E' appena uscito, per i tipi di Marsilio editore, l'ultimo testo di Alberto Casadei, Ariosto: i metodi ed i mondi possibili.
L'Autore è docente di Letteratura Italiana all'Università di Pisa.
Ha scritto parecchi testi intorno a tematiche inerenti il XIV ed il XVI secolo e, d'altro canto, di poesia e narrativa contemporanea.
Molti dei suoi studi riguardano Ludovico Ariosto, di cui quest'anno a Ferrara, si celebrano i 500 anni dall'edizione princeps del suo capolavoro, l'Orlando Furioso, risalente al 1516, con vari eventi ed una mostra davvero di alto livello a Palazzo dei Diamanti, dal titolo Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, piena di capolavori artistico - pittorici coevi, da Mantegna al cognato, Giovanni Bellini a Mantegna, da Dosso Dossi a Raffaello, da Leonardo a Michelangelo e Tiziano in parete fino all'8 gennaio 2017.
Nei secoli c'è stato un cambio di interpretazione del lavoro ariostesco davvero bouleversant, e per più di una volta.
Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso Italo Calvino lo vedeva semeioticamente diverso, 'riducendolo' in prosa, Luca Ronconi (molti ne ricorderanno la meravigliosa versione teatrale) ed il critico Edoardo Sanguineti ne spezzavano l'armonia, addirittura, ribaltandola - sceneggiandolo per la Tv negli anni Settanta.
Ora lo si 'ri-osserva' come fantasy - dice Casadei (con le sue figurazioni come
l' Ippogrifo, i viaggi di Astolfo sulla luna) - ma, per dirla con Leibniz, l'aspetto fantastico è confrontato con il ruolo reale, diretto e forse sgradevole di Ariosto, allora governatore della Garfagnana, dunque condizione di vera, autentica quotidianità...estense, vita reale, nel bene e nel male.
Ironia applicata al leibniziano mondo possibile fu enfin quella di Ariosto, fantasticamente vera o....veramente fantastica!
La critica di De Sanctis e Croce, tra fine Ottocento e primi Novecento, aveva sintetizzato l'archetipo delle opere, c'era idea forte su ciò che dovevano essere i testi: al giorno d'oggi noi stratifichiamo, sminuzziamo, trituriamo addirittura i testi - vedi Contini, Blasucci.
Ma, forse, è la nostalgia di sintetismo l'elemento fondante e 'rassicurante' del Furioso come poema-armonia, pur se sussistono fratture che l'idea di fondo dello stesso lascia trapelare: in ciò - sottolinea il critico - è la sua Modernità che si rileva anche formalmente e simmetricamente, a livello stilistico, nel verso da lui prescelto, insieme con la sua armonia, quello dell'Ottava.
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