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Una alternativa al presente

Una alternativa al presente

Racconti di case, di Rosangela Pesenti - "È noto che le donne trovano di solito le case già fatte e non possono decidere sulla divisione o assegnazione degli spazi funzioni ecc..." E' il nuovo libro di Rosangela Pesenti, 'Racconti di Case' (ed Junior)

Menapace Lidia Lunedi, 25/03/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2013

Presentare su ‘noidonne’ il bello importante ponderoso (quasi 300 pagine intense) libro di Rosangela Pesenti , non è impresa facile, perché l'originale ricerca si presenta sia con tutti i requisiti scientifici e accademici a posto, sia con un apparato critico di tutto rispetto, ma soprattutto come libro essenzialmente di teoria politica applicata: e questo é raro. Né viene per lo più riconosciuto, né citato. Massimamente se chi scrive è donna. Una delle ragioni per le quali le donne ancora non hanno storia è che persino le istituzioni culturali presumibilmente avanzate e spregiudicate, cioè prive di pregiudizi, quando si tratta del lavoro di una donna lodano le qualità esornative compilative aggiuntive, non l'impostazione. Peggio poi se - come in questo caso - l'impostazione non è affatto prevedibile e/o ripetitiva. Tutte queste qualità utili a incontrare difficoltà, nel libro di Rosangela ci sono: sicché proprio su queste voglio soffermarmi. Non senza aver prima lodato anche la raffinatezza editoriale, rappresentata innanzitutto dalla copertina disegnata da Rosangela stessa con quel suo stile figurativo fatto di pezzi di stoffa, ritagli, rammendi, patchwork, che ben conosciamo. Già quel che ho detto finora farebbe dell'opera un evento inconsueto e godibile: ma ancora non abbiamo nemmeno aperto i "Racconti di case" (ed Junior), che ci trasmettono "il linguaggio dell'abitare nella relazione tra generi e generazioni". Questo il titolo del lavoro e scusate se é poco. Rosangela Pesenti dà qui conto di una accurata curiosa coinvolgente ricerca in "casa d'altri", eseguita in due tempi, con verifica precisa, garanzia, non contestabile sotto il profilo scientifico, ma soprattutto davvero capace di avviare così un linguaggio politico dell'abitare. L'innovazione teorica è netta, precisa. La mole dei dati non è - come di solito - una specie di peso aggiunto per mostrare la quantità del lavoro (anche,va da sé), ma rivela una intrinseca necessità, dato che si racconta un universo complesso molteplice come é un linguaggio. Composto a sua volta anche dagli/dalle interlocutrici/ori, dagli sguardi curiosi dei bambini e bambine, dai ragionamenti che coinvolgono la storia delle case, la loro agibilità, la loro modificabilità. È noto che le donne trovano di solito le case già fatte e non possono decidere sulla divisione o assegnazione degli spazi funzioni ecc.: sicché la casa è la prima cosa, il maggior strumento e luogo di azione su dati esistenti, un esito di libertà condizionata o da conquistare nel tempo, nominare con le persone che la abitano, da raccontare con gesti nomi luci angoli cose da collocare, usi da fondare e mantenere-modificare, interpretare, trasmettere, vedere, mostrare. Insomma una metafora politica della vita costruita diretta gestita nei limiti delle misure che ci determinano, il tempo, lo spazio, gli orari, i posti che ci circondano e che possono essere o diventare celle gabbie o domicilio. Aver trovato il linguaggio dell'abitare è un contributo essenziale per costruire una alternativa allo stato delle cose presenti, ma non immaginata a parte, bensì costruita vissuta, dentro appunto tempi spazi reali, una impresa che può affrontare la crisi capitalistica in atto e traguardare oltre la presente barbarie verso una relazione così decisiva come è il linguaggio.

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