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Un poema per Valentina

Un poema per Valentina

Lucianna Argentino - “perché un fatto di cronaca feroce e terribile non duri lo spazio minimo di un trafiletto di giornale”

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009

Valentina Cavalli aveva 29 anni e non è riuscita ad andare oltre. Non è riuscita ad andare oltre la paura, l’angoscia, la vergogna. Non è riuscita ad andare oltre nella ricerca di una vita normale senza l’orrore del ricordo, una vita fatta di una quotidianità semplice e giusta. Non è riuscita ad andare oltre a sopportare che i due stupratori, nonostante fossero stati condannati in primo grado e poi in appello, non avessero scontato neanche un giorno di prigione perché incensurati.
Ci aveva provato, alta bionda carina intelligente, determinata nel fare denuncia e sostenere le indagini fino all’arresto dei responsabili, di quei giovanotti della Milano bene che avevano abusato e infierito ferocemente su lei, sorprendendola mentre era in macchina col proprio ragazzo. Si era poi trasferita a Torino, aveva ripreso gli studi in medicina, iscrivendosi a neuropsichiatria forse per comprendere quali nebbie si agitassero nella mente sua e dei suoi assalitori; aveva trovato una nuova casa nel centro, vicinissimo alla Mole Antonelliana che buca la nebbia con la sua eleganza liberty, nuovi amici. Ci aveva provato, gettando la calce viva di una nuova esistenza sull’abisso insondabile del trauma scavato dall’abuso. Ci aveva provato e l’11 luglio 2008 non ce l’ha fatta, si è impiccata nella sua casa torinese, sei dopo lo stupro.
Lucianna Argentino è una poetessa romana dallo sguardo limpido, l’animo forte e temprato dalla vita, il verso tagliente e pulito. Infaticabile organizzatrice di eventi poetici e culturali ha pubblicato “Gli argini del tempo” (Totem, 1991), “Biografia a margine” con la prefazione di Dario Bellezza (Fermenti, 1994), “Mutamento” (Fermenti, 1999), “Verso Penuel” con la prefazione di Dante Maffìa (Edizioni dell’Oleandro, 2003), “Diario inverso” (Manni, 2006). Quella di Lucianna è una delle voci più sensibili e originali nel panorama poetico nazionale, capace di nettare il verso e farlo risplendere di una precisione e una bellezza senza sbavature. L’inesausta indagine della realtà contemporanea, dell’essere donna, dei difficili e instabili equilibri nei rapporti fra maschile e femminile (il bianco e il nero di una sua nota poesia) sono il terreno d’indagine di una percorso poetico e umano maturo e personale.
L’Argentino prende spunto dalla vicenda di Valentina Cavalli, per un poemetto inedito “Gestazione dell’addio” del quel si propongono alcuni frammenti. Si tratta di un monologo (ma meglio sarebbe definirlo un Lamento) nel quale il personaggio Valentina si introietta nella sua anima ferita, nelle lacerazioni di un corpo irrimediabilmente offeso e usato, per poi urlare al mondo la disperazione irrefrenabile, l’oblio della caduta verso un fondo nel quale l’unica possibilità sembra essere la morte. La materia è difficile e delicata, e Lucianna riesce a manovrarla con rara maestria, spandendo sulla pagina un verso denso ed epigrafico, capace di fondere accenti lirici con un andamento dal tono epico. Ne emerge un piccolo poema nel quale un paesaggio d’anima fuoriesce come sangue caldo e mai rappreso dalle ferite del corpo violato, per poi essere cantato in versi limpidi e precisi.
Abituati a una poesia che sembra non avere più la capacità di scuotere la coscienza, questo piccolo gioiello della poetessa romana batte l’alto palpito di una letteratura civile, indispensabile perché un fatto di cronaca feroce e terribile non duri lo spazio minimo di un trafiletto di giornale; una poesia della quale abbiamo estremo bisogno.



Trovarla adesso nella caduta perpendicolare
della luce la parola giusta
che mi raschi dalla pelle tutto il male,
che mi scavi le ossa e mi faccia cava
per galleggiare almeno in quest'aria
che non riesco più a respirare.
Trovarla negli otto minuti di travaglio
dell'aurora la parola giusta
ora che sto come il cielo
dismesso dalle rondini,
come l'ombra dimenticata dalla luce,
come le lenzuola sui davanzali, al mattino,
prostrate a vomitare la notte.
Trovarla la parola giusta e difficile
ora che il mondo è tutto e solo visibile,
la parola che è segreto e mistero di te ed io,
quella che dice l'amore
quella che m'è rimasta dentro muta
perchè non ho più un te
e nemmeno un io e sono metallo gelido
campana che suona
tamburo che rimbomba.



C’è solo quella notte che era bella sì
le stelle quelle le ricordo
anche se poi ho chiuso gli occhi
li ho chiusi forte troppo forte forse
perchè il buio è sceso nero nero
e m'è rimasto dentro, non è più andato via
e la terra s'è aperta e sono sprofondata
e Pan e Ade insieme mi spezzavano
mi smembravano e più mai più sono tornata intera
e più mai più sono tornata dagli inferi.
La colpa di essere stata vittima per caso
ma forse quando sei donna
non è mai per caso. Vittima per nascita,
per genere che io o un'altra era lo stesso.
M'hanno negata al senso e alla pietà
disprezzo e disgusto
di non sapermi altro che questa carne
che tocco per necessità, questo volto
che non riesco quasi più a guardare.
Non mi sono mai saputa immaginare
diversa o altra da ciò che ero e ora non mi riconosco,
non l'ho saputo per questo non mi perdono
né perdono loro che perdono non me l'hanno chiesto.


Sono una cosa
sono nessuno
sono senza nome
e al mondo non c'è più un nome per me
e neanche tempo che non s' è fermato lì,
no il tempo ha proseguito,
ché è di natura diversa da noi,
ma lì, in quella notte,
su quell'asfalto duro e tiepido
dove le mie grida e il mio pianto
hanno attraversato inconsistenti e muti
quelli che mi tenevano,
mi denudavano, mi usavano,
in quella notte è la mia vita
ad essersi fermata, incagliata
contro quelli che vorrei sapere senza anima,
senza coscienza, perchè ci credevo al cuore umano,
ci credevo al bene. Poi ho smesso,
non per volontà ch'era già piegata,
ma per via del dubbio:
raggio di tenebra, oblio di sogni.
[…]


Segni fragili siamo
vulnerabili e per questo belli
non salvi no ma condannati
dall'irrevocabile sacramento
di essere stati terreni
eppure, e questo è il mio ultimo pensiero,
nonostante tutto
è possibile che Lucifero un giorno
torni ad essere un angelo.

(10 marzo 2009)

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