A tutto schermo - Quattordicesima edizione del Riff. Vocazione Festival: fra donne in fuga, ricerca artistica ed impegno sociale
Colla Elisabetta Venerdi, 29/05/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2015
Anche quest’anno al RIFF - Rome Independent Film Festival, giunto alla sua XIV edizione, c’era solo l’imbarazzo della scelta quanto a temi e protagonisti femminili. A partire dai due film di apertura, Mi chiamo Maya, di Tommaso Agnese, con Valeria Solarino e Carlotta Natoli, storia della fuga iniziatica dell’adolescente Niki insieme alla sorellina Alice, in seguito ad un tragico evento, alla ricerca di un’utopica libertà verso una nuova vita, ed A Blast, film greco diretto da Syllas Tzoumerkas che racconta il cambiamento di Maria, donna in fuga da una vita familiare scontata e monotona in una Grecia schiacciata dal peso della crisi. Interessanti anche il film spagnolo Todos Estan Muertos, di Beatriz Sanchís, storia di una pop-rock star famosa negli anni, ritiratasi dalle scene perché affetta da agorafobia. Fra i documentari, al fianco dei più impegnati, come Non so perché ti odio: tentata indagine sull’omofobia ed i suoi motivi, di Filippo Soldi (coprodotto dalla Movimento Film), che analizza le possibili cause dell’omofobia, e Born in Gaza, dell’italo-argentino Hernán Zin, che racconta la tragedia della guerra attraverso storie di bambini cresciuti a Gaza, ampio spazio è stato dato all’arte e allo spettacolo con Burlesque. Storia di donne, di Lorenza Fruci, Il fattore umano, di Matteo Alemanno e Francesco Rossi, un profilo biografico del grande fotografo Tano D’Amico, Il segreto di Otello, di Francesco Ranieri Martinotti, sull’antica trattoria romana di Otello, punto d’incontro di artisti come Pasolini, Fellini, Antonioni, Visconti, Scola e Monicelli.
LORENZA FRUCI
Tra femminismo e burlesque
NOIDONNE al RIFF 2015 ha intervistato Lorenza Fruci, la solare e poliedrica regista del docu-film Burlesque. Storia di donne, dove racconta con grande passione, lei che ama raccontare storie anche scritte da autrice e giornalista, l’incontro umano e professionale con l’arte del cinema e, in particolare, con il burlesque.
Giornalista, scrittrice, documentarista: in quale pelle ti senti più a tuo agio?
In quella di “racconta storie” legate alla realtà e all’attualità. Il modo e il mezzo per raccontarle li scelgo di volta in volta: un articolo, un saggio o un documentario sono forme diverse per portare comunque una luce su un tema. Se l’obiettivo è informare l’articolo può essere la forma migliore, se invece si può far arrivare un messaggio attraverso le emozioni penso ad un racconto; un documentario, poi, può parlare a più persone contemporaneamente, in maniera diretta, facendo riflettere e intrattenendo. È la storia che decide il mezzo attraverso il quale prendere forma.
Quali sono le tue passioni ed in quali 'modelli' artistici femminili ti riconosci?
La mia prima passione è la fotografia, ma anche la scrittura e la poesia in particolare, e poi l’arte in generale. Non ho modelli artistici in cui mi riconosco, ma ho dei punti di riferimento, delle artiste che amo, apprezzo e prediligo come Virginia Woolf, Susan Sontag, Alda Merini, Mina Abramović, Doris Lessing, Cindy Sherman. Nel giornalismo ovviamente stimo Oriana Fallaci.
Com'è nata l'idea di un documentario sul burlesque?
Il documentario viene dopo il libro “Burlesque. Quando lo spettacolo diventa seduzione”, da me scritto qualche anno fa, un saggio storico sul burlesque come forma di spettacolo. La scrittura e la promozione di questo libro mi hanno portato a scoprire le storie di alcune artiste italiane che, prima di diventare tali, facevano un’altra vita e tutte, raccontandomi il loro percorso, avevano esclamato, una all’insaputa dell’altra, “il burlesque era la mia vita ed io non lo sapevo”. Mi è sembrato un segno da interpretare e tramutare in una storia da raccontare in maniera corale. Nel docufilm racconto le scelta di vita di Eve La Plume, Milena Bisacco, Scarlett Martini, Albadoro Gala, Janet Fischietto e Betty Rose. Molte di loro avevano anche un contratto a tempo interminato a cui hanno rinunciato per seguire la loro passione per questa disciplina. Mi è sembrato anche un modo di parlare di lavoro, tema di grande attualità, da un punto di vista inconsueto.
Pensi che il burlesque valorizzi la femminilità e l'autodeterminazione femminile? Secondo te è in linea con le conquiste della donna?
Sul burlesque ci sono diverse teorie, anche antitetiche tra di loro. Molti la considerano una disciplina anti-femminista perché ci vedono la strumentalizzazione del corpo, come se le donne (così come gli uomini d’altronde) potessero prescindere dal loro corpo. Molti la considerano una disciplina femminista proprio perché con il burlesque la donna si riappropria del proprio corpo e lo usa come crede, in totale indipendenza e autonomia da stereotipi e strumentalizzazioni esterne. Basti pensare che, nella maggior parte dei casi, le performer creano da sole i loro numeri, essendo registe di se stesse. Io credo che il burlesque oggi, soprattutto come fenomeno di costume, sia una delle discipline che aiuta le donne, soprattutto quelle comuni non artiste, a valorizzare la loro femminilità, a ridarle il giusto peso, e in alcuni casi a recuperare la loro autostima. Essendo poi una forma di spettacolo permette di esprimersi a livello artistico ironizzando sul corpo, anche come risposta all’eccessiva importanza che i mass media gli hanno attribuito. Quando una donna può decidere e scegliere in autonomia di giocare con il proprio corpo, qualsiasi sia la sua forma e taglia, credo che sia una donna libera.
Credi che la parità di genere sia raggiunta oggi o ritieni ci siano battaglie ancora da combattere? Se sì quali?
Credo che ancora oggi ci sia molto da fare per la parità di genere, soprattutto per quanto riguarda i temi della conciliazione vita privata-lavoro e della differenza di salario tra i sessi, sui quali sto già lavorando con un libro-documentario. In generale ritengo che vada scardinata l’organizzazione della vita sociale e lavorativa basata sui tempi e sulle modalità maschili, è necessario che le donne inizino a imporre il loro modo femminile di vivere, di lavorare, di agire, di pensare, di gestire il tempo e le risorse. Sono secoli che subiamo il punto di vista maschile sul mondo ed oggi è maturato il tempo di cambiarlo. Nei decenni precedenti molte donne al potere, per imporsi, hanno assunto atteggiamenti e comportamenti maschili, oggi invece finalmente si iniziano a vedere donne nei posti di potere con fare da donne e non da uomini. È il momento di ripensare la società e la sua organizzazione con le tipiche peculiarità femminili.
Lorenza Fruci è giornalista, scrittrice, autrice, e lavora come freelance per diverse testate. Si occupa prevalentemente di temi al femminile, di costume, spettacolo e cultura. Ha scritto i saggi:“Malafemmena. La canzone di Totò” (Donzelli 2009), “Burlesque. Uno spettacolo chiamato seduzione” (Castelvecchi 2011), la biografia “Betty Page. La vita segreta della regina delle pin-up” (Perrone 2013), oltre a racconti e poesie. È autrice del corto “Cortile” e del documentario “La Zibaldina. Una storia di crowdfunding”, che si è classificato secondo al Premio Chiara Baldassari 2013.
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