Un anno di GiULiA / Giornaliste che fanno la differenza - di Silvia Garambois
- Una rete di settecento giornaliste unite dall’idea che “l'informazione così com'è non ci piace”
SILVIA GARAMBOIS Sabato, 08/12/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2012
Un anno. GiULiA ha compiuto un anno, ed è arrabbiata come il primo giorno. GiULiA è l'associazione delle Giornaliste Unite Libere e Autonome, una rete vera che corre dalle grandi testate (le tv, i quotidiani nazionali) ai siti web, dai settimanali alla radio, dalle realtà del Sud - dove sono minacciate, fisicamente, dalle mafie - a quelle del Nord - dove chi fa il proprio mestiere senza guardare in faccia nessuno deve sopportare il ricatto delle denunce e delle querele. Giornaliste famose e sconosciute. Direttrici e precarie, inviate o free lance.
Settecento giornaliste, che si sono unite nel tam-tam del web e delle telefonate, con una sola idea: “l'informazione così com'è non ci piace”. In tv e sui giornali la realtà, così complessa, difficile, è sparita. Non si parla dei giovani, quelli veri, quelli che studiano e s'arrabattano per un posto di lavoro, quelli che non hanno più sogni. Non si parla - soprattutto - delle donne: le donne della realtà, quelle che sudano, che hanno il lavoro di cura nelle case, quelle che hanno l'ingegno, che sono sempre “più brave”, “più affidabili”, “più preparate” ma che non fanno mai carriera.
GiULiA, un anno dopo, ha fatto i primi bilanci, in una assemblea nella sede della Federazione della Stampa. Con rabbia. Rabbia perché a fine ottobre sono già 110 le donne uccise in questo Paese, vittime di femminicidio. Ma GiULiA su questo ha vinto una battaglia, insieme a tante altre donne: nei giornali questi delitti vengono finalmente chiamati - dopo tanta resistenza - con il loro nome, “femminicidi”, non più “troppo amore”, “passione”, “raptus”, ma un fenomeno sociale gravissimo su cui finalmente si è alzato un velo.
Rabbia perché le eccellenze delle donne non hanno visibilità in un Paese in cui persino nei talk show vengono invitati solo maschi, e le donne sono relegate al ruolo di “bella presenza” o di esperte di cucina: dove sono le ricercatrici, le scienziate, le giuriste, le artiste? Dove sono le ricercatrici, le scienziate, le giuriste, le artiste quando bisogna nominare responsabili della cosa pubblica?
L'informazione può molto: fa opinione, crea cultura. Per questo le giornaliste di GiULiA nei loro giornali - oggi che sono in rete - hanno più forza per contrastare queste derive. Lo hanno fatto all'Ansa, dove il direttore ha acconsentito di togliere dal sito la foto del “più bel sedere del Brasile” (che serviva solo a richiamare “clic”). Lo hanno fatto a Televideo, dove l'esposto di GiULiA contro il direttore del “Giornale”, Alessandro Sallusti, per aver pubblicato un articolo pieno di menzogne, è andata in prima pagina. Lo fanno nelle trasmissioni televisive di cui sono autrici. Nei giornali che dirigono. Negli articoli che scrivono. La goccia che scava la pietra... Settecento piccole gocce nell'informazione italiana...
L'anno che verrà per GiULiA è pieno di progetti: corsi di formazione “di genere” per i giornalisti e per chi studia la comunicazione; un osservatorio sul linguaggio dei giornali e dei tg, per denunciare gli “orrori di stampa” contro le donne; persino piéce teatrali sul femminicidio, a Milano. Soprattutto GiULiA non vuol lasciare sole le giornaliste che si battono per l'informazione giusta, come fa Marilù Mastrogiovanni nel Salento, con il suo “Il tacco d'Italia”, che subisce le minacce della Sacra Corona Unita; come Ester Castano, minacciata per mesi da un sindaco dell'Alto Milanese, che ora è finito in galera per i rapporti con la 'ndrangheta.
Per alzare la voce GiULiA usa gli strumenti del web: ha un sito, www.giuliagiornaliste.it, una pagina Facebook. E tante donne e tanti uomini che la vogliono stare a sentire.
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