Francesco Menditto, un magistrato in prima linea contro la violenza di genere
In una intervista televisiva il dott. Francesco Menditto si è mostrato particolarmente competente nel garantire idoneo sostegno alle vittime di violenza di genere
Giovedi, 30/05/2019 - La tragica vicenda che ha visto come protagonista Deborah Sciacquatori, al riguardo dell’uccisione del padre per difendere sé stessa, la madre e la nonna da una grave minaccia alla loro vita, ha offerto la possibilità di conoscere meglio il Procuratore della Repubblica di Tivoli, Francesco Menditto. Tiziana Panella lo ha intervistato, nell’ambito di una puntata di Tagadà in onda su La 7, chiedendogli le ragioni della scarcerazione della ragazza. Si è sentita rispondere che non ci fosse la necessità dei domiciliari perché, anche laddove si fosse proceduto a verificare la sussistenza di un eccesso colposo di legittima difesa, si era ritenuto, in base alla legge vigente che la difesa approntata da Deborah fosse proporzionata rispetto all’offesa messa in campo dal padre.
Allora la giornalista ha chiesto al magistrato se in questo caso giudiziario si fosse applicata la recente normativa in materia. Il dott. Menditto ha senza colpo ferire rimarcato che la nuova legge sulla legittima difesa non riguardava in nessun modo questa vicenda, perché tutela maggiormente chi viene aggredito in casa, ma non cambia nulla rispetto ad una persona che subisce una violenza continua in casa. In più aggiungendo una sua riflessione: “Si rende conto del paradosso di cui parliamo? Da ben tre anni stiamo lottando contro la violenza di genere, che vede morte e ferite quotidiane!”.
Tiziana Panella successivamente ha interrogato il Procuratore della Repubblica di Tivoli sulle responsabilità di una tragedia del genere ed il magistrato, dopo avere ricostruito le tappe dell’escalation della violenza familiare, ha risposto: “Siamo responsabili io, lei, molte persone. La responsabilità non è di Deborah né della madre né dell’uomo. C’è un contesto di omertà che colpisce. Forse non sempre le istituzioni sono vicine in questi casi e questo vale da Lampedusa a Bolzano. Non pensiate che questo accade solo a Monterotondo o solo nelle situazioni disagiate dove c’è un uomo alcoldipendente. Questo caso può capitare in centinaia migliaia di casi, in cui ci può essere un uomo esattamente uguale a me.”.
Di fronte a recenti sentenze che hanno sconcertato l’opinione pubblica, come ad esempio la decisione della Corte d’Appello di Ancona che ha definito una giovane donna troppo 'mascolina', poco attraente e poco credibile come vittima di uno stupro, ci si imbatte in un magistrato che da anni è impegnato in materia di violenza di genere, tanto da avere emanato lo scorso aprile specifiche Linee guida operative della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, in tema di protocolli investigativi e buone prassi per la Polizia Giudiziaria al riguardo dei reati di violenze di genere. Un magistrato che ha indubbiamente idee ben chiare sul proprio ruolo: “Uno dei principali doveri istituzionali che la Procura della Repubblica di Tivoli ritiene di perseguire, senza cedimenti, è quello della tutela dell’inalienabile diritto universale delle donne ad una esistenza libera dalla violenza. Per rendere concreta ed effettiva questa tutela è necessario che le porte dei nostri uffici siano sempre aperte all’ascolto delle donne che vi entrano per denunciare una qualsiasi forma di violenza: fisica, morale, sessuale, psicologica, economica.”.
