Cecenia - Matrimoni precoci, poligamia, guerre, islamizzazione della società rendono la vita delle donne più difficile. E molte emigrano
Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2006
L’evoluzione del posto occupato dalle donne cecene nel complesso della società è sintomatica dei cambiamenti indotti dalla guerra. Certi elementi tradizionali si sono rafforzati: in presenza del conflitto e delle estorsioni generalizzate, le famiglie hanno vissuto assillate dal timore che le loro figlie potessero subire violenze da parte dei militari russi o dei militanti ceceni separatisti. Ciò ha spinto i genitori a dare in sposa le loro figlie in giovanissima età (il numero di ragazze date in sposa a tredici o quattordici anni è aumentato). I matrimoni precoci rappresentano un modo per porre le ragazze sotto la protezione della famiglia del marito e del suo clan. Allo stesso modo, lo squilibrio numerico dei sessi, prodotto dalla guerra, ha provocato un aumento della poligamia, giustificata dalla shariat (il corpo vigente delle leggi religiose e giuridiche facenti capo al Corano). Il ruolo delle donne non ha, tuttavia, seguito la via della “tradizione” a tutti i livelli. Le due guerre le hanno messe in prima linea in numerosi ambiti: in assenza degli uomini, morti in battaglia, nascosti, dispersi o prigionieri nei “punti di filtraggio”, le donne cecene si sono assunte la totalità dei carichi familiari ed economici. Hanno trasportato informazioni e cibo tra la Cecenia e l’Inguscezia, hanno venduto i loro prodotti al mercato per garantirsi la sopravvivenza e quella dei propri familiari, hanno sviluppato un’economia circolare (alcune fanno il pane che altre comprano in cambio di conserve), hanno, infine, rimesso in piedi scuole e ospedali nella fase di “normalizzazione”, quando sono state avviate le grandi opere di ricostruzione del paese. Si sono, inoltre, organizzate in gruppi di resistenza pacifica per opporsi all’arresto degli uomini durante le operazioni di pulizia, ossia nel corso di operazioni di rastrellamento compiute dalle unità russe dell’esercito con l’obiettivo dichiarato di stanare i terroristi, e con il risultato pratico di terrorizzare la popolazione civile e far scomparire centinaia di persone.
Le Cecene che vivono nelle città sono quelle che più di tutte hanno rifiutato il processo d’islamizzazione della società. Sono, in gran parte, giovani donne, con istruzione superiore, non ancora sposate, disposte a sfuggire ad ogni elemento di coercizione. Va detto che la Cecenia era stata fortemente sovietizzata e modernizzata, come dimostrano la secolarizzazione, l’alfabetizzazione di massa, l’urbanizzazione e l’industrializzazione, la relativa posizione delle donne nella vita pubblica. Quest’ultime non hanno mai portato il velo (coprono solo la parte alta della fronte con una fascia, che lascia i capelli visibili e il volto totalmente scoperto), hanno studiato e, fra di loro, alcune sono diventate medici, direttrici di scuole, docenti universitarie, dirigenti e quadri d’amministrazioni pubbliche, responsabili locali della politica.
Tuttavia, questi elementi della modernizzazione sovietica sono stati messi seriamente in discussione dalla distruzione quasi totale dell’economia cecena, causata dalle due guerre, che da un lato ha generato una crescente anomia sociale e dall’altro rivitalizzato, in un panorama di scontri laceranti, l’orgoglio nazionale attraverso il recupero di antichi riti e di lasciti tribali pre-islamici, come la poligamia, il velo, e così via. Con il risultato che i tratti di piccole comunità, che si ritrovano ancora nell’insieme delle società caucasiche strutturate per nuclei familiari allargati e per clan (teip), non solo permangono ma tendono ad accentuarsi. In questi anni di guerra, la società cecena non è rimasta immobile nella sua organizzazione. Le fratture psicologiche e le umiliazioni culturali esercitate dai militari russi sono state vissute dalla popolazione come una volontà di distruggere il paese e, di conseguenza, essa ha sviluppato le sue difese contro questa atomizzazione. In molti casi, queste difese hanno condotto al rafforzamento delle modalità tradizionali di relazione, ad un ripiego identitario sui propri valori tramandati, a scapito di un percorso d’emancipazione femminile che era stato in quella piccola repubblica caucasica molto difficile. In questo fazzoletto di terra, che conta oggi circa un milione di abitanti, prima dell’implosione dell’Urss, le condizioni storiche più “arretrate” nello sviluppo economico e sociale, rispetto al panorama sovietico europeo, facevano sì che la donna scontasse maggiormente il peso del condizionamento di antichi usi e costumi arcaici. La sensazione di totale abbandono e l’assenza di prospettive generate dalla potenza distruttiva della guerra e il ripiegamento su pratiche religiose e di patriarcato in risposta alla precarietà sociale, hanno spinto un certo numero di Cecene a emigrare: un embrione di diaspora si va costituendo all’estero (è il caso delle giornaliste di professione o di membri donne delle Ong).
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