“Scienza: la parola alle donne” - Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni
Eleanor Roosevelt
Ribet Elena Martedi, 29/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009
Mentre a Genova iniziava il “Festival della scienza”, a Parma iniziava “Scienza: la parola alle donne”, iniziativa promossa dall’Istituto dei Materiali per l’Elettronica ed il Magnetismo (IMEM), Microcosmo con Vista dell’Università di Parma, progetto Lauree Scientifiche – Fisica e Associazione culturale Googol.
“Penso che sarebbe più incisivo sviluppare iniziative in cui le donne possano parlare a tutti, uomini e donne. Il rischio dei seminari su ‘donne e scienza’ è che siano autosegreganti e che vi partecipino solo le donne”: a sostenerlo è Rossella Palomba, esperta in statistiche di genere, Dirigente di Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche nonché Ambasciatrice per le Pari Opportunità nella scienza, figura istituita dalla Commissione Europea nel 2005.
Il Festival della scienza ha avuto come tema centrale il futuro: futuro della vita, dell'universo, della natura, della tecnologia, delle idee. L’iniziativa di Parma ha dedicato una giornata alla fisica delle particelle elementari e alle nanoscienze, una alla formazione scientifica, una alle biotecnologie, aspetti scientifici e implicazioni etiche. Tra gli approfondimenti, “Scienza: avventura da ragazze. Sfide intellettuali e vite spericolate delle scienziate” e la mostra che consente a bambini e bambine di avvicinarsi al mondo delle particelle mediante la sperimentazione diretta.
Un autunno della scienza, insomma, in cui tra Genova e Parma si è cercato di mettere alla portata di tutti scienze matematiche, naturali e umane e di far incontrare ricercatori, ricercatrici, famiglie, scuole, esperti ed esperte.
Tante donne in questo ambito, ma perché ancora tanta discriminazione nelle carriere scientifiche? Che la predisposizione naturale al ragionamento tecnico sia “maschile”, si sa, è frutto di uno stereotipo. Ma se guardiamo alle carriere e all’organizzazione del lavoro di ricerca, essendo queste un prodotto della società, permangono delle differenze di genere.
"Il problema non è la differenza intellettiva tra maschi e femmine, ma la differenza di atteggiamenti, di contesti familiari, di insegnamento, di risorse economiche. Sono i condizionamenti a modificare le scelte di ragazzi e ragazze nello studio e, successivamente, nella professione. Lo hanno confermato i “PISA studies” (Programme for International Student Assessment) e le numerose ricerche di genere. Tra queste, il progetto europeo DIVA, nato per incoraggiare i/le giovani a intraprendere carriere scientifiche. Oltre il 30 % delle ragazze considera valida nella scienza la regola dei tre metalli: salute di ferro, nervi di acciaio e marito d'oro” riferisce Palomba sui dati emersi nel progetto.
Inoltre, la scarsa conoscenza e visibilità dei modelli femminili creano un’immagine della scienziata spesso distorta, quando non del tutto assente. Di stereotipo in stereotipo, è chiaro che la scienza non sia neutrale, né in termini economici, né politici, né di genere. Un altro tabù molto forte deriva dalla convinzione che il sapere scientifico sia oggettivo.
Mentre la sempre più massiccia presenza femminile nelle discipline scientifiche ha portato negli anni a una modificazione profonda di approcci, obiettivi, modalità di lavoro, la forbice delle carriere rimane.
“Per dare visibilità alle donne non è efficace una semplice azione di Pari Opportunità. Sulle Pari Opportunità siamo tutti d’accordo, perché sono politically correct. Bisogna trovare un metodo più diretto per far capire, a maschi e femmine, cosa significa per le donne la carriera scientifica, a partire proprio dai sensi, dalla percezione. Nel corso della ‘Notte dei ricercatori’ che si tiene ogni anno a Roma, abbiamo ad esempio sperimentato un tunnel sensoriale, una sorta di installazione artistico-intellettuale in cui i visitatori hanno potuto percorrere una specie di viaggio dantesco sull’esperienza scientifica delle donne.”.
Ben vengano iniziative che avvicinino la scienza a tutti e tutte, e che facciano capire che l’esclusione delle donne va a danno dell’eccellenza e del progresso.
Donne alla guida della più grande macchina mai costruita dall'Uomo
ovvero
La complessità di LHC in mano alle donne
Realizzata da Elisabetta Durante, questa mostra è visitabile fino al 10 dicembre presso l'Istituto IMEM - Campus Universitario di Parma in V.le Usberti 37/A ed espone immagini di trenta ricercatrici italiane impegnate nel progetto del Large Hadron Collider. Il cosiddetto LHC è lungo 27 chilometri ed è costato 9 miliardi di euro. È definito dagli esperti “il maggior esperimento scientifico della storia dell'uomo, che potrebbe svelare i segreti della fisica delle particelle e risolvere il mistero dell'origine dell'universo.” Esperimento dell’uomo e… della donna. È infatti una donna la ricercatrice del CERN che dirige Atlas, uno dei 4 esperimenti legati al super acceleratore. Fabiola Gianotti, alla guida di 2500 scienziati provenienti da 37 paesi del mondo alla ricerca della cosiddetta ‘particella di Dio’. Esisterebbe la possibilità che nell’esperimento si generi materia, provando l'esistenza del ‘bosone di Higgs’, particella teorica mai osservata, che costituirebbe il segreto della massa.
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