Un impegno in prima linea nel contrasto alla violenza di genere, che il dott. Menditto aveva messo in campo già precedentemente, allorchè nel 2016 si era addivenuti alla firma di un Protocollo di Intesa tra ASL Roma 5, Procura della Repubblica presso Tribunale Tivoli, Ordine Psicologi del Lazio, Consiglio Ordine degli Avvocati di Tivoli e Camera Penale di Tivoli, mirato alla realizzazione di un “sistema integrato di protezione delle vittime di reato, in condizione di particolare vulnerabilità e di violenza di genere”. Protocollo che aveva consentito l’anno successivo l’apertura dello “Spazio Ascolto e Accoglienza vittime di reato, in condizione di particolare vulnerabilità e di violenza di genere”, primo nel suo genere in tutta Italia, attivato all’interno della Procura di Tivoli. Un risultato degno di nota, perchè frutto di un percorso d’ interazione istituzionale in grado di garantire alle vittime quell’approdo sicuro di cui hanno bisogno.
D’altronde il Procuratore della Repubblica di Tivoli nell’organizzazione dei suoi uffici giudiziari ha dimostrato sin dall’inizio che alle parole fa conseguire i fatti, come comprova un’intervista rilasciata nel 2016: “Abbiamo dei pubblici ministeri particolarmente specializzati, come Andrea Calice, Stefania Stefania e Gabriele Iuzzolino che si avvalgono di forze di polizia specializzate e psicologici. Inoltre come Procura stiamo lavorando insieme ad altri enti ad un progetto più complessivo, che ci consenta la formazione di personale specializzato ed anche una maggiore possibilità di intervento.”. Esplicite sono anche le posizioni del dott. Menditto relativamente ai sei mesi entro i quali debba effettuarsi la denuncia per un caso di violenza di genere, visto che ritiene che siano troppo pochi perché “come sa chi ha un minimo di esperienza, essa richiede un periodo di elaborazione lungo. In alcuni casi è possibile immediatamente denunciarlo, in altri casi – soprattutto quelli insidiosi dovuti a induzione – si richiede una lunga elaborazione da parte della vittima, a volte anche di anni. Per questo bisogna assolutamente allungare questo termine e dico che la modifica legislativa costerebbe pochissimo se ci fosse il consenso. Costa zero e ci vogliono pochi giorni, pochi mesi al massimo, per approvarla.”.
A riprova di tali affermazioni, relativamente alla drammatica vicenda che ha colpito Deborah Sciacquatori, il Procuratore della Repubblica di Tivoli, rivolgendosi a Tiziana Panella durante l’intervista a Tagadà, ha precisato “Lasciate, voi giornalisti, in pace la madre, lasciate in pace Deborah, hanno bisogno di tempo.”. Ha così comprovato non solo di rispettare i tempi di elaborazione della tragedia in cui la giovane donna è incorsa, ma anche di spronare i media ad avere la stessa cautela. Mettendo così in pratica quanto detto in un’intervista rilasciata lo scorso agosto ai microfoni di Radio popolare: “Se di fronte a una persona che denuncia, quindi che è stata vittima nel nostro ordinamento, si inizia a livello giornalistico a fare il processo alla vittima, è evidente che la vittima non denuncerà mai. L’indagato nel processo penale è colui che è accusato di un fatto e normalmente sui giornali si dovrebbe discutere dell’accusato. Invece sempre più spesso si discute della vittima. Vediamo i casi in cui qualcuno ha denunciato reati di violenza sessuale e immediatamente si colpisce la vittima e si va a scandagliare la sua vita.”.
Il dott. Menditto, in qualità di responsabile della Procura della Repubblica di Tivoli, si qualifica, ordunque, come un magistrato in grado di avere uno sguardo complessivo sul fenomeno della violenza di genere, il solo che può consentire che gli atti di cui è competente siano finalizzati a costituire un buon contrasto al fenomeno in questione. Cosicchè, andando a riguardare una delibera di Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura del 2017 finalizzata a promuovere un monitoraggio negli Uffici giudiziari «per l'individuazione di buone prassi in materia di indagini sulla violenza di genere», sarebbe da auspicarsi che un’esperienza così preziosa sia da stimolo anche per altre sedi giudiziarie. Proprio per promuovere una cultura condivisa nella tutela delle vittime, che non dovrebbero ricevere risposte differenziate a seconda dei luoghi istituzionali a cui si rivolgono, per ricevere giustizia al riguardo degli abusi subiti.
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