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Un teatro che ri-qualifica

Un teatro che ri-qualifica

Cultura&Lavoro/2 - Ecco la seconda tappa a Modena (Teatro Tempio) del viaggio alla ricerca di progetti culturali che sopravvivono tra tagli pubblici e indifferenza del privato

Antonella Iaschi Sabato, 15/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Il Teatro Tempio, a Modena, si trova in una zona di quelle definite “a rischio”. Intelligentemente la risposta al “rischio” non sono state ronde, ma vita. Sì perché restaurare un teatro e renderlo vitale vuol dire allontanare il degrado offrendo vita a tutti i cittadini, e si innesca una scintilla positiva che portando persone in un luogo allontana da quel luogo la paura e il disagio.

Isa Ferraguti ed io ci siamo capitate per caso, invitate ad una splendida serata in cui cantanti e musicisti diversamente abili ci hanno regalato, insieme agli educatori che hanno curato il loro progetto, qualità, piacere ed emozioni forti.

Lì ho incontrato l’attrice Lisa Severo, dell'associazione Peso Specifico insieme a Francesca Iacoviello, Alessia Natillo, Lisa Severo, Roberta Spaventa, Luciana Talamonti e Angelo Argentina.



Quali sono le motivazioni che hanno dato vita all'associazione, che gestisce il teatro?

Le nostre diverse competenze artistiche e professionali (in ambito teatrale, musicale, terapeutico e arte-terapeutico) si sono unite per far nascere una realtà che attualmente ha la sua sede al TeTe - Teatro Tempio di Modena. È una scommessa perché, sebbene alcune di noi avessero lavorato assieme in passato, è solo da un anno che siamo unite con lo scopo di creare una realtà lavorativa dove poetica e pedagogia artistica vogliono essere fonte di sviluppo di nuovi valori sociali e di un vivere partecipativo della comunità.

Il nostro progetto nasce da un comune desiderio di creare uno spazio nel cuore della città, il Teatro Tempio appunto che, offrendo una programmazione che spazia dal teatro contemporaneo e di ricerca, alla musica popolare e tradizionale, possa essere al contempo punto di aggregazione e di incontro per i giovani, ma anche un luogo di “cultura collettiva”, dove artisti professionisti delle diverse arti (teatro, musica, arti visive) possano trovare visibilità e confronto.



Lavorare in luoghi dove c'è il rischio di microcriminalità vuol dire anche far capire alla gente che solo la presenza sul territorio di proposte socialmente valide può allontanarne il degrado. Tu Lisa, quanto credi sia importante per il quartiere la vostra presenza?

Credo che il nostro sia un tentativo molto importante. Pensiamo infatti che la riqualificazione di un’area come quella dove sorge il teatro, spesso oggetto di polemiche perché palcoscenico di frequenti episodi di piccola criminalità, passi attraverso una proposta culturale che miri al coinvolgimento di diverse fasce di età con attenzione particolare a quella giovanile e all’interazione tra cittadini e artisti, anche attraverso incontri e dibattiti.

Credere in un progetto significa al contempo impegnarsi per migliorare, ricercare sempre nuove ipotesi di lavoro e, anche nel nostro campo artistico, significa osservare l’andamento sociale proponendo alternative sostenibili e cercando sinergie con le diverse realtà che agiscono sul territorio.



La vostra è una realtà differente da quella di Interattiva di Spilimbergo, ma anche a te voglio chiedere quanto i sogni e la volontà di realizzarli fanno da traino al vostro lavoro?

Il motore di questo percorso è proprio non smettere mai di sognare. Continuare a credere che sia il pensiero nel tempo a costruire l’azione sia artistica, che politica e sociale.

Per queste ragioni, sebbene l’associazionismo e il lavoro a livello professionale richiedano molte energie in termini di tempo e di fatica, riteniamo che attualmente la nostra maggiore ricchezza risieda nel riuscire suscitare l’interesse di professionisti che comprendono e sostengono questo progetto e con i quali si possono avviare importanti collaborazioni.



Anche per Peso Specifico la maggioranza femminile è eclatante, quale è il rapporto con l'unico uomo?

Riteniamo che la compagine prevalentemente al femminile dell’associazione sia il risultato di incontri artistici ed umani che sono andati crescendo nel tempo, sostenuti probabilmente da un sentire comune, e se questa prevalenza femminile può in parte favorire questo “sentire comune”, tuttavia la componente maschile crea il giusto controcanto, dando un valore aggiunto al gruppo.

Ad ogni modo ciascuno di noi riscontra non poche difficoltà nell’amalgamare professionalità e passione, e nel ricevere il giusto riconoscimento sia in termini economici che di qualità del lavoro; ciò induce spesso ad accettare dei compromessi tali per cui, al momento, sarebbe impensabile per noi avere progettualità esterne o diverse da quelle del gruppo dalle quali siamo assorbite totalmente tutte e tutti. Vien da pensare ‘Menomale che nessuna di noi ha famiglia, perché altrimenti sarebbe impensabile un impegno del genere!’ Tuttavia da tempo stiamo cercando un giusto equilibrio tra vita privata e professionale, tra professione e passione, quindi al di là della contingenza crediamo sia essenziale sviluppare costanza, pazienza ed un pensiero progettuale che non si esaurisca nei singoli eventi, ma che abbia un ampio respiro e prospettiva per il futuro.



Parli di difficoltà a ricevere il giusto riconoscimento economico oltre che di qualità di lavoro, avete avviato da poco il vostro progetto, ma penso che un primo bilancio si possa già fare. La vostra scelta di trasformare la passione e l'arte in lavoro ti sembra possa essere vincente?

Non sono tempi favorevoli economicamente parlando, ma la gestione del teatro e le nostre professionalità diverse sono già lavoro e il fare squadra si sta rivelando positivo. Sappiamo di aver intrapreso un percorso in salita ma crediamo nel nostro progetto. 



 (17 gennaio 2011)

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