Proposte - La Francia l'ha introdotta con l'istituzione della Label Egalité e in Italia si pensa ad un software
Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2006
Dopo una quindicina di anni dall'applicazione della legge 125/91 sulle pari opportunità e le azioni positive il Gruppo di lavoro della Rete Nazionale delle Consigliere di parità ha promosso la realizzazione di un software per gestire l’obbligo previsto dalla norma all’art.9 . Tale articolo richiede alle aziende pubbliche e private con oltre 100 dipendenti di redigere ogni due anni un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni e in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di carriera o di qualifica, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. E’ un articolo che si muove nell’ottica di effettuare rilevazioni avendo ben presente che la differenza di genere è il livello minimo per avere a disposizione dati utili e capaci di rappresentare la realtà (osservazione banale si potrebbe dire, se non fosse che troppi dati ancora diventano di difficile utilizzo perché non prevedono sempre la differenza di genere come standard minimo).
Al momento del varo della legge fu ferocissima la discussione con il mondo delle imprese su questo punto della legge, le imprese lo rifiutarono (ci fu anche un ricorso al Tar del Lazio) ed ancora oggi non siamo in grado, per molte Regioni, di stabilire se le imprese tenute a farlo rispondono all’obbligo di legge. Va inoltre sottolineato come l’aver scelto di monitorare solo le imprese con più di 100 dipendenti fu una mediazione che si dovette accettare in sede di approvazione della legge e che purtroppo esclude dall’osservazione una gran parte delle piccole e medie imprese e tutte quelle realtà - alcune cooperative ad esempio - dove le donne sono inquadrate come socie-lavoratrici.
Un buon lavoro è stato fatto in questi anni dalle Consigliere di Parità regionali, soprattutto dopo la modifica del ruolo delle Consigliere introdotto dal dgl 196 del 2000. La realizzazione di un software per la raccolta dei dati e per la loro elaborazione è un ottimo contributo quindi per applicare meglio la legge. Forse sarebbe arrivato anche il momento, avendo snellito le procedure, di pensare ad estendere tale rilevazione anche alle imprese con meno di 100 dipendenti ed allargare per tutti la rilevazione delle lavoraci anche part time, atipiche e così via. A fronte di tale impegno appaiono quindi interessanti le proposte che si cominciano ad avanzare anche in Italia per una premialità verso le imprese che dimostrino di aver operato al meglio per la realizzazione delle pari opportunità.
La creazione di una sorta di marchio di genere per le pari opportunità, così come si sta sperimentando in varie parti d'Italia e come ha realizzato la Francia con l’introduzione della Label Egalité. Una certificazione di qualità per le imprese secondo un ottica di genere potrebbe essere una buona proposta.
(1 maggio 2006)
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