attraverso stabili forme di coordinamento e partecipazione – tra cui forum annuali, audizioni tematiche, consulta regionale delle elette - potremo catalizzare stimoli, valorizzare esperienze locali e i tanti talenti delle donne, promuovere su tutto il territorio iniziative di contrasto alle disparità, alle violenze, alle emarginazioni.



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QUEL CAMBIAMENTO CULTURALE CHE SERVE ALLA SOCIETA’

di Anna Pariani

Vice presidente Gruppo PD



Partiamo da un paio di dati: nella nostra Assemblea regionale la percentuale di consigliere è del 18% rispetto al 72% dei colleghi uomini (9 su 50). Il Consiglio regionale della Lombardia rappresenta ancor meglio l’attuale peso delle donne nei luoghi decisionali della politica italiana: 7 donne su 80! Sulle classifiche nazionali non mi dilungo, è abbastanza nota la drammatica situazione che vede l’Italia al 74mo posto del Gender Gap Report 2010, dopo la Repubblica Dominicana e prima del Gambia.

La democrazia paritaria è insomma un obiettivo ancora lontano, su cui va fatto uno sforzo congiunto delle istituzioni a tutti i livelli. Se il Parlamento latita sulle questioni che più incidono sull’equilibrio della rappresentanza e il Governo calpesta ad ogni manovra i diritti sostanziali delle donne, è indispensabile che le istituzioni Regionali e locali colmino dal basso questo insopportabile differenziale di cittadinanza. Che, ricordiamolo, va a discapito della crescita economica e sociale di cui il Paese ha assoluta necessità. I processi di sviluppo non sono fenomeni neutri ed esistono prove teoriche ed empiriche di un forte collegamento tra sviluppo locale e pari opportunità di genere. Basti pensare alle inefficienze presenti in contesti caratterizzati da discriminazione ed emarginazione delle competenze femminili, che impediscono un miglior utilizzo di risorse per rilanciare la competitività; o al fatto che tutti i Paesi con i tassi di crescita più elevati ed i maggiori livelli del reddito pro-capite sono anche quelli che presentano i maggiori livelli di servizi all’infanzia e partecipazione femminile.

Ecco perché la nascita – a costo zero - di un organo istituzionale uguale agli altri, che si occuperà di realizzare pari opportunità e pari diritti in ogni settore, rappresenta un salto culturale importante. Con questa commissione l’Emilia-Romagna si pone alla testa del cambiamento che la maggioranza delle italiane (e io credo anche degli italiani) chiedono alla politica: far uscire le questioni di genere dalla nicchia femminile in cui erano relegate, porre in capo a tutte le forze politiche l’obiettivo di superare disuguaglianze e discriminazioni nella nostra società e rilanciare le energie del Paese.







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