Martedi, 11/01/2022 - Il recente figlicidio di Daniele Paitoni ad opera del padre, pur nella tragicità della vicenda, ha avuto l’indubbio merito di rendere l’opinione pubblica consapevole che nel caso in questione potrebbero sussistere mancate interazioni tra le istituzioni giudiziarie. La concessione del diritto di visita del bambino al genitore, anche se su quest’ultimo pendeva un procedimento penale per accoltellamento di un collega di lavoro, ha ingenerato in più persone il dubbio che diversi uffici del Tribunale di Varese non comunicassero tra loro. Difatti, allorquando la pubblico ministero di suddetto procedimento ha fatto presente alla giudice per le indagini preliminari, preposta a decidere sulle misure cautelari per Davide Paitoni, come fossero pendenti denunce da Codice rosso nei suoi confronti, la magistrata le ha definite “carichi che potrebbero risolversi favorevolmente per l’indagato”. La giudice, anche laddove non fosse stata in grado di attingere ad elementi più certi sulle denunce di maltrattamenti alla base dell’attivato Codice rosso, avrebbe potuto applicare la Convenzione di Istanbul per negare al padre il diritto di frequentazione del bambino, richiesto all’indomani della concessione degli arresti domiciliari.
Difatti tale trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011, firmato l'11 maggio 2011 ad Istanbul e ratificato in Italia il 19 giugno 2013, dopo l’approvazione dei due rami del Parlamento, è uno strumento normativo fondamentale perché volto a prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime ed impedire l'impunità dei colpevoli. Per la vicenda di cui si scrive avrebbe potuto applicarsi il correlato art. 31, intitolato Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza, prevedente che: “1 Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione. 2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini”.
Appunto per «svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari» sul suddetto figlicidio la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha chiesto all’ispettorato di attivarsi, probabilmente anche sull’onda dei generali interrogativi che l’opinione pubblica ha avanzato nell’immediatezza della vicenda, soprattutto alla luce delle molteplici dichiarazioni di diversi magistrati del Tribunale di Varese. “Un uomo violento non solo non è un buon padre, ma è pericoloso per i figli, le figlie e per le loro madri, lo ripetiamo da decenni”, ha affermato Elena Biaggioni, avvocata penalista e referente della Rete avvocate di D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza). “Ma le donne non vengono credute, le loro paure non vengono prese in considerazione, anzi rischiano di essere accusate di essere madri alienanti se cercano di proteggere i loro figli e le loro figlie dai padri violenti”. “Gli uomini violenti non devono essere mai considerati padri adeguati”, ha sulla stessa onda affermato la presidente di D.i.Re, Antonella Veltri “e non deve essere consentito loro di vedere i bambini”.
Perché sia statuito una volta per tutte che un genitore violento non abbia diritto a frequentare il proprio figlio, il 13 ottobre scorso è stato presentato al Senato il Disegno di Legge n. 2417 a firma delle senatrici e senatori Valente, Papatheu, Rizzotti, Laforgia, Vono, Fedeli, Rampi, Pittella, Giacobbe e Iori, per l’introduzione di più stringenti ed adeguate garanzie della sicurezza dei minori mediante l’inserimento nel Codice civile del nuovo art. 317 ter (Provvedimenti riguardo ai figli nei casi di violenza di genere o domestica), un disegno di legge nato su proposta dell’associazione Federico nel cuore onlus e dell’UDI, Unione delle donne in Italia. In particolare, con la riforma dell’art. 317 ter si richiede che, “nei casi di allegazioni di violenza, il giudice, anche d’ufficio, disponga l’immediata sospensione del diritto di visita del genitore violento e, previo e immediato coordinamento con le altre autorità giudiziarie anche inquirenti, assuma misure di protezione e decida per l’affidamento temporaneo del minore all’altro genitore o, nel caso d’impossibilità, ai parenti di questo entro il quarto grado” (testo ddl 2417).
L’altro giorno è stata lanciata sulla piattaforma Change una corrispondente petizione finalizzata a promuovere tale disegno di Legge, che ad opinione degli ideatori riprende “il contenuto degli emendamenti presentati al disegno di Legge Delega al Governo per l’efficienza del processo civile (Atto Senato n. 1662) e risponde alle esortazioni formali contenute nell’ultimo rapporto sull’attuazione di Istanbul (Grevio 13.01.2020). Si legge nella petizione “Riteniamo che il Governo e il Parlamento debbano, con urgenza non più procrastinabile, introdurre l'art. 317 ter lo strumento per intervenire subito sulla materia colmando evidenti lacune normative e fornendo una risposta legislativa rapida ed assolutamente necessaria che riguarda centinaia di casi analoghi che è attesa da anni. Riteniamo che sia giunto il momento che nei tribunali e nei servizi sociali venga finalmente riconosciuto che un padre violento non sarà mai un buon padre. In una società civile non è più accettabile che un minore venga esposto ai pericoli derivanti dalla relazione con una persona violenta”.
Si auspica, unitamente alle associazioni proponenti, che la Presidente del Senato Casellati e la Ministra Cartabia pongano in essere gli strumenti necessari affinché il disegno di legge 2417, depositato in Senato, sia posto con urgenza in discussione e approvato in tempi brevi. Tanti, troppi, sono stati i figlicidi in questi ultimi 10 anni, visto che in Italia dal 2009 ad oggi se ne contano ben 515, secondo la stima dell’associazione Federico nel cuore. Un’associazione, nata a seguito della morte violenta di Federico Barakat, ucciso nel 2009 dal padre a soli 8 anni in ambito protetto all’interno dell’ASL di San Donato Milanese, che in questi 12 anni ha monitorato le vicende di cronaca relative ai figlicidi, e che, di concerto con l’Unione donne in Italia, si è conseguentemente impegnata a proporre un disegno di legge che possa costituire una risposta adeguata al tragico fenomeno.
Nel contempo si invita a firmare la petizione allegata a tale articolo, di modo che anche l’opinione pubblica possa rendersi partecipe di un impegno ideale volto a tentare di fermare la strage dei bambini e delle bambine, che troppe volte viene considerata come inevitabile ma che, proprio alla luce della Convenzione di Istanbul, richiede che si adottino “le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini”(op. cit.). D’altronde, come bene evidenziato dall’introduzione al ddl 2417, “il provvedimento de quo, incide su profili sia sostanziali che processuali trattandosi di ambiti strettamente connessi tra di loro, particolarmente nella fase di affidamento dei figli e di regolamentazione del diritto di visita dei genitori, ambiti che richiedono un incisivo e tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria in tutti casi in cui venga allegata o denunciata violenza intra-familiare”. Come, purtroppo, non si è verificato nel caso del drammatico figlicidio di Daniele Paitoni.
Lascia un Commento