Prostituzione - Intervento dell'Assessora alla Salute ed alle Pari Opportunità del comune di Modena
Simona Arletti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008
Intervengo nel dibattito apertosi su vari media locali sul tema della prostituzione e della possibile creazione di quartieri a luci rosse, perché mi pare che, finora, sia stato affrontato solo da un’ottica molto maschile e, permettetemi, poco rispettosa della dignità della donna.
Siamo in un periodo in cui emerge una gran voglia di rimettere in discussione leggi che, guarda caso, hanno rappresentato significativi passi in avanti nell’affermazione della soggettività femminile: vale per la Merlin, vale per la 194. Si arriva addirittura a pensare che fosse meglio “una volta” quando c’erano le case chiuse , ma meglio per chi? Per i clienti che, incuranti di ciò che dentro accadeva sulla pelle delle ragazze, avevano la sicurezza dei controlli sanitari. E’ davvero questo che ci interessa? In un’ottica di riduzione del danno e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, non occorre certo una casa chiusa, basta un semplice preservativo.
Possibile che non ci interessino quelle ragazze che, a volte poco più che adolescenti e spinte dal desiderio di una vita migliore, finiscono vittime di malavitosi che pensano solo a sfruttarle: soggiogandole, spesso ricorrendo alla violenza, togliendo loro i documenti e derubandole, di fatto, di ogni speranza di libertà?
Sì, penso che interessi, e allora vanno intensificate le azioni che sono già in campo, cioè la lotta al racket con azioni investigative che vadano a colpire le organizzazioni criminali e non le singole prostitute. Allora vanno incrementati gli interventi presenti da anni nel progetto “Oltre la strada”, che unendo le forze di operatori socio-sanitari, volontari, associazioni di tutela alle vittime di violenza e associazioni cattoliche offrono alle prostitute la possibilità di immaginare un futuro diverso, costruendo percorsi di alfabetizzazione, formazione e inserimento protetto nel lavoro.
Mi dà molto fastidio, poi, che si parli in astratto di “decoro della città”, mentre in realtà trattiamo di persone in carne ed ossa, che rispondono ad una richiesta di sesso a pagamento. Parliamo, ancora nel 2008, di uomini che accettano l’idea di pagare per avere un rapporto, quindi implicitamente pensano che il corpo della donna sia acquistabile, utilizzabile e restituibile, magari senza restarne emotivamente coinvolti.
Non è accettabile l’idea del tornare a 50 anni fa, con le case chiuse che rappresentano l’accettazione sociale e culturale (perciò una resa) della mercificazione del corpo della donna. Mi piacerebbe, invece, che si parlasse anche delle differenze e delle complementarietà del maschile e del femminile: che fare insieme, quando ci si rispetta, affinchè si sviluppino tra uomini e donne relazioni più sincere di dialogo vero, che possano riconoscere l’importanza, in una storia d’amore, anche della sessualità, quando è voluta da entrambi e spontanea, non quando diventa oggetto acquistabile.
Un impegno rivolto soprattutto ai giovani. E allora credo che i percorsi in atto nelle scuole superiori, con l’impegno degli operatori dei consultori, per educare all’affettività e sessualità siano sacrosanti e che, anzi, si debba fare ancora di più, perché oggi più di ieri non si diventa adulti davvero se non si impara a relazionarsi con l’altro/a, il diverso da se, rispettandolo nella sua interezza: corpo, mente, emozione… anima.
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