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UDI / Le proposte al Piano Nazionale contro la violenza di genere

UDI / Le proposte al Piano Nazionale contro la violenza di genere

Le proposte dell’UDI al sottogruppo Educazione (capofila MIUR) istituito dalla sottosegretaria Guerra in vista del Piano Nazionale contro la violenza di genere

Martedi, 22/04/2014 - RIceviamo dall'UDI e volentieri pubblichiamo



Piano nazionale contro la violenza di genere

Sottogruppo “Educazione”

Alcune considerazioni e proposte dell'UDI - Unione Donne in Italia



La legge n. 119 del 15 ottobre del 2013  all’«Art. 5 (Piano d'azione  straordinario contro la violenza sessuale e di genere) recita: - 1. Il Ministro delegato per le pari opportunità elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e  adotta,  previa  intesa  in sede di Conferenza unificata ai  sensi  del  decreto  legislativo  28 agosto 1997 n. 281,  un  "Piano  d'azione  straordinario  contro  la violenza sessuale e di genere".


Il Piano, con  l'obiettivo  di  garantire  azioni  omogenee  nel territorio nazionale, persegue  finalità di prevenzione, sensibilizzazione, formazione, assistenza e protezione, raccolta dati e azioni positive contro la violenza alle donne


Finalità e obiettivi importanti ma per raggiungere  i quali la scuola,  l’università e tutto il sistema formativo e culturale assumono  una importanza strategica.


Per  impostare nel modo corretto questa trasformazione  culturale bisogna focalizzare alcuni aspetti secondo noi fondamentali.


  La violenza maschile sulle donne, violenza sessuata-femminicidio, è la conseguenza di una cultura che ha visto per millenni i maschi della specie umana in posizioni di predominio, convinti di una inferiorità naturale delle donne.


 Su questa presunta superiorità maschile è stata costruita -escludendo le donne e il loro punto di vista- tutta la struttura sociale e uno specifico modo di conoscere e di pensare (se stessi, gli altri, la realtà) per opposizione gerarchica dando vita ad una struttura binaria del pensiero: uomo-donna, cultura-natura, mente-corpo, ragione-sentimenti…. Si è così consolidato nel corso dei secoli e in quasi tutte le civiltà umane un dominio maschile che si rimodella continuamente e di cui viviamo tutte le conseguenze. Quando banalmente si dice che la violenza maschile si combatte con la cultura l’espressione vale come un auspicio di una migliore educazione  ma anche come un riconoscimento di come tradizioni, abitudini e abiti mentali influenzano il comportamento umano, in altre parole come la cultura in senso antropologico(1) e accademico condiziona e agisce nelle relazioni e come gli esseri umani ne sono agiti.


  La violenza di genere nella sua intera fenomenologia né è l’espressione più emblematica e uno dei modi più forti per mantenere questo dominio anche se esso è da tempo visibilmente in crisi.


 Come affrontarla è un dibattito politico, culturale e sociale che movimenti delle donne e Istituzioni internazionali hanno aperto da molto tempo.


Le proposte sono molteplici e spesso diversificate.


Contrastare la violenza di genere in ambito educativo e in particolare nella scuola di ogni ordine e grado significa innanzitutto, secondo noi, individuare ed eliminare nel sapere che viene trasmesso a studenti e docenti quegli elementi di disvalore e cancellazione del femminile che sono il terreno fertile della misoginia e della violenza e nello stesso tempo smantellare l’impianto binario e oppositivo del pensiero. L’obiettivo è il superamento degli stereotipi e la costruzione di relazioni tra bambine e bambini, ragazze e ragazzi basate sul rispetto e il riconoscimento reciproco nella verità di quello che si è.


Per questo sono necessarie scelte chiare da parte del Governo e del MIUR, ponendo massima attenzione alla formazione del corpo docente, a cominciare dalla formazione universitaria nelle varie discipline, utilizzando al meglio tutto il sapere prodotto in particolare nell’ultimo mezzo secolo grazie a numerose studiose e alcuni studiosi.


 Facciamo solo alcuni esempi.


 E’ necessario incentivare e promuovere una Pedagogia capace di accogliere e dare senso  alla differenza di genere che parta dal fatto che il soggetto è sessuato e che la sessuazione differenzia a livello corporeo e psicologico fornendo differenti punti di osservazione e interpretazione. E’ urgente inoltre, nella consapevolezza dei condizionamenti storici e culturali, considerare l’interezza del soggetto nel suo essere corpo-mente-sentimenti, senza gerarchie improprie, recuperando la corporeità come elemento fondativo nel processo cognitivo e l’affettività, le relazioni, come valori in sé e come motivazioni fondamentali nell’agire e nell’apprendere. Tutto questo anche nel tentativo di superare quell’analfabetismo affettivo che sembra caratterizzare le nuove generazioni ma che a noi sembra il risultato di una cultura trasmessa dal mondo degli adulti e di diverse agenzie educative incapaci di proporre valori di rispetto, di civismo e  di solidarietà.


