Benedetto XVI addio - Ratzinger è stato il Papa delle ‘occasioni mancate’. Ora la speranza è di avere una Chiesa cattolica non più ‘agenzia etica’
Stefania Friggeri Domenica, 03/03/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2013
Joseph Ratzinger si è dimesso, così si sono espressi i media. E ancora una volta è apparsa in tutta evidenza la suggestione sotterranea del linguaggio mediatico che apparentemente si limita ad informare ma in realtà influenza l’emotività e l’immaginazione, condiziona l’opinione pubblica. In questo caso, ad esempio, il Papa non si è dimesso, ma ha abdicato. Perché “ha abdicato”? ha abdicato perché ancora oggi il Papa ricopre la carica di sovrano assoluto, una carica che, se era organica alla società europea fino al 1700, appare disomogenea e priva di coerenza oggi, nell’Occidente globalizzato del XXI secolo. Il sovrano assoluto infatti è al vertice di una piramide che vuol dire gerarchia, obbedienza, ordine, insomma paternalismo. E infatti dal papato giunge severo il richiamo all’osservanza dei principi; anzi con l’ossessione per i “principi non negoziabili” il magistero si è ridotto ad ‘agenzia etica’. “Smarrite le tracce del sacro, attenuata con l’incarnazione la trascendenza di Dio, il cristianesimo si è ridotto ad ‘agenzia etica’ e perciò si pronuncia sulla morale sessuale, sulla contraccezione, sulla fecondazione assistita, sull’aborto, sul divorzio, sul fine vita, sulla scuola pubblica e privata e in generale su argomenti che ogni società civile può affrontare e risolvere da sé.” Parole di Umberto Galimberti che in “Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto” afferma che la rimozione del sacro (il cielo vuoto) comporta l’assolutizzazione della ragione. E non a caso Ratzinger si è molto speso per trovare nella ragione argomenti a conforto della fede, immemore di Gregorio Magno secondo il quale “la fede non ha merito se è sostenuta da dimostrazione razionale” (affermazione condivisibile se non altro per l’ineffabilità di Dio, ovvero per l’incapacità del linguaggio umano ad esprimersi adeguatamente su Dio). Ed inoltre l’insistere sulla complementarietà fede-ragione non tiene conto che per i fedeli, sofferenti per la precarietà dell’esistenza e in cerca di forme rassicuranti di protezione, il linguaggio del Vangelo è più familiare del linguaggio metafisico dei filosofi greci. Studioso e filosofo, questo sembra in effetti il carattere identificativo di Papa Ratzinger al quale infatti hanno creato molta preoccupazione e fastidio le beghe e gli intrighi curiali. Eppure Ratzinger, ai vertici del potere durante il lungo pontificato di Wojtyla, era ben consapevole sia del clima e dei problemi presenti all’interno delle mura leonine, sia delle difficoltà e del peso che l’attendevano. In ogni caso la comprensione verso le sofferenze dell’uomo non possono far dimenticare “gli errori e le occasioni mancate” (Politi): ha condannato i preti pedofili ma non ha ordinato ai vescovi di denunciarli né di aprire gli archivi; a Ratisbona ha citato un testo offensivo per l’Islam accendendo un brutto scontro a livello internazionale; non ha saputo imporre la trasparenza alle finanze vaticane; ad Auschwitz ha ridotto il nazismo ad “una banda di criminali”; in Africa ha dichiarato che il preservativo diffonde l’Aids; ha ricevuto e benedetto l’ugandese Rebecca Kadaga che caldeggia la pena di morte per i gay; ha tolto la scomunica ai vescovi lefebvriani, fra cui antisemiti e negatori dell’Olocausto; ha trascurato i temi dell’ecumenismo e della collegialità in nome del primato di Roma. Anche sulla figura della donna Ratzinger è stato conservatore, ma il suo gesto - le ‘dimissioni’ - eccezionalmente grave può condurre la Chiesa cattolica sulla strada della modernità. Dove però deve incamminarsi nell’orizzonte aperto e fiducioso del dialogo e della ricerca di condivisione con l’Altro. Infatti il progresso inverosimile della scienza e della tecnica ha posto ormai l’umanità di fronte a domande non solo inedite ma anche drammatiche perché il potere che l’uomo ha contratto sulla natura è oggi smisuratamente superiore al potere dell’uomo di “prevedere” e “governare” un processo che si autoalimenta, un processo regolato sull’efficienza e la funzionalità, non sulle esigenze umane. E con enormi conseguenze sul piano antropologico. Dice infatti Emanuele Severino: “La più temibile obiezione contro Dio è costituita oggi per il credente non tanto dalla filosofia, dal sapere, dalle parole, ma dall’’agire’ umano, innanzitutto da quello tecnologico”. E dunque, ragionando per esempio sulla procreazione assistita, ci auguriamo che la predicazione alta del magistero, ascoltando anche la voce dei laici, abbandoni la sua visione non solo pregiudizialmente refrattaria verso la modernità ma anche insensibile verso i bisogni profondi dell’universo femminile. Come ancora avviene oggi, quando la fecondazione eterologa viene trattata quasi fosse il tradimento del partner.
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