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Un universo improbabile di poesia e fiaba

Un universo improbabile di poesia e fiaba

Graziella Poluzzi - Con ironia tra le insidie di una emancipazione in un società globale

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007

Graziella Poluzzi produce poesie, aforismi, epitaffi, battute, testi di teatro comico e cabaret. Vive a Bologna. Dal 1995 al 2003 ha ideato e prodotto una fanzine d’umorismo nero, Macabrina, con vari autori e vignettisti, collaborando al mensile “L’Informatore” della Feniof (Associazione Nazionale Pompe Funebri). È una componente del “Gruppo 98”, che si ritrova presso la libreria delle donne di Bologna (per informazioni: gpoluz@yahoo.it). Cura lo spazio aperto all'ironia femminile sul sito internet www.women.it/umorismo. Compare in varie antologie, fra cui: “L’amore e l’umore” (Torino Pink Humor, Caus-Glenant, 1993), “Siamo senza parole” (L. Tufani Editrice, 1997), “Così ridiamo” (L. Tufani Editrice, 1997), “Ragazze non fate versi” (Zone editrice, 1999), “Pink Ink” (Zone editrice, 2003), “L’albero degli aforismi” (Lietocolle, 2004), e “Nuove declinazioni” (antologia di tredici aforisti, Edizioni Joker, 2005). Ha pubblicato la raccolta poetica “Poesie fiabesche con Principi improbabili e Cenerentole rivisitate” (Edizioni Joker, 2006).
Questa raccolta coniuga in un felice connubio l’universo della fiaba, con il suo mondo linguistico semplice ma carico di significato e verità, con una poesia di denuncia della condizione della donna contemporanea, costretta a muoversi tra le insidie di una emancipazione in un società globale, competitiva e priva di valori e il rischio continuo dell’imposizione della condizione arcaica di sottomissione e sudditanza, soffocata dal peso della famiglia e del lavoro domestico. Lo strumento d’indagine della nostra poetessa è l’ironia; un’ironia graffiante, sarcastica, dissacrante, spesso tagliente come una lama, tesa a cercare la verità e a spingere al confronto. Scrive Graziella Poluzzi nella nota introduttiva al testo: “penso che la leggerezza dell’ironia renda piacevoli le poesie anche ai maschi che amano confrontarsi”; e non c’è dubbio che la tensione al confronto sia forte in questi testi, richiamando un’epoca passata dove diritti e libertà della donna ancora non esistevano e puntando l’attenzione su un’epoca presente dove il disinteresse generazionale verso certe problematiche rischia pericolosi reflussi e ritorni al passato. La poetessa ci accompagna, con il sorriso sulle labbra, in un mondo di zucche, orchi, fate, specchi; un universo di magia e sogno, ma anche profonde riflessioni, incubi e paure, dove Cenerentola ha a che fare con un principe feticista e Biancaneve si trova a vedersi negata dalle barbe lunghe dei Nani un misero stipendio dopo anni di servizio. Rimane nel cuore di chi legge il senso di un’epoca passata di lotte, il femminismo degli anni ’70, vissuto con un pizzico di nostalgia dalla nostra poetessa ma con la consapevolezza dei risultati, delle libertà conquistate, del tessuto politico e sociale modificato da questa “rivoluzione incruenta”. In questo senso poesie fiabesche vuole essere un libro di ringraziamento e testimonianza, un testo prezioso, da leggere e rileggere ridendo ma con un senso di profondo rispetto verso chi si sforza di farci ricordare il caro prezzo della libertà.





Ode di odio a tutti i tegami
Ode di odio a tutti i tegami
alle ricette da brava cuoca
e a tutti i ricami.

Non voglio scope
in casa mia o sol per volare
ed andarmene via.

Non voglio casa
non voglio tetto,
ma solo boschi, montagne,
ruscelli e non avere
delle mura il rigetto.



Le scarpette di cristallo
Erano molto belle
quelle scarpette splendenti
di luce e decorate,
ma non erano per niente comode,
anzi, indossate, erano impossibili,
terribili, perché mai gliele
aveva regalate?

Le sorse un dubbio.
Che genere di principe
le era capitato?

Si vide sotto il vischio
nel salone illuminato;
erano soli, lui le sfilava le scarpe,
a piedi nudi, champagne in bella vista:
insieme in un brindisi incrociato.

Che fosse un principe
Del tipo “feticista”?



Lo specchio
Ovvero la bella e la brutta
Lo specchio fu una donna
a inventarlo, lo mostrò
al suo amico, che tosto
lo brevettò e seppe venderlo
con fortuna insperata.
Fece ottimi affari.

I maschi capirono subito
con raziocinio sintetico
che era comodo dividere
le compagne in due categorie:
le belle e le brutte;
le belle da rimirare a lungo
e con interesse intanto
che le brutte si rendevano
utili in mille impieghi.

Così in omnia saecula
continuerebbe tuttora.



Sogni mortiferi
Era un piccolo negozietto
strapieno di orologi:
un’intera parete a pendole,
un’altra a cucù,
che battevano indaffarati
cinguettando le ore
tra sveglie rumorose
come locomotive a vapore.

Dietro al banco, le due mascelle
sorridenti della nera signora,
con un cappello importante,
sontuoso: una gondola di gala
e sopra ad essa
una falce sgargiante.
(4 gennaio 2007)

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