Da uomo a uomo - L'iniziativa di Maschile Plurale è un'assunzione di responsabilità in quanto genere maschile
Bartolini Tiziana Martedi, 29/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009
Il primo decennio del terzo millennio, che con la fine del 2009 volge alla conclusione, qualche novità la fa intravedere. Intanto c’è una ripresa di dibattito pubblico che, a partire dalla rappresentazione dell’immagine femminile nei media fino ad arrivare alle analisi sulla effettiva condizione delle donne oggi in Italia, ci riguarda molto da vicino e ci sollecita a rinnovare pensieri e sguardi di genere sul nostro tempo. Poi c’è un po’ di stampa e di televisione che hanno aperto redazioni e palinsesti a tematiche e idee insolite per i loro ‘tradizionali’ contesti. Beninteso, si tratta di avamposti nel deserto sconfinato del sistema mediatico, ma consola il fatto che l’effetto propagazione può essere illimitato. Sta a noi cercare di massimizzare i benefici che quei messaggi possono innescare, anche approfittando di episodi casuali. Infatti non era certo nelle intenzioni di Berlusconi incendiare una miccia con quel suo ‘più bella che intelligente’ rivolto all’Onorevole Rosi Bindi in diretta tv, ma è successo che la perfetta risposta ‘non sono una donna a sua disposizione’ della vice presidente della Camera - oggi anche presidente del Partito Democratico - abbia fatto da detonatore. Le donne si sono riconosciute nella risposta della Bindi ed è scattata una ribellione unanime contro un potere maschile che ostenta la sua misoginia e che esibisce le donne come trofei dopo la caccia nella Savana. Altro fatto di notevole rilevanza è la prima manifestazione nazionale indetta da uomini in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne promossa dalle Nazioni Unite. Riportiamo il testo integrale della lettera ‘Da uomo a uomo’, manifesto pubblico con cui Maschileplurale si presenta e che ha diffuso il 21 novembre a Roma nel corso della manifestazione. Al di là dell’impatto numerico, è impossibile non sottolineare la sua valenza simbolica. Poi, entrando nel merito delle argomentazioni, notiamo che i firmatari precisano che il loro gesto non è ‘un atto di solidarietà con le donne, ma un’iniziativa di responsabilità individuale e collettiva’, dunque è un atto al quale intendono dare piena valenza politica. E’ una assunzione di responsabilità in quanto genere maschile, che non si ferma alla denuncia ma che si spinge oltre. Arriva a riconoscere che ‘occorre creare un'altra civiltà di relazioni tra persone’. E in questa prospettiva hanno iniziato a fare la loro parte, incontrandosi e confrontandosi a partire dal 2007 con non poche difficoltà, visto che Maschileplurale si compone di gruppi attivi in varie città. Non sarà stato facile per loro, probabilmente, trovare delle sintesi e perciò l’approdo del 21 novembre e della lettera aperta è da valorizzare. E da accogliere come segno dei tempi. In questo primo decennio del terzo millennio capita anche questo, che ci siano uomini con la ‘schiena dritta’ che dicono ad altri uomini di non essere interessati a consumare i corpi e le relazioni come al fast food, che preferiscono la libertà al potere. E’ una bella parola, ‘libertà’, di cui dobbiamo riappropriarci, uomini e donne, epurandola dalle distorsioni che la attraversano e che la inquinano con declinazioni di comodo.
