Legge 194 - "Il dibattito in corso dovrà essere di proposta, di riflessione, ma anche di concertazione, e le organizzazioni femminili, anche imprenditoriali, dovrebbero essere istituzionalmente presenti."
Rita Casula Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008
Da qualche settimana il Paese torna ad interrogarsi sulla interruzione di maternità, riportando in primo piano un dibattito che, in realtà, pur se in forme più o meno larvate, ha sempre attraversato il nostro pensiero collettivo.
Mentre la Regione Lombardia si appresta a presentare una proposta di moratoria, il Segretario del PD si è dichiarato disponibile ad aprire un dialogo bipartisan ed il Ministro per la Salute Livia Turco chiede un parere al Consiglio superiore di sanità sulla sussistenza di vita autonoma del feto ma anche sulle modalità di impiego della RU486, rilevando comunque che la Legge 194 “è una legge saggia, lungimirante, quanto mai attuale”.
Certamente la legge ha messo un freno, anche se non ha debellato, la piaga dell’aborto clandestino e dalla sua applicazione la percentuale delle interruzioni di maternità è gradualmente diminuita, pur continuando ad attestarsi su livelli significativi, su cui dobbiamo riflettere per meglio applicare la legge e, soprattutto, per costruire intorno all’universo femminile quella rete di consenso verso la maternità che ancora è carente.
Rete di consenso vuol dire primariamente una “cultura della maternità” che superi alcuni edulcorati stereotipi per concentrarsi, nei fatti, su quegli aspetti che sono basilari perché la scelta di essere madri possa essere vissuta con maggiore serenità e che si può tradurre, interrogandosi primariamente , come ha detto il Ministro Rosy Bindi, su ”quante energie oggi vengono impiegate per tutelare la vita e fare in modo che i padri e le madri siano messi nelle condizioni di accoglierla” ma anche rendendo maggiormente efficace quella rete di garanzie che permettano una maggiore conciliazione famiglia-lavoro evitando, come spesso avviene, che la nascita del primo figlio si trasformi in una uscita delle donne dal mercato del lavoro.
E’ inoltre fondamentale che nell’ambito della Legge 194 trovino una applicazione più rigorosa le norme fissate dall’art. 2 ed, in particolare, quegli interventi che, attraverso una rivitalizzazione dei consultori familiari, potrebbero contribuire ad un superamento di quelle cause che portano alla interruzione di gravidanza nonché a fornire quell’opera di informazione, ancora carente, sulla procreazione responsabile, soprattutto nei confronti dei minori.
Il dibattito che si profila appare da subito fortemente motivato in entrambi gli schieramenti: è comunque giusto che la Legge 194 non diventi un totem intoccabile e che, a distanza di tanti anni dal suo varo, si rifletta su come possiamo migliorarla, alla luce dei progressi scientifici che sono stati fatti ma anche alla luce di una etica della vita forse più forte e consapevole, tenendo presente che l’interruzione di maternità è sempre e comunque drammatica.
Di certo la Legge n. 194 non dovrà contribuire a dividere un Paese che ha già tante difficoltà a trovare percorsi comuni e di condivisione: il dibattito in corso dovrà essere di proposta, di riflessione, ma anche di concertazione, e le organizzazioni femminili, anche imprenditoriali, dovrebbero essere istituzionalmente presenti.
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