Crediamo non più rinviabile una analisi accurata  dei programmi, delle modalità educative e dei sussidi didattici in uso, in particolare i libri di testo, una analisi capace di assumere come chiave di lettura la differenza di genere e la sua significazione per un ripensamento in senso anche epistemologico delle varie discipline.


Nell’insegnamento della Lingua italiana ad esempio vanno cambiate le regole grammaticali perché il femminile riacquisti piena dignità, secondo quanto indicato da recenti studi linguistici e dalle raccomandazioni per un uso non sessista della lingua contenute nel testo scritto ormai vari anni fa da Alma Sabatini per la Commissione nazionale Pari Opportunità e riteniamo che sia fondamentale l’esempio del linguaggio degli insegnanti, ma anche misure adeguate in tal senso rivolte ai mass media.


Per quanto riguarda l’insegnamento della Storia siamo convinte che le e gli studenti devono poter conoscere la storia umana nella sua interezza: l’esperienza storica di donne e uomini nell’intreccio tra pubblico e privato e le ragioni di una cancellazione non più accettabile. Perché il mondo, da sempre, è abitato da uomini e da donne. Deve essere chiaro che la presenza delle donne come soggetti protagonisti nella narrazione storica non costituisce un elemento aggiuntivo, ma richiede una diversa concezione della disciplina e porta a interpretazioni più complesse e veritiere del lungo percorso della civiltà umana.


Per quanto riguarda il pensiero scientifico è bene mostrare anche un altro modo di conoscere basato su un rapporto soggetto-soggetto, una conoscenza per interconnessione, per empatia (vedi la biologa molecolare Barbara Mc Clintock), più vicina all’esperienza femminile, a fronte di una concezione dominante basata sulla conoscenza come opposizione soggetto-oggetto, gesto di appropriazione e conquista, che ha contrassegnato ad esempio il rapporto degli uomini con la natura, con le conseguenze nefaste che conosciamo.


Considerazioni e proposte analoghe valgono anche per tutte le altre discipline come la Filosofia, la Letteratura, la Storia dell’Arte, le Scienze sociali, politiche, giuridiche.


 Riteniamo necessaria la costituzione di gruppi di lavoro – formati da insegnanti con competenze in cultura di genere e da esponenti di associazioni femminili che da anni si occupano del problema- che traccino linee guida per le case editrici e auspichiamo che tempi e costi di questa scelta siano dettati dal MIUR nel Piano Nazionale antiviolenza dello stato italiano.


Questa è per noi la strada maestra come abbiamo sostenuto nella Convenzione No more e questo è quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul.


Sappiamo che ci sono proposte che si presentano come una sorta di integrazione al percorso curriculare così come è: ore  aggiuntive di educazione alla differenza o alla affettività. Noi non le  riteniamo la giusta risposta al problema proprio perché rappresenterebbero una debole aggiunta a un impianto pedagogico e formativo che resterebbe comunque ancorato ad una cultura caratterizzata dalla inferiorizzazione delle donne, capace di costruire e tramandare stereotipi sessisti e un pensiero che porta (al di là della volontà e consapevolezza) alla  giustificazione della violenza maschile, negando alla radice qualsiasi diritto delle donne alla cittadinanza paritaria.


Proponiamo che venga attivato, con una metodologia realmente efficace,  un organismo stabile  nel Miur (anche con le associazioni femminili o persone che abbiano proposte ed esperienze in merito) per  una ricognizione e valorizzazione delle tante esperienze positive che si vanno facendo dagli anni settanta nel nostro Paese, grazie a docenti e dirigenti scolastici particolarmente sensibili e competenti. L’autonomia scolastica può essere una grande ricchezza, ma anche un ostacolo a conoscere le migliori buone pratiche in atto se non viene collocata in una logica di coordinamento.


Deve essere  inoltre attivato un canale in cui le/gli studenti possano far conoscere e proporre progetti utili e  interessanti per loro e per la loro scuola.


In questo contesto così articolato e complesso sono inoltre da incentivare progetti specifici in collaborazione con varie istituzioni nazionali ed europee e con le varie realtà associative delle donne presenti su tutto il territorio nazionale.


 


Roma, 8 febbraio 2014


 


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1) La più nota definizione è proposta da Edward Burnett Tylor fin dal secolo scorso: «La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di una società».  Vedi anche  Cfr. Pietro Rossi, Il concetto di cultura (con scritti di Tylor,. Boas, Lowie, Kroeber, Malinowski, Murdoch, Linton, Bidney, Kluckhohn, Herskovits), Torino 1970, p. 7. V. anche C. Kluckhohn e A. L. Kroeber, Il concetto di cultura, Bologna 1972; Edwar Sapir, Cultura, linguaggio e personalità, Einaudi, Torino 1972 (a cura di G. Mandelbaun, introduzione di Giulio Lepschy), Storia dell'antropologia, Il Mulino, Bologna 1972. Da una definizione prossima a quella di TyIor prende le mosse Marcuse per Note sulla ridefinizione della cultura, in Cultura e società, Einaudi, Torino 1969, p. 268 e segg. La cultura sarebbe il «complesso delle specifiche credenze. conquiste, tradizioni etc. che costituiscono il background 'sfondo'. di una società».




 


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