Maristella Lippolis Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006
Lombardia 1/ Un Osservatorio sulle discriminazioni di genere
Ha ormai oltre un anno di vita l'Osservatorio sulle discriminazioni di genere attivato dalle Consigliere regionali della Lombardia, Bianca Giorcelli e Alessandra Bassan. E' possibile quindi cominciare a fare un primo bilancio, pur nella salvaguardia dei cosiddetti dati sensibili sia per le aziende che per le lavoratrici interessate. Riferendoci al 2005, l'Osservatorio ha rilevato quindici nuove segnalazioni di presunta discriminazione collettiva, che chiamano in causa grandi aziende lombarde. Ricordiamo che le discriminazioni collettive sono definite così dalla legge 125 del 1991, e attengono a particolari modalità di organizzazione del lavoro che producono effetti pregiudizievoli sulle donne occupate. Contro questi comportamenti aziendali possono far ricorso al giudice le Consigliere di parità regionali, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici lese dalle discriminazioni. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni, ordina un piano di rimozione assegnando un termine, e in caso di mancata ottemperanza alla sentenza si applica il codice penale. In Lombardia la maggior parte delle segnalazioni ha riguardato aziende con più di 100 dipendenti, tenute quindi a compilare ed a inviare il Rapporto sul Personale all’Ufficio della Consigliera Regionale di parità ogni due anni. La consultazione dei rapporti è stata di vitale importanza per comprendere le politiche del personale attuate dalle singole aziende. In tutti questi casi la Consigliera di Parità ha interpellato e convocato anche le rappresentanze sindacali e, laddove esisteva, il Comitato di Pari Opportunità. Per quanto invece concerne il tipo di discriminazioni segnalate, queste riguardano prevalentemente discriminazioni nel periodo della maternità (rientro dalla maternità, congedi obbligatori o facoltativi, mancata concessione del part-time, ecc.). Si tratta purtroppo di una ulteriore conferma di quanto già sappiamo, e cioè che le difficoltà maggiori che le lavoratrici incontrano in ambito lavorativo sono legate al loro stato di madri, in barba a tutta la retorica sul sostegno alla maternità e sulla necessità di incrementare le nascite! Inoltre, è stato rilevato che diventare madre per una lavoratrice oltre ad incidere negativamente sulla progressione di carriera, è anche causa molto spesso dei licenziamenti e può infine creare casi di mobbing o molestie.
Altra considerazione importante riguarda l'utilizzo del part - time: nonostante le campagne mediatiche sulla bontà di questo tipo di contratto per favorire la conciliazione, è bene chiarire che non esiste un diritto ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo part-time, a meno che tale diritto non sia previsto nel contratto di lavoro. Proprio in considerazione di ciò le Consigliere di Parità della Lombardia cercano di supportare le lavoratrici madri, che chiedono una modifica del proprio orario di lavoro, contattando direttamente le aziende per ottenere un diverso e più flessibile orario lavorativo. E’ infatti prassi della Consigliera convocare il Responsabile del personale delle singole aziende per ribadire che il part-time costituisce di per sé una condizione indispensabile per conciliare la vita familiare con la vita lavorativa e come ciò sia previsto anche dalla legge 53/2000. Un altro elemento che compare dall’analisi delle schede sulle aziende oggetto di indagine, è che il Comitato di Pari Opportunità interno esiste solo in una delle aziende interessate e questo dato costituisce di per sé un fattore negativo soprattutto se si considera che in molte di queste aziende la sua costituzione è prevista da contratto.
(25 agosto 2006)
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