Editoriale di Ottobre 2012 - “Non possiamo aspettare: il futuro ce lo dobbiamo conquistare”. È la risposta al nostro sondaggio che ha ottenuto il 100% dei consensi: molto interessante…
Bartolini Tiziana Domenica, 30/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2012
“Non possiamo aspettare: il futuro ce lo dobbiamo conquistare”. È la risposta al nostro sondaggio che ha ottenuto il 100% dei consensi: molto interessante… Senza alcuna esitazione sono state scartate le altre due opzioni previste: “Non credo proprio che possiamo aspettarci qualcosa di buono” e “Dobbiamo sperare in bene. Che altro fare?” (Sono interessanti anche i commenti: http://www.noidonne.org/sondaggio.php?ID=00079). Tra il pessimismo e il fatalismo, si staglia una decisa attitudine all’azione, all’esserci in quanto soggetti decisori. Pur nella consapevolezza che il nostro non è un sondaggio in senso tecnico, bensì una rilevazione affidata alla spontaneità, una tale risposta ‘plebiscitaria’ è l’indicatore di un sentire, forse di un bisogno, comunque di una potenzialità. È un segno significativo, tanto più se lo si contestualizza nello scenario apocalittico che ogni giorno i media disegnano basandosi sui dati economici e sulle prospettive generali (tagli al welfare, crisi del mercato del lavoro, calo del PIL, ecc). Non c’è dubbio, i numeri della disoccupazione e della inoccupazione sono veri e impressionanti: milioni di persone - in prevalenza donne e giovani - in cerca di lavoro o che, rassegnati, non lo cercano più. La narrazione è di un paese che oscilla tra rabbia e rassegnazione. Ma c’è (anche) dell’altro. Questo 100% suggerisce che esiste (anche) un rifiuto della passività e dice che una lettura a senso unico e negativa non è esaustiva della complessità che si muove nelle pieghe della società. C’è (anche) una rabbia ‘generativa’ che produce re/azione, categoria notoriamente opposta alla in/azione, e rilascia energie positive e fruttuose che possono mettere in circolo contagi ri-creativi. In sostanza, quello di cui c’è bisogno per uscire da una situazione di malessere diffuso. Segnali di futuro all’orizzonte? Noi, continuando il percorso iniziato nel numero di settembre - la ‘trilogia’ FUTURA si completerà nel prossimo numero - siamo andate a cercare ‘il domani che è tra noi’: pensieri, esperienze, tecniche di chi ha lo sguardo lungo e che il domani lo sta costruendo: sperimentando, elaborando, studiando. Abbiamo incontrato belle idee e progetti interessanti, che raccontiamo in questo numero. Sono persone e soggetti che hanno accolto in pieno la lezione di Marc Augé (Futuro, 2012): “Il tempo che vivremo non sta di fronte a noi come un contenitore vuoto, una promessa o una minaccia. Più del presente, è il futuro il tempo della concretezza. Basta sottrarlo alle nostre fuorvianti proiezioni”. Ecco, non facciamoci confondere dai miasmi della politica putrescente, non facciamoci disorientare da un catastrofismo a buon mercato, non arrendiamoci ad un ineluttabile destino governato dai poteri forti. Il fatto che tutto ciò esista, innegabilmente, (ruberie e corruzione, ferree cordate e lobby ciniche, disgrazie e cataclismi) come del resto è sempre esistito, non giustifica rese incondizionate. Ciascuna/o può agire ed essere parte attiva di un processo e sistema che a sua volta interagisce con altri processi e sistemi. L’ottimismo non c’entra nulla. Stiamo parlando di futuro, e in particolare di quello che le donne stanno tessendo. Per questo lo abbiamo chiamato FUTURA.
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