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Un NO che vale una democrazia

Un NO che vale una democrazia

Referendum costituzionale/1 - Intervista a Giuditta Brunelli, docente di Istituzioni del diritto pubblico

Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2006

Docente di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Ferrara, la prof.ssa Giuditta Brunelli spiega le motivazioni che la spingono a suggerire un rifiuto alla riforma costituzionale per la quale è stato indetto il referendum il 25 e 26 giugno 2006.

Quali i motivi fondanti del no al Referendum?
La Costituzione stabilisce le regole del gioco della politica. A nessuna forza politica deve essere consentito di cambiarle da sola altrimenti ne vanno di mezzo le garanzie della nostra democrazia e dei nostri diritti. La prima contestazione è di ordine metodologico perché l’articolo 138 della Costituzione permette di revisionare la stessa in alcuni punti, non di riscriverne intere parti. In questo caso è stato effettuato un uso improprio di tale articolo, riscrivendo l’intera parte seconda della Costituzione stessa. Inoltre le modifiche sono state interamente gestite dalla maggioranza. Quando si affronta una revisione è necessaria una larga condivisione delle regole generali che garantiscano sia la maggioranza sia la minoranza.

I sostenitori della riforma costituzionale sostengono che è stata toccata solo la parte seconda (quella dei poteri) e non la parte prima (quella dei diritti fondamentali). Cosa risponde a questa osservazione?
Non condivido questa opinione, perché la Costituzione è un tutt’uno e la parte organizzativa è finalizzata a mettere in pratica la parte prima dei diritti. Riscrivere l’intera parte seconda porta inevitabilmente ad incidere anche sulla prima. Inoltre la revisione della parte seconda ha portato ad uno svuotamento dei poteri del Capo dello Stato e della Corte Costituzionale e ad un rafforzamento del potere del Primo Ministro. Di fatto si assiste ad un rafforzamento dei poteri governativi senza che vengano salvaguardati i contrappesi garantisti e questo potrebbe incidere su quelle libertà di cui si parlava.

Come lei, molti sono gli esperti che ne rilevano l’incoerenza con i principi del costituzionalismo moderno, la singolarità di una “forma di governo unica al mondo basata sulla dittatura elettiva di un uomo solo”, e ne denunciano i rischi per i diritti costituzionali (www.referendumcostituzionale.org). Che ne pensa?
La riforma, per la quale siamo chiamate/i ad esprimerci con il referendum del 25 e 26 giugno non pone le basi per la costruzione di un moderno Stato federale. Al contrario, apre una grande questione democratica e minaccia l’unità del Paese. Mescola contraddittoriamente derive secessioniste e rivincite centraliste. In questo referendum non è previsto il quorum, pertanto la maggioranza di chi avrà votato deciderà le sorti della consultazione ed è importante che il NO sia sonoro. Mi auguro che siano in tante e tanti a rifiutare questa riforma.

GIUDITTA BRUNELLI Insegna Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Ferrara ed è autrice di numerosi studi di diritto costituzionale.
Nel 2006 ha pubblicato “Donne e politica” (ed Il Mulino), nel quale l’autrice si interroga sui temi della partecipazione femminile alla vita politica. Offre un quadro - anche in chiave comparata - del cammino compiuto per superare la discriminazione giuridica delle donne; esamina le cose fatte e quelle ancora da fare; discute l’atteggiamento dei partiti e illustra gli orientamenti dell’Unione europea in materia. Infine, a partire dalla conquista del voto fino alla vicenda delle quote «rosa» nelle liste elettorali, mostra come anche rimuovendo gli ostacoli normativi ne restino altri di natura sociale e culturale. Le sentenze della Corte costituzionale sono infatti indispensabili, ma non sufficienti a far raggiungere l’eguaglianza di genere.

(16 giugno 2006)

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