Un nuovo ordine generale. Perchè a partire dal lavoro? - di Vanna Palumbo
... il cambiamento in atto va ben al di la del merito delle questioni... Ecco perchè le proposte del Governo sul lavoro mettono in discussione i principi della Costituzione
Lunedi, 02/04/2012 - Altro che lamentazioni sull’ineducazione degli italiani alle riforme. Qui è in atto una mutazione!
“Tutti ci stiamo trasformando in tecnici della crisi che traversiamo: strani bipedi in mutazione, sensibili ad ogni curva economica e non alle curve dell’animo” ammoniva qualche giorno fa Barbara Spinelli dalle colonne di Repubblica, invitando a riflettere sulle nostre 'mutazioni' di individui sociali (in asociali?). C’è la globalizzazione e c'è la crisi, si dirà, ed alla generale trasformazione, magari originata migliaia di chilometri lontano, niente e nessuno può sottrarsi (esenti banche e finanza!). Accade però che quanto si muove (o si agita) nel nostro Paese scuota gli intelletti allenati al pensiero e, sensatamente, preoccupi. E non poco! Perché, il cambiamento in atto va ben al di la del merito delle questioni. Attiene, a guardar bene, ad un nuovo ordine generale che si vorrebbe dare alle cose, 'a prescindere' dalle regole che allo stesso ordine presiedono. E' il caso della riforma del mercato del lavoro e del Governo che ne è artefice. Ed è il caso del suo rapporto con la legge fondamentale della nostra comunità statuale: la Costituzione. Provvidenziale, allora, pur rischiando di apparire pedanti, richiamare all'attenzione della pubblica opinione che la fonte primaria di ogni ordinamento parte proprio dalla valorizzazione del Lavoro, che della Repubblica, nata con la caduta del fascismo e dopo il secondo conflitto mondiale, è ritenuto esplicitamente principio fondante! “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” è, come davvero sanno anche i bambini, il primo ed il più importante dei 139 articoli che compongono il testo della Carta del '48. E, nella gerarchia delle fonti (normative), da essa discendono tutte le altre leggi. Che certo non possono con essa confliggere.
Ecco perché la 'mutazione' operata dal governo con la riforma del mercato del lavoro – cui sì è subito opposta la sola Cgil, seguita, a ben riflettere, dalle altre sigle sindacali - ha fatto insorgere sindacalisti storici, esperti, esponenti della politica, della cultura. Persino giornalisti!
A colpire per nettezza e coerenza logica, è stato il pensiero espresso da Pierre Carniti, segretario generale della Cisl dal '79 all'85, che, tornato appassionatamente interlocutore ed analista della materia, ha denunciato, senza perifrasi, la 'rottura del patto costituzionale” consumata col mancato accordo governo-parti sociali. Il decano della cultura del lavoro, con autorevolezza e competenza storiche, ha svelato “l'incertezza nell'uso della democrazia” di premier e ministro del Lavoro: “E' sembrata assai eccentrica la nozione che il premier manifesta della dialettica sociale e sintesi politica” ha specificato Carniti evocando, a proposito, l'articolo 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.
A una misurabile distanza politico-culturale dal primo, ma comunque animato da sano riflesso democratico, è intervenuto nelle stesse ore l'ex ministro del Lavoro ('87-'89), Rino Formica, a vergare per Il Foglio una lettera che denuncia la discrasia fra le costituzioni italiana ed europea: “Un socialista che sia figlio dello spirito razionale dell'uguaglianza, non piange sulla fine della concertazione... Un socialista però sa che questa roba di cui si annuncia la fine è nei fondamentali ideologici della Carta costituzionale”. Fondata sul lavoro quella italiana e sulla tutela dei mercati quella europea, “le due costituzioni - osserva Formica - sono in rotta di collisione”. E il link scatta immediatamente alla riforma del mercato del lavoro: “le decisioni del Governo Monti in materia di stato sociale sono coerenti con la linea Trichet-Draghi, ma non sono in armonia con la nostra Carta costituzionale” è sbottato Formica. Per sancire infine l’amara conclusione: “la costituzionalizzazione del principio della prevalenza assoluta sulla legislazione nazionale dell'ordinamento giuridico europeo...annuncia la fine della Costituzione italiana fondata sul lavoro!”.
Lascia un Commento