Da uomo a uomo
Lettera aperta di Maschileplurale
Sono un uomo e vedo la violenza maschile intorno a me. Vedo anche, però, il desiderio di cambiamento di molti uomini. Scelgo di guardare in faccia quella violenza e di ascoltare quel desiderio di cambiamento. So che quel desiderio è una risorsa per sradicare quella violenza. Di fronte alle storie di mariti che chiudono le mogli in casa o le ammazzano di botte, di fidanzati che uccidono per gelosia le proprie ragazze, di uomini che aggrediscono o stuprano donne in un parco o in un garage, non penso “Sono matti, ubriachi o magari i soliti immigrati !”, non mi viene da dire: “Quella se l’è cercata!”. Tutto questo mi riguarda, ci riguarda. Quando sento giudicare gli immigrati come una minaccia alle “nostre donne” ricordo che la violenza contro le donne non nasce nelle strade buie, ma all’interno delle nostre case, ed è opera di tanti uomini, italiani e non, che picchiano e uccidono le “proprie” donne. Quando osservo l’ironia, il disprezzo, la discriminazione che precedono la violenza contro lesbiche e gay non penso: “Facciano quel che gli pare, ma a casa loro”. So che mi riguarda, ci riguarda: quell’ironia e quel disprezzo li conosco fin da piccolo, sono una minaccia per chi non si comporta “da uomo”. La libertà di amare chi vogliamo e come vogliamo o è di tutti o non è di nessuno. Quando penso alle donne, spesso straniere costrette a prostituirsi, prive di diritti, alla ricerca di difficili vie di uscita, non penso che “rovinano il decoro delle città”. Vedo nella loro vita l’effetto di un razzismo che avanza. La prostituzione, scelta o obbligata, parla innanzitutto dei nove milioni di clienti italiani e della sessualità maschile ridotta alla miseria dello sfogo e del consumo. Credo che la violenza contro omosessuali e trans, la diffusa richiesta di ordine e sicurezza, la crescente ondata di disumanizzazione dei migranti, il razzismo, l’ egoismo dilagante, abbiano a che fare con le relazioni tra i sessi: la paura e il disprezzo verso le differenze sono una tossina che avvelena la nostra società. Ogni giorno sento il richiamo verso ogni uomo ad essere complice di questa cultura di aderire all’ideologia della mascolinità tradizionale. Sono stanco della retorica della patria, del nemico e dell’onore, della virilità muscolare e arrogante. Quando assisto dell’ostentazione di chi usa soldi e potere per disporre delle donne, sento che quell’ostentazione è misera, squallida ed anche triste. Sono secoli che gli uomini comprano, impongono, ricattano e scambiano sesso per un posto di lavoro o per denaro. La novità sta nel vantarsene strizzando l’occhio agli altri uomini in cerca di complicità. Non ci stiamo, e non per invidia o moralismo. Non ci interessa l’alternativa tra il consumo del corpo delle donne o l’autocontrollo perbenista. Al potere preferiamo la libertà, la libertà di incontrare il desiderio libero delle donne, ed eventualmente il loro rifiuto. Quando il disprezzo per le donne, l’ostentazione del potere e le minacce contro i gay e gli stranieri diventano modelli di virilità da usare a scopi politici, capisco e sento che devo e dobbiamo reagire: come uomini prima ancora che come cittadini. Sentiamo la responsabilità di impegnarci, come uomini, contro la violenza che attraversa la nostra società e le nostre relazioni. Non vogliamo limitarci alle “buone maniere” e al “politicamente corretto”. Non ci sentiamo “protettori” né “liberatori”. Sappiamo che le donne non sono affatto “deboli”. La loro libertà, la loro autonomia, nel lavoro, nelle scelte di vita, nella sessualità, non sono una minaccia per noi uomini e nemmeno una concessione da far loro per dovere. Sono un’opportunità per vivere insieme una vita più libera e ricca. Non ci basta dire che siamo contro la violenza maschile sulle donne. Desideriamo e crediamo in un’altra civiltà delle relazioni tra persone, una diversa qualità di vita, libera dalla paura e dal dominio. Vogliamo vivere una sessualità che sia altro dalla conferma della propria virilità e del proprio potere. Molti uomini hanno finora vissuto questo cambiamento individualmente, cercando un modo nuovo di essere padre, una diversa relazione con la propria compagna, un modo diverso di stare con gli altri uomini, un rapporto diverso con il lavoro. Questa ricerca è però rimasta solitaria e invisibile, senza parole. Vogliamo esprimerci in prima persona, vogliamo che il desiderio di libertà e di cambiamento di migliaia di uomini diventi un fatto collettivo, visibile, capace di parlare ad altri uomini.
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