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UDI / Violenza e femminicidi: tanto lavoro ancora da fare... - a cura di Tiziana Bartolini

UDI / Violenza e femminicidi: tanto lavoro ancora da fare... - a cura di Tiziana Bartolini

Facciamo il punto con Vittoria Tola, UDI nazionale, dopo l'Audit con la Ministra Josefa Idem

Domenica, 26/05/2013 - Violenza contro le donne e femminicidio: facciamo il punto della situazione con Vittoria Tola - responsabile nazionale UDI - alla luce dell'incontro indetto dalla Ministra alle Pari Opportunità Josefa Idem lo scorso 22 maggio e che ha visto una folta partecipazione su base nazionale delle associazioni che si occupano di violenza di genere.



Tu hai assistito ai lavori che hanno preso una intera giornata e che hanno visto anche la presenza di importanti rappresentanti del Governo. Come potrebbe essere riassunto il dibattito che si è svolto? Quali i segnali che a tuo modo di vedere sono positivi e su quali posizioni, invece, registra dei ritardi?

La giornata “Audit contro la violenza” della Ministra Idem ha visto non solo presenze del governo ma anche i presidenti di Camera e Senato con parole contro la violenza maschile che non sono sembrate solo di circostanza. Gli interventi delle associazioni che rappresentavano un complesso mondo che andava da associazioni nazionali come l’UDI alla rete dei centri antiviolenza,ai coordinamenti delle donne dei sindacati e a figure dello spettacolo e del giornalismo, si sono sommati a quelli delle le realtà che si occupano di aiuto alle vittime di tratta e di sfruttamento della prostituzione e a moltissime associazioni che combattono l’omofobia e le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale.

Questo ha creato piani diversi di analisi e proposta. Positiva è stata l’attenzione che la ministra Idem ha riservato a tutte/i in un audizione che è durata molte più ore del previsto ma che naturalmente non poteva, proprio per la modalità scelta per l’incontro, dare risposte precise e articolate che sono state rimandate a successivi incontri e tavoli tecnici più di merito.



Il mondo dell'associazionismo femminile ha lavorato molto, e da lungo tempo, sulla violenza di genere, maturando grandi competenze ed elaborando anche proposte assai concrete. Sono proposte che, però, la politica e le istituzioni non raccolgono se non parzialmente. Con il governo Letta c'è un nuovo avvio, che però è anche un ricominciare un percorso. Come se ogni volta si fosse all'anno zero. Cosa pensi rispetto a queste dinamiche e qual è la tua opinione circa la possibilità di superare questo impasse che poi ha una ripercussione diretta sulle donne che subiscono violenza?

È quello che noi e non solo UDI ha tentato di dire alla ministra che ringraziando le associazioni delle donne ha riconosciuto la lunga battaglia che queste hanno fatto per affermare chela violenza maschile non è una questione privata ma un problema politico fondamentale. Le abbiamo ricordato che in 35 anni di battaglia abbiamo visto molte fiammate di attenzione ma sempre senza che il potere politico e istituzionale affrontasse la dimensione sistemica e strutturale oltre che funzionale della violenza maschile. Spesso è stata vista, anche in modo opportunistico, solo come emergenza da affrontare con politiche securitarie e strumentali invece che identificare la radice del potere patriarcale che la genera e che oggi viene ulteriormente rafforzata non solo dalla disparità di potere tra uomini e donne ma anche dalla fragilità di chi è incapace di affrontare la crisi delle relazioni che si annida in una crisi economica, sociale culturale e politica drammatica. Il massacro delle donne è notizia quotidiana, ogni giorno ci riconsegna il rosario di donne uccise o ridotte in fin di vita da Lodi alla ragazzina accoltellata e bruciata in Calabria, da Genova al Veneto. Una situazione che lascia senza fiato e a cui ancora non si è data alcuna risposta. Neanche quando le donne avevano già ripetutamente denunciato.

