Note ai margini - A proposito delle sanzioni in applicazione delle norme sulla parità e le pari opportunità: verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere!
Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2007
La mancata revisione obbligatoria di un automobile è sanzionata da un minimo di 148 euro a un massimo di 594, il divieto di sosta va da un minimo di 36 euro ad un massimo di 148, l’eccesso di velocità viene sanzionato con un minimo di 148 euro fino ad un massimo 1.169 e lo stesso vale per la guida in stato di ebbrezza. Contravvenire al divieto di discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro di donne e uomini in tutte le tipologie di contratto procura una sanzione da un minimo di 103 euro ad un massimo di 516, se poi la retribuzione della lavoratrice a parità di prestazioni richieste e pari valore è diversa da quella del suo collega maschio la sanzione è ancora la stessa, 103 o al massimo 516 euro, e lo stesso vale se il datore di lavoro operi discriminazione tra uomini e donne relativamente alla progressione di carriera. Se, infine, un datore di lavoro non ottempera alla rimozione delle discriminazioni (sempre che siano state individuate, la lavoratrice le abbia denunciate e il giudice le abbia riconosciute e ne sia stata ordinata la rimozione sia dal giudice e/o dalle consigliere di parità) la pena è “molto” severa: una detenzione fino a tre mesi ovvero una sanzione pecuniaria di “ben” 206 euro. E così si continua nelle sanzioni in applicazione delle norme sulla parità e le pari opportunità: verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere! Tutto questo apparato sanzionatorio è contenuto nel “Codice delle pari opportunità” D.lgs 198 dell’11aprile 2006 approvato frettolosamente alla fine della scorsa legislatura a Camere sciolte.
Che le complesse norme che regolavano fino a quel momento il rapporto donne-lavoro avevano bisogno di una migliore armonizzazione e di una rivisitazione che ne attualizzasse i concetti alla luce del tempo trascorso e delle modifiche sociali ed economiche intervenute in un lasso di tempo che va oltre i cinquanta anni, era abbastanza assodato. Come è avvenuto in altri Paesi europei, in primo luogo in Spagna, la realizzazione di un “Codice” quale legge quadro, doveva infatti per lo meno attivare i vari attori sociali che su questo tema giornalmente si cimentano: dalle donne, nelle loro diverse organizzazioni istituzionali e non, alle associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Purtroppo deve essere passato il concetto che si tratti di un arduo lavoro di fini giuristi e per certi versi è così, per altri versi, almeno l’apparato sanzionatorio poteva essere corretto da un semplice ragioniere che attualizzava ai nostri giorni il valore monetario di sanzioni approvate 30 anni fa nel 1977! Oppure dobbiamo sapere che “vi possono essere anche obblighi e doveri non sanzionati; in casi come questi nel diritto romano si parlava di leges imperfectae (norme imperfette) in contrapposizione a quelle perfectae che invece sono assistite da sanzione”(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)”.
Per anni ci siamo vantate e anche consolate dicendo che avevamo una delle legislazioni a favore delle donne più avanzate d’Europa oggi dobbiamo sapere che come minimo abbiamo un “Codice imperfecto”. Cominciamo a metterci le mani?
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