Ho ritrovato “Noi donne” una mattina piovosa del mese scorso a Roma, alla presentazione di un progetto culturale dedicato ai bambini scolarizzati. Ci eravamo lasciate alla fine della mia carriera universitaria circa trent’anni fa, grata a lei ed alla stagione del femminismo che mi aveva regalato una fase della vita caratterizzata da una consapevolezza particolare. Quando durante le manifestazioni cantavamo lo slogan “donna, donna, donna non smetter di lottare tutta la vita deve cambiare”, il messaggio di vita che entrava in me era che ogni nuova conquista raggiunta non doveva inibirmi la volontà di andare oltre. Questa consapevolezza ha accompagnato la mia vita fino ad oggi, anche se non sempre sono riuscita ad ottenere i risultati sperati per me e le altre donne con cui mi ritrovavo a percorrere i sentieri accidentati delle conquiste sociali e civili agognate. C’era, però, qualcosa che mi e ci faceva andare avanti nonostante mille difficoltà ed ostacoli: sentirci parte dell’universo femminile ed, in quanto, tali agire anche per conto delle altre donne che non erano accanto a noi. In altre parole, un senso forte, fortissimo, di solidarietà perché la Storia ci imponeva di essere una affianco all’altra. Era, quasi, una certezza difficile da smontare, perché bastava una richiesta d’aiuto e noi eravamo lì a sentirla nostra ed a cercare anche l’impossibile per soddisfarla, ognuna con le capacità che riusciva a mettere in campo. E’ un po’ di tempo, però, che mi ritrovo a non avvertire più questa solidarietà, anzi mi accorgo che, spesso, nei luoghi istituzionali “gli uomini di potere” sono capaci sempre più di aizzarci l’una contro l’altra. Una commissione comunale pari opportunità che si insedia non completa, solo perché non si vuole designare una candidata non gradita politicamente né alla maggioranza né alla minoranza consiliare, mi fa porre la legittima domanda:”ma parchè le altre commissarie hanno accettato impunemente che si svolgesse la cerimonia d’insediamento?”. Ho ragionato dell’accaduto con delle giovani donne e sono riuscita a farle solidarizzare con la candidata ingiustamente esclusa ed in questo percorso collettivo di coscienza dell’avvenimento in sé ho trovato tante domande, tante richieste di spiegazioni, tanti dubbi che mi venivano proposti. Vorrei, per quanto mi sia possibile, aiutarle, ma penso pure che sia giusto che inizino a camminare con le loro gambe, perché ne hanno tutte le capacità. Ed è qui che ho pensato a voi, alla vostra rivista come uno strumento che possa affiancarle in questo cammino nuovo. Come “Noi donne” aveva aiutato una ragazza meridionale a Roma trent’anni fa, ora, in un continuum di storie e di vite, penso che possiate aiutare una di loro. Ho pensato, difatti, di regalare per Natale ad Anna l’abbonamento al vostro periodico, perché sono convinta che la mia giovane amica saprà far fruttare l’aiuto che le darete. Avete intitolato e dedicato all’amore il numero di dicembre ed è per me “un atto d’amore” regalare “Noi donne”, per recuperare al nostro”stare insieme” quella solidarietà che, oltre che un valore, è soprattutto un sentimento: avvertire con il cuore, con l’anima, con tutte noi stesse le necessità, i bisogni ma, anche, le speranze, le aspettative ed i sogni delle donne che incontriamo nei nostri percorsi di vita.
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