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Una Campagna di successo: Immagini amiche

Una Campagna di successo: Immagini amiche

Udi nazionale - Immagini amiche si chiude oltre il termine

Lisi Claudia Lunedi, 28/03/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2011

La Campagna Immagini amiche si chiude oltre il termine: era stato fissato in un primo momento per il 25 novembre 2010, giornata mondiale contro la violenza alle donne, ma poi quante stavano lavorando per la Campagna hanno protestato… “non ce la facciamo a finire tutto per novembre!”

A cosa corrisponde questa mole di lavoro? L’Udi ha cercato innanzitutto di coinvolgere gli Enti Locali, proponendo loro di assumere la Risoluzione del Parlamento Europeo del 3 settembre 2008 in materia di “Impatto di pubblicità e marketing sulla parità tra uomini e donne” con apposita delibera. Ad oggi hanno deliberato oltre 70 comuni che si impegnano anche a vigilare perché la parola non resti solo sulla carta. E siccome una delibera di questo tipo è necessaria ma non sufficiente, l’Udi ha chiamato in causa direttamente le donne, sollecitandole a segnalare sul proprio sito immagini, video, spot lesivi e ad avviare azioni concrete di contrasto.

Immagini amiche ha avuto come slogan “Se mi offendi non vale” e due immagini: un cactus spinoso e una foglia gentile. Il primo indica che le immagini nella nostra cultura sono un problema spinoso per chi le produce e per i soggetti ai quali sono rivolte.

La foglia rosa è presa a simbolo di quello che potrà fiorire perché uno scopo della campagna è stato dimostrare che è possibile, oltreché indispensabile/più redditizia, una comunicazione per immagini che non offenda le donne, lontana da stereotipi e discriminazioni sessuali. L’Udi ha chiesto alle donne di segnalare Immagini amiche, sapendo che sarebbe stato più difficile rispetto al proliferare di pubblicità violenta e oscena, ma pure buoni esempi non mancano (vedi l’apposita galleria sempre sul sito dell’Udi). E per promuovere una creatività rispettosa dei due generi, ha indetto il Premio Immagini Amiche rivolto direttamente a chi opera nel settore.

Questo non ha impedito alle donne di organizzare forme di protesta verso le immagini nemiche, la più comune ed efficace delle quali si è rivelata la mail bombing: centinaia e centinaia di email inviate alla committenza delle pubblicità offensive, mail in cui le donne come cittadine e consumatrici hanno espresso tutta la loro indignazione per l’uso strumentale e lesivo di immagini del corpo femminile.

Utilissima si è rivelata la denuncia allo IAP (Istituto di Autoregolamentazione della Pubblicità).

“All’inizio - dice Pina Nuzzo sorridendo - qualcuna scriveva senza contarci troppo, sembrava un gesto senza speranza, abbiamo invece scoperto che qualcosa in questo paese funziona. Molte pubblicità sono state ritirate. L’ultima in ordine di tempo è quella diffusa con un calendario artistico realizzato da Oliviero Toscani. In esso l’uso sapiente dell’immagine rafforzava un messaggio offensivo per le donne, come ha confermato con la sua decisione lo IAP: il problema, infatti, non è il nudo, ma l’uso sempre più osceno e ammiccante del corpo, vestito o nudo che sia”.

La riflessione si è allargata anche ad altri settori della comunicazione: a gennaio l’Udi in collaborazione con l’Ordine Regionale dei Giornalisti ha organizzato a Lecce un seminario di formazione e aggiornamento professionale dal titolo “Giornalismo/i e sessismo/i”. Ogni espressione linguistica, infatti, non solo rappresenta o descrive la realtà ma la crea. Qual è allora la responsabilità dei giornali nel proporre un’immagine negativa delle donne? È possibile utilizzare anche un linguaggio non sessista? Certo, ma ci vuole impegno, formazione e convinzione: il seminario ha suscitato grande interesse ed è stato per l’Udi l’inizio di un dialogo con l’ordine dei giornalisti che intendono riproporlo a livello nazionale.

L’insieme delle iniziative che ognuna ha ritenuto di avviare sono state raccolte e documentate in un quaderno bianco: il 4 marzo tutti i quaderni verranno consegnati alla Vice-Presidente della Commissione dei diritti della donna e l’uguaglianza di genere.

