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Un altro commento all'articolo Le forme della condivisione - di Marisa Nardi

Un altro commento all'articolo Le forme della condivisione - di Marisa Nardi

Dibattito aperto su donne e disabilità, a partire dagli articoli di Codrignani e Ribet sui movimenti femministi e femminili

Giovedi, 22/07/2010 - Ho molto apprezzato la possibilità offerta da questa rivista di intervenire

in un dibattito così costruttivo e interessante e, in quanto donna, e in

particolare, in quanto donna disabile, avverto l'estrema necessità di

confrontarmi con tutte le donne e, soprattutto con quelle impegnate

politicamente e socialmente, perchè ritengo assolutamente importante un

confronto e un dialogo intensi e approfonditi sui vari temi che riguardano

la donna, i suoi diritti, le sue opportunità, gli strumenti per ottenerli e

renderli veramente fruibili.

Come giustamente scrive la master della lista donne diversamente uguali,

emanazione del movimento rinnovamento democratico disabili, loro famiglie e

cittadini solidali, per il rinnovamento e la democrazia, lista alla quale io

sono iscritta, i disabili, e in particolare le donne disabili, maggiormente

sensibili alla discussione in merito ai loro problemi, ma anche a quelli

generali della società in cui viviamo, occorre in maniera ormai

improrogabile, che i disabili di ogni tipo, da quelli sensoriali a quelli

intellettivi e relazionali, divengano protagonisti delle loro battaglie in

difesa dei loro interessi, che rendano visibile la loro disabilità, affinchè

tutti i cittadini, le istituzioni, gli enti preposti alla gestione dei

servizi di assistenza, possano valutare seriamente e serenamente le

necessità e le esigenze di coloro che troppo spesso vengono trascurati,

emarginati, isolati dal mondo circostante.

Tuttavia, per ottenere questo risultato, non bastano e non servono le

parole, ma occorre una presa di coscienza da parte di tutti che i disabili

non sono un peso per la società, come il ministro Tremonti ha cercato di

inculcare nell'opinione pubblica; sono, invece, una risorsa, perchè, anche i

disabili possono contribuire in maniera efficace e positiva nello sviluppo e

nel progresso della nostra società, ormai priva di valori etici, culturali e

sociali.

Noi, donne disabili, abbiamo bisogno della vostra vicinanza, della vostra

stima, della vostra comprensione, ma mai della vostra pietà o pietismo,

perchè anche noi, stando a contatto con voi, dialogando, costruendo, anche

divertendoci insieme, apprendiamo molte cose che altrimenti rimarrebbero a

noi sconosciute e, contemporaneamente, possiamo arricchire anche voi con i

nostri commenti, le nostre critiche, i nostri suggerimenti.

noi vogliamo partecipare attivamente alle discussioni politiche, culturali,

economiche e sociali; vogliamo, come voi, costruire una società migliore,

dove ognuno venga apprezzato per i suoi valori personali, indipendentemente

dalla razza, dal sesso, dalla religione, in parole povere, dalla sua

concezione della vita.

Purtroppo, molto spesso, noi disabili, ma in particolare noi donne disabili,

quando veniamo messe a confronto con tutti gli altri cittadini, possiamo

essere soggette a due interpretazioni diverse apparentemente, ma ugualmente

dannose per la nostra integrazione sociale.

Da una parte, possiamo incorrere nel ricevere pietismo, perchè o siamo

cieche o ipovedenti, o siamo affette da problemi motori o da qualsiasi altro

hendicap che ci può contraddistinguere in maniera negativa; e questo

pietismo, se magari può aiutare, in certi particolari momenti, almeno

apparentemente, alla soluzione di alcuni problemi pratici, in realtà offende

il nostro orgogliio e la nostra dignità personale.

Dall'altra parte, si rischia di essere sopravvalutate dalle persone che ci

circondano, le quali, presa coscienza di quanto anche noi possiamo fare sia

nel campo familiare, che in quello lavorativo, culturale e sociale, ci

ritengono dotate di una intelligenza superiore alla media e quindi

stigmatizzate come donne superiori, eccezionali.

Anche questo secondo aspetto, pur facendoci sentire, a volte, stimate anche

più di quanto meritiamo, ha però lo svantaggio di non farci sentire

veramente integrate nel mondo normale delle donne, perchè deve essere chiaro

a tutte che, se possiamo e vogliamo fare qualcosa come tutte voi e nel modo

con il quale lo fate tutte voi, questo non significa il possesso di capacità

intellettive maggiori delle vostre, ma il modo più specifico e opportuno di

sfruttare le opportunità dei sensi residui, quali il tatto, l'udito, il

gusto e così via.

Molte di noi hanno avuto l'opportunità di rendere visibile agli altri le

loro attitudini e capacità e non solo le proprie difficoltà derivate dalla

disabilità, come, ad esempio, chi ha operato ed opera nel campo della scuola

o di qualche industria importante, ma non tutte hanno questa possibilità,

come le donne disabili costrette a lavorare in un ufficio come impiegate o

in un ospedale come operatrici per il benessere e la riabilitazione motoria,

rimanendo quasi sempre circoscritte in un ambiente ristretto e con pochi

contatti con gli altri impiegati o altri operatori.

Dico questo perchè mi sembra di estrema importanza la consapevolezza che la

diversità della donna disabile non deriva dalla sua disabilità, ma

semplicemente dalla proprie caratteristiche fisiche e intellettuali, come

avviene per ogni altro essere umano e, invece, siamo uguali a voi, come sono

uguali a voi tutti gli altri cittadini; e, come tali, abbiamo gli stessi

vostri diritti e gli stessi vostri doveri, le vostre stesse esigenze di

donne troppo spesso emarginate e sfruttate, anche se per noi disabili, lo

sfruttamento e la discriminazione si verificano in misura doppia, perchè

dobbiamo fare i conti con i nostri limiti e quindi dobbiamo lottare per

ottenere gli strumenti adeguati per la nostra autunomia, per l'accesso alla

cultura e all'informazione, per il disbrigo delle faccende domestiche, in

una parola, per la nostra vita indipendente.

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