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Un modello da tutelare

Un modello da tutelare

Consultori - La legge regionale vigente si ispira a principi di uguaglianza, imparzialità e diritto di scelta. Cambiarla in favore del privato significa aprire le porte a favoritismi e classismi inaccettabili.

Cirinnà Monica Domenica, 05/06/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011

Da quasi un anno a Roma, e non solo, si dibatte fortemente sul tema dei consultori. Nel maggio del 2010 l'attuale maggioranza che governa la nostra Regione ha presentato una proposta di legge di riforma - la cosiddetta “legge Tarzia” - che riscrive il loro ruolo e le loro funzioni, e che punta a demolire il modello di consultorio tradizionale. Da allora, la discussione generale è stata segnata da posizioni estremamente radicalizzate, e la “legge Tarzia” si è arenata in consiglio regionale.

La Commissione delle Elette occupandosi di politiche femminili si è dedicata anche al tema dei consultori in questi anni, un tema delicato e molto sentito dal mondo femminile ma anche da quello maschile visto i servizi che offrono queste importanti strutture socio-sanitarie.

Recentemente si è impegnata, con successo, nel far avere un nuovo spazio alla Consulta Permanente dei Consultori Familiari all’interno della Casa Internazionale delle donne.

Come presidente della Commissione, credo che la Consulta dei Consultori sia un organismo di partecipazione molto importante per la nostra comunità, che ha ben lavorato nel corso degli anni - ricordo che fu istituita dal Comune di Roma nel 1994, durante la giunta Rutelli - e di cui le donne hanno bisogno. Nell'avanzare proposte agli organi comunali per garantire i diritti degli utenti dei consultori, ed esprimere pareri sulle politiche sociali, sanitarie, e sul bilancio, la Consulta afferma la sua vitalità ogni giorno. I consultori sono servizi pubblici, inclusivi di uno Stato laico, che hanno erogato le proprie prestazioni ispirandosi ai principi di uguaglianza, imparzialità e diritto di scelta per tanto tempo. Questo duro attacco ad una legge regionale (L.R. 15/76) che non solo ha sempre funzionato bene, ma ha anche anticipato le linee di indirizzo della riforma sanitaria che subito dopo venne varata (legge 833/78) è assolutamente immotivato, e credo sia ispirato da motivazioni poco nobili, non certo dalla volontà di tutelare la donna.

Il problema di riformare i consultori è entrato nell'agenda politica della maggioranza che governa la Regione Lazio con la stessa ispirazione che contraddistingue la destra in Campidoglio e la maggioranza che governa il nostro Paese: il tentativo di spostare fondi dal pubblico al privato - questo accade nella sanità come nella scuola e nella ricerca - è il tratto caratterizzante di una politica mirata a creare favoritismi, classismi, tipicamente censoria, e che strumentalizza tematiche delicate, in questo caso la vita e la salute della donna, in maniera meramente propagandistica.

La retorica della “difesa della vita”, il “valore primario della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio” (art. 1.1), che per una classe politica sembrano valere solo in alcuni casi, significa soltanto spostare l'interruzione volontaria di gravidanza - pratica espressamente autorizzata solo nelle strutture pubbliche e vietata in quelle private - nella clandestinità o significa riservarla alle donne che si possono permettere di pagare altre vie.

Credo che questa concezione della donna “incubatrice” non sia affatto buona per un paese civile, la maternità è una condizione psicologica e morale, prima che fisica. Diventare madri deve essere una scelta. E non è riscrivendo una legge in chiave moralistica che si fa il bene delle donne; nella “legge Tarzia” si parla di famiglia fondata sul matrimonio, ma scompaiono rispetto alla precedente legge alcune iniziative importanti come la possibilità che il consultorio intervenga nella prevenzione e nella terapia di malattie veneree, o iniziative di educazione sessuale, in particolare verso i giovani, da attuare anche in collaborazione con gli organi collegiali della scuola. Questa prepotenza spacciata per pietà non serve alla donna, non serve alla famiglia, né ad un ipotetico nascituro. È una riforma sbagliata, che produrrà complicazioni, favoritismi e che si preannuncia fortemente lesiva dei diritti individuali delle donne.



