Tabù - “Il cinismo è la sola forma sotto la quale le anime volgari rasentano l’onestà” Fredrich Nietzesche
Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Mia figlia di sei anni dice: "Tieni mamma, te la regalo, tanto ne ho un sacco". I bambini sono integri. Egoisti, scostumati, conoscono l’essenziale. Sanno perfettamente cosa gli fa bene e cosa no. Per loro, piacere e gioia, sofferenza e capricci sono un unico enorme, sbadiglio sulla vita. Tra gli adulti il tempo è prezioso e l’energia per l’esplorazione poca . Ciechi e muti, incaselliamo la vita, appiccicando una etichetta su tutto. Il dubbio costa fatica e sforzo. L’intelletto è pigro e la giornata troppo stipata e complessa per fermarci ad ascoltare. Saltiamo su un binario e via, sulla linea tracciata dall’editore, sulla morale decisa dalla chiesa, sulla battaglia ingaggiata dall’ideologia . Smettiamo di pensare e lasciamo il coraggio all’ipocrisia. Pena l’uscita planetaria dall’orticello del politically correct. Come asini intelligenti, dotati di “impianto” e “capacità di interpretazione”, affrontiamo la Storia come una emozione metafisica. Perfetta e pura. Intoccabile e vincente, protetta dallo scudo della scienza e del metodo; delle lobbies e del potere. Ma ogni tanto anche la scienza scricchiola e qualche paradigma cade, o per dirla con Kuhn e Popper, viene sostituito da uno nuovo che per imporsi ha combattuto, passando al vaglio dei controlli e degli attacchi, scavalcando gogne e censure, percorrendo studi e verifiche, in quel confronto leale e faticoso che in un paese di adulti dovrebbe lasciare aperta la porta alla critica e al dibattito, anche se scomodo e doloroso. Anche se inutile per i propri fini, o per la propria cattedra universitaria , o per il proprio ruolo in un giornale o per quel “particulare” di cui scriveva Guicciardini. Sponsor politici, organizzazioni religiose, gruppi finanziari, o camarille universitarie, sono più sacri della ricerca. Perché “Parigi val bene una messa” e il compromesso è il gioco degli adulti. Ma la Storia la scrivono i vincitori e la cronaca, chi ha in mano le leve del potere. La comunità scientifica sperimenta e quel che esce dai laboratori è pasto per lupi, che si azzannano o tacciono, chiudendo i sensi, come le tre scimmiette. E allora smettiamo di giocare e proviamo a metterci la faccia. Anche se l’etichetta che ci affibbiano non rispecchia che il pensiero di chi la usa. Anche se per “toccare la Storia” rischiamo di essere impallinati e additati col peggiore degli epiteti. Quello di chi “nega” e perciò stesso “tradisce”, al pari di Giuda. Nome omen dicevano i latini, prima di conoscere le nostre sfilze di doppioni, slogan per chi esce fuori dal coro. Ideologie, “ismi”, etichette, appiccicate l’una all’altra come le figurine nei giochi tra bambini. Non so a cosa pensi mia figlia quando perde il controllo su una piccola proprietà e a malincuore è costretta a separarsene. Ma so quale gioia prova quando, dalla sua collezione di incertezze, estrae una figurina, uguale a molte altre e come una regina dice: “Tieni mamma, te la regalo, tanto ne ho un sacco”.
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