Il dato nuovo rispetto al passato quando eravamo sole a denunciare questo massacro inascoltate è che oggi, grazie alle nostre battaglie, c’è maggiore attenzione da parte dei mass media e se ne parla, anche se non sempre nel modo corretto, ma se ne parla. C’è un salto nella consapevolezza ma adesso il potere politico e istituzionale deve, ripeto, deve dare risposte pronte ed efficaci. Alcune con effetto immediato altre a medio e lungo termine. A me pare che ci sia, pur in una consapevolezza maggiore della gravità del fenomeno, ancora una difficoltà a interpretarlo correttamente e a vedere rapidamente quali sono le soluzioni e gli interventi immediati che noi conosciamo e abbiamo indicato più volte sia nelle iniziative di questi dieci anni in particolare che nella piattaforma della Convenzione No more. Davvero non siamo all’anno zero, il governo stavolta deve capire subito e partire da tre.



Quali sono i prossimi appuntamenti che il movimento delle donne intende costruire, anche in considerazione dell'incontro del 22 maggio?

Dopo il 22 maggio speriamo di avere al più presto altri incontri con la ministra Idem e con altri ministri che costituiranno quella che è stata chiamata task force e che non ha ancora contorni chiari. Per noi deve essere investito del problema, per discutere e approntare le soluzioni possibili tutto il governo e ogni articolazione centrale e periferica dello stato dai ministeri ai comuni. C’è lavoro per tutti e bisogna decidere tutte le politiche e i provvedimenti necessari. Alcuni possono essere immediati come “il divieto di conciliazione per le forze dell’ordine” che devono essere coinvolte sulla necessità’ non solo di agevolare la denuncia ma anche per dare le informazioni necessarie alle donne sul percorso da seguire per sottarsi a condizioni di violenza e pericolo.

È indispensabile anche attrezzare tutti i pronti soccorso e i servizi sanitari che spesso costituiscono i principali punti di accesso a cui le donne si rivolgono per avere indicazioni e aiuto. Bisogna che la magistratura abbia un comportamento sollecito e uniforme sulla concessione di ordini di protezione delle donne sia per atti di stalking che per l’allontanamento del familiare violento dall’abitazione comune secondo la legge del 2001. Serve naturalmente al più presto la revisione del Piano nazionale antiviolenza rendendo operative le azioni di raccolta dati in modo integratoma anche la formazione di tutte le realtà coinvolte e la creazione di reti locali competenti,il sostegno ai centri antiviolenza. Sui dati è scandaloso che i dati sul femminicidio che tutti danno siano quelli raccolti da noi o da altre associazioni di donne e non ci siano dati ufficiali dello stato. Servono con urgenza soprattutto politiche forti sulla prevenzione a cominciare dalle scuole e a finire sulla programmazione dei mass media sulla rappresentazione delle donne e la formazione degli operatori dell’informazione.

In una parola che è necessario che si dimostri e si avverta che tutto il governo (anche nelle condizioni date) fa sul serio con gli interventi e le risorse necessarie politiche ed economiche. Altrimenti siamo ancora una volta alla propaganda e alla strumentalizzazione di queste tragedie.

Se questo è lo scenario è chiaro che tutto il mondo delle donne che si occupa di contrastare e prevenire la violenza contro le donne ha ancora un enorme lavoro da fare e in molte direzioni. Noi siamo impegnate a farlo come UDI e come Convenzione No more con tutte le altre associazioni. Naturalmente seguiremo con estrema attenzione le azioni del governo e del parlamento che parte dalla ratifica della Convenzione di Istanbul alla Camera.

Se la Convenzione verrà ratificata in tempi brevi questa azione è importante ma non è risolutiva. E un quadro di riferimento teorico che l’Italia assume e l’inizio di un lavoro ma c’è ancora molta strada da fare e atti politici da compiere.Se non arrivano continueremo la mobilitazione come si sta facendo a livello nazionale e in tante realtà locali. Ogni giorno stanno entrando in campo nuove forze dalle artiste, come dimostra “Ferite a morte” di Serena Dandini e Maura Misiti, a tante donne, e anche uomini comuni, che chiedono di dare una mano contro la violenza maschile. L’Appello per chiedere gli Stati Generali contro la violenza alle donne ha superato le 60.000 firme. Dopo il comune di Torino l’ANCI ha lanciato la”Campagna 365 giorni no” alla violenza contro le donne. Aumenta il numero dei comuni che aderisce a No More.

Tutto ci dice che non ci dobbiamo fermare e non ci fermeremo e studieremo insieme tutte le forme di lotta necessarie per avere risultati concreti. Il primo è impedire che altre donne siano uccise da mani maschili.

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