Intervista a Pina Adorno, Presidente della Consulta Cittadina Permanente dei Consultori Familiari



L’inaugurazione della nuova sede in Via della Penitenza 37, insieme alle consigliere della Commissione delle Elette del Comune di Roma Monica Cirinnà, Gemma Azuni e Lavinia Mennuni, rappresenta una tappa significativa. Perché?



Siamo molto contente di questo risultato. L’inaugurazione è avvenuta in occasione della Giornata Internazionale delle Donne, e grazie alla Commissione delle Elette ci è stato assegnato questo nuovo spazio in una data simbolica e in una sede simbolica. Siamo certe che sia di buon auspicio.

Saremo operative nella nuova sede entro qualche mese, e nel frattempo ci stiamo preparando per portare il nostro contributo alla città. Abbiamo in cantiere molte idee, per rilanciare i temi della salute della donna in senso ampio, per la formazione degli operatori, attraverso strumenti multimediali, la raccolta di documentazione, riviste, materiali informativi e culturali, video…



Con che spirito nasce e lavora la Consulta?



La Consulta nasce nel ‘94, con una delibera del Comune di Roma, su iniziativa di Luisa Laurelli. Precedentemente era già stato avviato un coordinamento dei consultori, che si riuniva mensilmente. Istituire la Consulta ha permesso il coinvolgimento dei territori, con la messa in rete dei 51 consultori presenti nel Comune di Roma e l’attivazione collettiva di competenze, linee guida e proposte ancora estremamente attuali e funzionali alla salute delle donne.



Cosa è cambiato da allora?



Con il passaggio dei consultori dal comune alle ASL sono cambiati gli assetti organizzativi quindi, pur mantenendo le funzioni sul territorio, ci siamo trovati inseriti in organigramma con diversi livelli decisionali, mentre prima il consultorio era un servizio organizzato dal basso. Negli anni ’70 e ‘80 la partecipazione dell’Assemblea delle donne alla vita dei consultori era molto forte ed era caratterizzata dalla presenza di utenti, rappresentanti di organismi femminili di partito, associazioni di quartiere che dialogavano con gli operatori e con i responsabili delle Asl. Nel tempo questa presenza si è affievolita, anche per i cambiamenti sociali in atto, ma su tematiche comuni le donne sono ancora attente e sensibili.



I Consultori familiari sono riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come modello di riferimento e di eccellenza. Qual è la posizione della Consulta in merito ad una eventuale riforma dei consultori?



Noi pensiamo che le buone leggi vadano applicate, più che riformate in termini peggiorativi. La legge del '76 è di straordinaria attualità; riformare i consultori (ad es. secondo la pdl Tarzia) significa andare “contro” ciò che si dice di voler difendere. Se si vogliono eliminare gli aborti non si possono ridurre gli spazi di prevenzione. Se si finanziano i consultori privati, si sottraggono risorse al servizio pubblico, che è l’unico veramente in grado di offrire garanzie ai cittadini, perché non “seleziona” l’utenza, ma risponde a tutti, senza distinzioni di posizione sociale, di religione, di razza, di sesso...



Quali iniziative future insieme alla Commissione delle Elette?



Abbiamo intenzione di lavorare a progetti comuni con la Commissione, e prendere iniziative che qualifichino sempre di più la Consulta come punto di riferimento per utenti, operatori e istituzioni in tema di salute e autodeterminazione delle donne.



La CONSULTA CITTADINA PERMANENTE DEI CONSULTORI FAMILIARI è un organismo di partecipazione istituito dal Comune di Roma con delibera n. 237 del 7 novembre 1994.

È composta da rappresentanti di associazioni femminili, femministe e di utenti aventi come finalità il diritto alla salute, da quattro operatori di consultori per ogni Asl romana - uno per ogni Distretto/Municipio - e da operatori di consultori privati convenzionati. La Consulta avanza proposte agli organi comunali tendenti a garantire il rispetto dei diritti degli utenti dei consultori ed esprime pareri sulle politiche sociali e sanitarie del Comune di Roma e sulle politiche di bilancio dei fondi destinati ai Consultori Familiari da parte degli Enti pubblici competenti.


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