I luoghi delle Donne e diritti all’autodeterminazione sono intrecciati. L'appello del Gruppo Femm Società della cura
Giovedi, 15/04/2021 - Riceviamo e pubblichiamo Non basta un Recovery Plan, pur a volerlo fare bene: serve un Recovery Planet. Una strategia complessiva che cambi il modo in cui produciamo, coltiviamo, distribuiamo, ci nutriamo, ci finanziamo, lavoriamo e affrontiamo la prospettiva digitale, operando scelte nette a partire da un cambio di paradigma complessivo che metta la pratica ecofemminista della cura al centro del sistema al posto del profitto. Recovery Planet è il risultato del lavoro di oltre mille mani che per cinque settimane si sono incontrate regolarmente in modo virtuale pescando competenze e pensieri tra oltre 1400 tra realtà organizzate e persone che si riconoscono nel processo di convergenza verso una Società della Cura.
Dopo meno di un anno di lavoro insieme e due mobilitazioni – il 21 novembre e il 22 dicembre – il 10 aprile torneremo a mobilitarci per presentare a istituzioni e territori il nostro Recovery Planet: un Piano nazionale di transizione verso la società della cura, la nostra alternativa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienzadel governo, elaborato con un metodo partecipato da centinaia di persone organizzate in 13 tavoli tematici. Il documento si apre con una lettura critica femminista delle iniziative da intraprendere, e si accompagna a un testo più di dettaglio prodotto dal tavolo tematico "Ecologia e ambiente" cui hanno lavorato attivist@ dei Fridays for future, dei movimenti per l’acqua pubblica, No Tav, No Triv, dell’associazione Laudato Sì e di molti altri comitati e realtà ambientaliste, contadine e animaliste.
Il gruppo "Femmsdc"(Femministe società della cura) ha messo in campo due iniziative:
-una lettera a molte realtà femminil-femministe per costruire mobilitazione convergente sulla difesa del diritto delle donne all'autodeterminazione e dei luoghi delle donne.
-la preparazione di un seminario internazionale sul concetto di cura a partire dalle tante elaborazioni ed esperienze femministe in molte parti del mondo.
Per altre informazioni e per iscriversi e ricevere i link per collegarsi on -line si guardi il sito "Società della cura"
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Care tutte
In una società nella quale ogni cinque giorni una donna viene uccisa per mano maschile, in una società nella quale i posti di lavoro persi sono per la stragrande maggioranza di donne (70% in un anno, 99% nel solo mese di dicembre), in un mondo nel quale, secondo i dati 2019 della Banca mondiale, la povertà è inesorabilmente femminile.
In una realtà sociale, non solo italiana, nella quale, a seguito del confinamento da pandemia, non solo il carico lavorativo e di lavoro di cura è largamente ricaduto sulle spalle delle donne, ma sono aumentate a dismisura le violenze domestiche.
In una situazione di generale arretramento dei diritti acquisiti, meglio conquistati, si sferra un attacco politico di inaudita ferocia e determinazione, ai diritti di autodeterminazione delle donne.
In varie realtà locali, buona ultima la regione Piemonte, vengono attivati bandi in sostegno di associazioni integraliste, come Movimento per la vita e Centri di aiuto alla vita, che vengono invitate ad attivare sportelli nei consultori e negli ospedali.
Allo stesso tempo sono sotto attacco le case e i luoghi delle donne nella loro specificità e ragione sociale: la storia di queste realtà femministe, in alcuni casi decennale, viene negata e derubricata a centri di erogazione di servizi o addirittura si avviano le procedure di sfratto.
I due temi, luoghi delle Donne e diritti all’autodeterminazione, sono intrecciati.
Occorre aprire da subito un ampio terreno di conflitto con tutte le modalità a nostra disposizione.
Proponiamo dunque a tutte le realtà di donne che da mesi hanno ripreso a incontrarsi, e che nel frattempo sono anche diventati luoghi nazionali di relazioni, di costruire una sorta di coordinamento nazionale, un osservatorio sui diritti delle donne.
Un presidio democratico che, partendo dai vari luoghi territoriali, prenda parola collettivamente e promuova le necessarie azioni di mobilitazione.
Chiediamo altresì che ciascuna realtà si faccia parte attiva per la più ampia e capillare diffusione possibile contro una regressione assai più innervata ed estesa di quanto non appaia.
Non possiamo più permetterci attese o tentennamenti.
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