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Un pellegrinaggio al femminile - di Marilena Menicucci

Un pellegrinaggio al femminile - di Marilena Menicucci

Religiosità popolare e pellegrinaggi al Divino Amore (Roma) di donne, temi del libro di Carmelina Chiara Canta da non perdere

Venerdi, 25/06/2010 - Sono davvero tanti i motivi che rendono importante questo testo di Carmelina Chiara Canta (Sfondare la notte, ed Franco Angeli), da non perdere.

Il tema- La religiosità popolare, oggi. Non quella conservatrice e tradizionalista contrapposta alla religiosità di un’élite colta e progressista, bensì la religiosità della post-modernità in una metropoli, collegata alla frammentazione, alla globalizzazione e all’immigrazione. Invece dell’aggettivo ‘popolare’, l’autrice sceglie l’attributo ‘soggettiva’ e prende in esame una tipica forma di questo tipo di religiosità, qual è il pellegrinaggio in generale e quello al santuario del Divin Amore a Castel di Leva, alle porte di Roma, in particolare. Siamo lontani dal pellegrinaggio stile gita fuori porta, cantato dal Belli in uno dei suoi sonetti(Dimenica di là Rinzo, Panzanella,\io, Roscio e le tre fije der tintore\vozimo annà a fa ‘no scialo in carrozzella\a la Madonna der Divino Amore); diverso è anche il santuario, definito minore rispetto ad altri più famosi, come quelli di Lourdes, di Fatima o di Padre Pio, infatti il luogo santo non fa notizia e mai è stato oggetto di attenzione da parte della stampa più accreditata; d’altra parte al Divin Amore si ricorda un solo miracolo ufficiale, quello del 1740 e, se altri miracoli sono avvenuti, li conoscono solo i protagonisti, che si guardano bene dal gridare al miracolo. Questi pellegrini non sono turisti, né viandanti, bensì costruttori d’identità: vogliono raggiungere un luogo santo, camminano, rinunciano alle comodità e sono disposti a cambiare. Anche chi è partito da solo, si ritrova con tanti a compiere un’esperienza corale, che l’autrice definisce ecumenica, in quanto è in continuità con quelle dei pellegrini buddisti, indù e musulmani e tutti quelli alla ricerca di quanto a loro manchi. Esiste una documentazione storica di pellegrinaggi nel passato al tempo degli Egizi, presso gli Aztechi e nel giudaismo, tanto che in sociologia il pellegrinaggio è considerato un fatto sociale totale, un’esperienza di globalizzazione e effervescenza collettiva. Da un punto di vista religioso, invece, partendo dall’etimologia(per ager-per i campi e per eger- passaggio di frontiere) pellegrinaggio significa percorso per incontrarsi con il sacro.

Il metodo- Come sociologa all’Università di Roma Tre, l’autrice studia la religiosità e il pellegrinaggio secondo la metodologia della scienza che insegna, applicando tutte le regole e le tecniche necessarie all’osservazione dei protagonisti del pellegrinaggio notturno al santuario suddetto, che avviene in date fisse: le notti di Pentecoste, dell’Assunta, dell’Immacolata e di tutti i sabati del mese di maggio, partendo verso mezzanotte dal piazzale della Fao a Roma, passando davanti alle catacombe di San Callisto e al mausoleo delle Fosse Ardeatine, per arrivare all’alba a Castel di Leva. Il metodo scientifico del lavoro è così preciso da meritare una lunga analisi, meditando su alcuni riferimenti irrinunciabili: Kant, Max Weber, Emile Durkeim, Marcel Mauss, Zigmunt Baumann, De Martino, Sabino Acquaviva, Carlo Prandi, Romana Guarnieri, Emma Fattorini, Cataldo Naro e tantissimi altri studiosi, citati dall’autrice a conferma e approfondimento delle sue considerazioni. Ma per questo si rimanda alla lettura dello studio, mentre passiamo subito ai risultati della ricerca, da cui si comprende la vera natura di questo evento: è un pellegrinaggio al femminile!

I protagonisti- l’autrice li definisce minori, ripetendo l’ aggettivo scelto per il santuario; infatti i pellegrini notturni, che si recano al Divino Amore sono sconosciuti, emarginati, immigrati, non credenti, cattolici e non, anonimi. Negli anni presi in esame, in genere, ogni notte se ne contano circa 5000, mentre solo nel 2000, anno del Giubileo, raggiungono la cifra di 10000. La maggior parte dei pellegrini è costituita da donne, la cui età non è omogenea, prevale l’età adulta dai 35 ai 60 anni, ma si incontrano anche moltissime ragazze, per lo più studentesse, con la loro famiglia o in gruppo con altre ragazze. Ci sono anche suore di differenti ordini religiosi, in gruppo o come guida di gruppi di laici. Le motivazioni delle donne al pellegrinaggio sono molteplici e profonde, sintetizzabili in una: entrare in se stesse e sperimentare in sé il sacro. Dalle testimonianze si comprende come questo sia un pellegrinaggio mariano, dove le partecipanti instaurano con Maria un rapporto privilegiato di figliolanza, di sorellanza e di complicità tra donne. Maria è sentita come la figura più vicina dalle donne, come modello e immagine ideale di donna moderna, il suo Magnificat è cantato come un manifesto rivoluzionario e le si attribuisce la capacità della profezia, in quanto interprete del presente e del futuro della storia, come precisa Cettina Militello nei suoi libri.

