Mercoledi, 22/07/2009 - Incontrare Dacia Maraini è sempre un piacere: scrittrice autorevole e da sempre impegnata a favore delle donne, umanamente attraente ed attenta alle questioni sociali, conversatrice amabile e coltissima, testimone di un’epoca d’oro della letteratura italiana, basti ricordare la sua prossimità con Moravia e Pasolini. Si potrebbe stare ore a leggere, parlare, scrivere di lei ed oggi anche a guardare immagini della sua vita: è stato infatti realizzato un film-documentario dal titolo Una voce: breve biografia di Dacia Maraini, girato da Roberto Salinas (collana Primi Piani di Interlinea Film), che traccia le tappe principali della storia della scrittrice, legata alle vicende familiari prima (l’infanzia in Giappone dove lavorava il padre etnologo, la prigionia in un campo di concentramento ed il ritorno in Sicilia) e di donna indipendente dopo, nella Roma degli Anni Sessanta: il teatro di strada, la scrittura, i viaggi, la relazione con Alberto Moravia. Dopo la proiezione del documentario al Nuovo Cinema Aquila di Roma, la giornalista Conchita De Gregorio ha rivolto alcune domande alla Maraini, coinvolgendola in un breve dibattito con il pubblico. “Ho cominciato a scrivere - afferma la scrittrice - perché nella mia famiglia tutti leggevano e scrivevano, dopo il primo patrimonio librario fatto dai “padri”, però, mi sono cercata quello delle “madri”: Duras, Dickinson, Silvia Plath, la Yourcenar, Grazia Deledda. Ho fatto politica attraverso il teatro di strada e grazie al femminismo ho riletto la storia con occhi che non lasciano da parte le donne, nel femminismo la mia educazione alla libertà ha preso forme storiche. Oggi c’è ancora una terribile misoginia ma coperta da grandi, apparenti possibilità; il corpo delle donne è sempre esposto e le donne non si amano, sono ossessionate dalla perfezione, la società infatti vuole un corpo docile”.
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