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Un 'patto di genere'?.... sono perplessa, anzi non ci credo

Un 'patto di genere'?.... sono perplessa, anzi non ci credo

Dopo l'incontro di Milano del 14 aprile, un commento. "Spero che gli SNOQ riescano a trovare la formula magica per risolvere il problema. Io, pur essendo strega, proprio non ci riesco…."

Domenica, 15/04/2012 - Sabato 14 aprile 2012, a Milano, incontro nazionale SNOQ. Hanno parlato di RAPPRESENTANZA. Hanno anche precisato l’esigenza di un “patto di genere, aperto, pluralista, trasversale” (Marina Terragni).

A me piace il movimento SNOQ. E mi piace Marina. Ma il “patto di genere” (che sosterrei ben volentieri) mi lascia perplessa. Non per la definizione in sé, non per le intenzioni di Marina o degli SNOQ, ma perché contro questa sedicente apertura trasversale delle donne…. ci sto sbattendo il naso ogni santo giorno.

Ora: nella mia infanzia ho creduto a Babbo Natale, alla Befana, a Pinocchio, ai sette nani e pure all’asino che vola. Ma all’età di circa sette anni, ho capito la differenza tra favola e realtà.

E oggi più che mai, a questa favola dell’apertura, collaborazione, cooperazione o pinco pallino si voglia chiamarla…. no, non ci credo.

Credo nell’esigenza assoluta ed impellente della “rappresentanza”, ma non credo nella fattibilità dei “patti di genere”. Per cui? Vedo un cane che si morde la coda….

Quale potrà essere la formula magica che farà unire le donne in un patto, superando la competitività, la sindrome da numero uno, la tara del “taci perché c’ero prima io”?

Di donne che agiscono con concretezza per la causa della rappresentanza ce ne sono, eccome. Ma poche. E queste poche non bastano per trasformare la favola in realtà.

In qualche mio post precedente ho sostenuto che la “sorellanza” esiste. Ma devo precisare:

- credo nella “sorellanza” come fenomeno che accomuna le donne nel momento del bisogno di condivisione emotiva: di fronte ad un lutto-mancanza, di fronte a problemi del quotidiano, di fronte a necessità di sostegno psicologico;

- non credo nell’apertura tra donne in situazioni poco poetiche e molto prosaiche, quali politica e potere in senso lato. Perché lì scatta appunto la sindrome da number one.

In pratica:

- La “sorellanza” è un FATTORE INNATO (da dna) perché è dovuto alla nostra naturale indole alla condivisione emotiva;

- Il c.d. “patto di genere” sarebbe invece un FATTORE ACQUISITO per esigenze di contesto politico, di potere (spazi destinati storicamente all’uomo).

E alle donne, da sempre, riescono meglio le situazioni innate, rispetto a quelle acquisite. Purtroppo.

Comunque, spero che gli SNOQ riescano a trovare la formula magica per risolvere il problema.

Io, pur essendo strega, proprio non ci riesco….

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