Secondo un’analisi sociologica del fenomeno religioso, questo al Divin Amore non è certo il solo pellegrinaggio al femminile: esiste, ad esempio, una sicura testimonianza di sei donne, negli anni compresi tra il 1350 e il 1450, che sono partite dalla Sicilia, passando per Roma, attraverso la via Francigena e la Tolosana, per arrivare a Santiago di Compostela. In passato, poi, con modalità e motivazioni diverse da quelle attuali, alcune madonnare, si recavano al Divi Amore, escludendo i maschi. Le ricerche dei sociologi della religione, insomma, mettono in evidenza che, se il fenomeno del pellegrinaggio è in crescita in tutto il mondo e interessa tutte le religioni, la costante è data da una presenza femminile nettamente superiore a quella maschile, motivata da un maggior bisogno di ricerca, di apertura e di viaggio interiore. L’autrice ipotizza che nelle dinamiche di questo processo di socializzazione al culto mariano e alla religiosità in genere le donne abbiano svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale. Pur se le è stato difficile ottenere molte confidenze sulle motivazioni di ognuna al pellegrinaggio notturno al Divin Amore, per la riservatezza e il pudore che si prova a raccontare i bisogni più forti, legati ai problemi più grandi, che ci fanno sentire totalmente incapaci, dal materiale raccolto l’autrice ha dedotto che le donne vanno perché la Madonna ha concesso una grazia, oppure a chiedere aiuto per un problema urgente e in eventi drammatici che coinvolgono la vita dei figli. Molte sono madri disperate e frequente è il racconto di ‘miracoli’, che hanno coinvolto i figli. Alcune vanno per risolvere un problema personale e per tutte è un’occasione per “ritrovare se stesse”. Alla fine l’autrice conclude che anche in questo pellegrinaggio si può parlare di una “rete di donne che sono legate da relazioni amicali e parentali e che dopo una “risocializzazione” da adulte compiono insieme il pellegrinaggio tra loro senza coinvolgere(ma non escludendoli) i loro mariti.

Procedendo nella lettura della descrizione del pellegrinaggio notturno, si rimane colpiti da un particolare coinvolgimento del corpo, che ha un ruolo notevole in questo cammino comune di migliaia di persone da mezzanotte all’alba; l’autrice sottolinea che un tale aspetto, da un lato relaziona questa religiosità a quella monastica orientale, dall’altro mette bene in evidenza la natura calda della spiritualità femminile, che è forte anche fisicamente, quando è sentita nell’anima e che nel pellegrinaggio può esprimersi pubblicamente.

Molto interessanti sono le pagine dedicate alle immigrate: africane, americane, asiatiche, dell’Est europeo, piccoli gruppi di donne etiopi, eritree, capoverdiane, alcune a piedi nudi, che danno all’esperienza un significato corale, un’esperienza di solidarietà al femminile, dicendo di Maria: -”Una donna che ha avuto questa sofferenza così immensa può capire la sofferenza di un’altra donna”. Copti e musulmani festeggiano al santuario romano la loro Madonna del Divin Amore, a cui, ad esempio, in Egitto è dedicata la Cattedrale di Assub, per cui l’autrice afferma che per l’emigrato lontano la patria è il santuario. Le richieste più frequenti di queste cittadine straniere sono: trovare un lavoro, lo studio per i figli, la fede, una parrocchia per “noi”, la pace. Per tutto il percorso notturno cantano inni alla Madonna nella loro lingua.

Anche la popolazione zingara ha il santuario come punto di riferimento e ogni anno passa una giornata di spiritualità organizzata da don Nicolini, responsabile degli zingari a Roma. Sono quasi tutte donne di etnia bosniaca e pregano anche per avere un container, in cui vivere, o risiedere in un campo nomadi attrezzato, o perché i mariti abbiano un lavoro e i figli la salute. Il 2 aprile 2000 si è svolto in questo santuario il giubileo degli zingari: lo stendardo era quello dei Sinti e raffigurava un uomo vicino ad un cavallo bianco, il beato Zeffirino Jimenes Malla, ucciso in Spagna nell’agosto del 1936.

La storia di Castel di Leva e del santuario- Un altro aspetto del testo da sottolineare è costituito dalla ricostruzione storica del luogo, dove poi è stato innalzato il santuario: un pezzo di storia della chiesa e della società, basata su alcune famiglie potenti, che si impossessavano dei territori attraverso vendite, guerre e bolle papali. Ma anche il racconto di un voto dei romani alla Madonna in un giorno particolare per Roma: 4 giugno 1944, nella stessa ora, in cui venne revocato l’ordine di resistenza e i tedeschi lasciarono la capitale agli alleati, evitando la distruzione. All’interno di questa cornice storica ufficiale l’autrice ricostruisce la narrazione intorno all’anonima immagine della Madonna del Divino Amore e qui sono i pastori, gli eremiti e gli ultimi della società a diventare protagonisti. Ieri come oggi. Spinti dal bisogno di sfondare la notte.

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Carmelina Chiara Canta

'Sfondare la notte'

Franco Angeli, 2004 , euro 22

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