A pochi giorni dalla conclusione della Campagna che avviene l’8 marzo, l’UDI può tirare un bilancio più che positivo, ricordando anche il riconoscimento del Presidente della Repubblica con il suo patrocinio.

A chi le chiede le ragioni di un tale successo Pina risponde così: “La Campagna è andata al cuore di un problema politico sociale e culturale. L’abbiamo fatto sollecitando il protagonismo delle donne. Abbiamo sdoganato la rabbia e il fastidio verso una certa rappresentazione del genere femminile, senza preoccuparci per l’accusa di vetero-femminismo che puntualmente arriva”.



Immagini amiche a scuola



Nelle scuole sono continuati dialogo e collaborazione avviati con la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne. Molte classi hanno realizzato laboratori e video reperibili su youtube.

È il caso del filmato “Giochiamo alla pari!” che l’UDI di Ferrara ha promosso insieme al Comune e al Liceo Classico “L. Ariosto”. Il filmato è stato proiettato per la prima volta in apertura della seduta solenne congiunta dei Consigli comunale e provinciale del 25 novembre 2010 e in seguito in altre iniziative pubbliche.

A Modena l’UDI ha tenuto dei laboratori di decostruzione degli stereotipi di genere. Se ne è occupata Serena Ballista, della quale proponiamo una breve intervista.



Come si sono svolti i laboratori?

Siamo partite dal concetto di cittadinanza attiva e poi abbiamo sperimentato un percorso di “formazione partecipata”: abbiamo cioè costruito insieme con le classi i concetti fondanti del nostro progetto, confrontandoci sul tema delle differenze di genere e le discriminazioni sessuali, soprattutto sul funzionamento degli stereotipi. Abbiamo presentato alcuni esempi di immagini nemiche e altre di immagini “neutre” nel senso che per lo meno non riflettono un’immagine negativa delle donne. Su questo abbiamo avviato una riflessione in aula, poi a casa ognuno ha continuato individualmente la propria ricerca. Successivamente a scuola abbiamo lavorato insieme in sottogruppi compilando delle schede di catalogazione delle immagini.



Avete anche realizzato un video…

Si, il video è stato ricavato dalle attività di laboratorio ed è stato ripetutamente trasmesso dalle TV locali. Insieme con le schede prodotte dai ragazzi e le delibere dei comuni costituisce il materiale del nostro Quaderno bianco.



Chi ha aderito ai laboratori?


Abbiamo lavorato con classi delle scuole medie superiori: la IV D dell’istituto Selmi, e la VM e la III F dell’istituto Venturi, che seguono rispettivamente il corso di educazione visiva e quello di grafica pubblicitaria.



Cosa hai trovato di inaspettato, sorprendente in questa tua esperienza?


Il fatto che pur conoscendo molto bene i sistemi di comunicazione internet, TV, pubblicità, media, gli studenti non si fossero praticamente mai posti il problema che l’immagine pubblicitaria potesse veicolare stereotipi lesivi della dignità non solo della donna, ma anche degli uomini, giacché lo stereotipo sessuale colpisce entrambi.



Qual è stato allora il vostro obiettivo?

Quello di aiutarli a scovare dentro di sé degli strumenti critici, una sorta di antidoto alla violenza culturale di genere, coinvolgendoli non solo come cittadini e cittadine ma anche come futuri professionisti di una comunicazione responsabile.



E per te cosa ha significato?

L’Udi mi ha insegnato a trovare le parole per dare voce al senso di disagio e frustrazione che, come giovane donna, so di aver provato in completa solitudine durante tutta la mia adolescenza. Un malessere derivato da un bombardamento mediatico quotidiano rispetto alla necessità di adeguare il mio corpo a canoni estetici obbligati e di utilizzare questo corpo perfetto, o perfettamente modificato, come passe-partout a seconda delle occasioni della vita, in sostituzione alla complessità intellettiva ed interiore propria di ogni essere umano.





Giochiamo alla pari


GUARDA IL VIDEO





Laboratorio di decostruzione degli stereotipi di genere

I parte

II parte

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