Editoriale Giugno 2012 - Mancano gli aggettivi per descrivere l’abiezione di chi riesce a pensare e a compiere un gesto così devastante
Bartolini Tiziana Domenica, 27/05/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2012
Brindisi, 19 maggio 2012, ore 7,42: la prima volta di un attentato davanti ad una scuola ha lasciato attonito un intero Paese. La democrazia italiana, perennemente in bilico, doveva subire anche questo sfregio. Vigliacchi, assassini, depravati. Mancano gli aggettivi per descrivere l’abiezione di chi riesce a pensare e a compiere un gesto così devastante. Sono inadeguate le parole per dire l’orrore del gesto e il dolore della famiglia di Melissa, la studentessa sedicenne uccisa dall’esplosione. Pochi minuti più tardi, e all’Istituto ‘Francesca Morvillo Falcone’ sarebbe stata una carneficina nel piazzale gremito di studentesse. Ragazze anche le cinque ferite gravemente, e per fortuna in pericolo di vita. Accanto alla macabra simbologia di un ignobile atto criminale si aggiunge un elemento, quello di genere, che entra con forza nell’inquietante scenario. In primis c’è la concomitanza con l’anniversario della strage mafiosa di Capaci e poi c’è la scelta di una scuola, luogo deputato alla costruzione del futuro poiché accoglie e coltiva le giovani menti. Ma non è una qualsiasi, bensì un istituto impegnato contro la mafia, a partire dalla donna cui è intestata, Francesca Morvillo Falcone, della quale ha onorato la memoria anche vincendo un premio con uno spot sulla legalità. Non basta ancora: è una scuola dove si forma al lavoro, dove si insegnano mestieri che possono dare libertà in una terra di disoccupazione e che prova a reinventare un tessuto economico. Contro le mafie e l’illegalità c’è di più e di molto concreto, in quella terra: l’utilizzo delle terre confiscate alla malavita organizzata e restituite alla produzione e alla vita. Un attentato vile che, altra concomitanza simbolicamente significativa, si consuma nel giorno in cui per Brindisi (e per Mesagne, il paese di Melissa) transitava la carovana di Libera, l’associazione contro le mafie. Libera, che lavora soprattutto nelle scuole perché ripone nei giovani la speranza di costruire un futuro nella legalità, perché le mafie “temono più la cultura che la giustizia”, come ha ricordato Don Luigi Ciotti. Eccolo l’altro simbolo da colpire: la scuola, l’educazione e la cultura come barriere all’avanzare dell’ignoranza che invece è l’indispensabile brodo di coltura dell’illegalità. L’unica reazione possibile a questa strategia della paura è chiedere più democrazia e più diritti, soprattutto per le donne. Perché non sfugge che il bersaglio a Brindisi è stato anche il femminile, quale ulteriore segno autoritario e di barbarie. Questo tradimento della convivenza civile ha scelto nuove modalità per manifestarsi e nuove devono essere le possibili interpretazioni. E quella di genere deve entrare nel novero di questi sguardi per non perdere di vista, davvero, nessuna possibilità di trovare i colpevoli e i loro veri obiettivi. Da donne, mentre abbracciamo sua madre, invochiamo tutte insieme giustizia nel nome di Melissa. Perché come donne respingiamo il tentativo di spezzare, insieme alla sua giovane vita, le nostre speranze di un futuro buono, di cui autoritarismo e violenza sono nemici.
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