Le proposte dell’UDI al sottogruppo Educazione (capofila MIUR) istituito dalla sottosegretaria Guerra in vista del Piano Nazionale contro la violenza di genere
La legge n. 119 del 15 ottobre del 2013 all’«Art. 5 (Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere) recita: - 1. Il Ministro delegato per le pari opportunità elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, un "Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere".
Il Piano, con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, persegue finalità di prevenzione, sensibilizzazione, formazione, assistenza e protezione, raccolta dati e azioni positive contro la violenza alle donne
Finalità e obiettivi importanti ma per raggiungere i quali la scuola, l’università e tutto il sistema formativo e culturale assumono una importanza strategica.
Per impostare nel modo corretto questa trasformazione culturale bisogna focalizzare alcuni aspetti secondo noi fondamentali.
Su questa presunta superiorità maschile è stata costruita -escludendo le donne e il loro punto di vista- tutta la struttura sociale e uno specifico modo di conoscere e di pensare (se stessi, gli altri, la realtà) per opposizione gerarchica dando vita ad una struttura binaria del pensiero: uomo-donna, cultura-natura, mente-corpo, ragione-sentimenti…. Si è così consolidato nel corso dei secoli e in quasi tutte le civiltà umane un dominio maschile che si rimodella continuamente e di cui viviamo tutte le conseguenze. Quando banalmente si dice che la violenza maschile si combatte con la cultura l’espressione vale come un auspicio di una migliore educazione ma anche come un riconoscimento di come tradizioni, abitudini e abiti mentali influenzano il comportamento umano, in altre parole come la cultura in senso antropologico(1) e accademico condiziona e agisce nelle relazioni e come gli esseri umani ne sono agiti.
Le proposte sono molteplici e spesso diversificate.
Contrastare la violenza di genere in ambito educativo e in particolare nella scuola di ogni ordine e grado significa innanzitutto, secondo noi, individuare ed eliminare nel sapere che viene trasmesso a studenti e docenti quegli elementi di disvalore e cancellazione del femminile che sono il terreno fertile della misoginia e della violenza e nello stesso tempo smantellare l’impianto binario e oppositivo del pensiero. L’obiettivo è il superamento degli stereotipi e la costruzione di relazioni tra bambine e bambini, ragazze e ragazzi basate sul rispetto e il riconoscimento reciproco nella verità di quello che si è.
Per questo sono necessarie scelte chiare da parte del Governo e del MIUR, ponendo massima attenzione alla formazione del corpo docente, a cominciare dalla formazione universitaria nelle varie discipline, utilizzando al meglio tutto il sapere prodotto in particolare nell’ultimo mezzo secolo grazie a numerose studiose e alcuni studiosi.
Crediamo non più rinviabile una analisi accurata dei programmi, delle modalità educative e dei sussidi didattici in uso, in particolare i libri di testo, una analisi capace di assumere come chiave di lettura la differenza di genere e la sua significazione per un ripensamento in senso anche epistemologico delle varie discipline.
Nell’insegnamento della Lingua italiana ad esempio vanno cambiate le regole grammaticali perché il femminile riacquisti piena dignità, secondo quanto indicato da recenti studi linguistici e dalle raccomandazioni per un uso non sessista della lingua contenute nel testo scritto ormai vari anni fa da Alma Sabatini per la Commissione nazionale Pari Opportunità e riteniamo che sia fondamentale l’esempio del linguaggio degli insegnanti, ma anche misure adeguate in tal senso rivolte ai mass media.
Per quanto riguarda l’insegnamento della Storia siamo convinte che le e gli studenti devono poter conoscere la storia umana nella sua interezza: l’esperienza storica di donne e uomini nell’intreccio tra pubblico e privato e le ragioni di una cancellazione non più accettabile. Perché il mondo, da sempre, è abitato da uomini e da donne. Deve essere chiaro che la presenza delle donne come soggetti protagonisti nella narrazione storica non costituisce un elemento aggiuntivo, ma richiede una diversa concezione della disciplina e porta a interpretazioni più complesse e veritiere del lungo percorso della civiltà umana.
Per quanto riguarda il pensiero scientifico è bene mostrare anche un altro modo di conoscere basato su un rapporto soggetto-soggetto, una conoscenza per interconnessione, per empatia (vedi la biologa molecolare Barbara Mc Clintock), più vicina all’esperienza femminile, a fronte di una concezione dominante basata sulla conoscenza come opposizione soggetto-oggetto, gesto di appropriazione e conquista, che ha contrassegnato ad esempio il rapporto degli uomini con la natura, con le conseguenze nefaste che conosciamo.
Considerazioni e proposte analoghe valgono anche per tutte le altre discipline come la Filosofia, la Letteratura, la Storia dell’Arte, le Scienze sociali, politiche, giuridiche.
Questa è per noi la strada maestra come abbiamo sostenuto nella Convenzione No more e questo è quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul.
Sappiamo che ci sono proposte che si presentano come una sorta di integrazione al percorso curriculare così come è: ore aggiuntive di educazione alla differenza o alla affettività. Noi non le riteniamo la giusta risposta al problema proprio perché rappresenterebbero una debole aggiunta a un impianto pedagogico e formativo che resterebbe comunque ancorato ad una cultura caratterizzata dalla inferiorizzazione delle donne, capace di costruire e tramandare stereotipi sessisti e un pensiero che porta (al di là della volontà e consapevolezza) alla giustificazione della violenza maschile, negando alla radice qualsiasi diritto delle donne alla cittadinanza paritaria.
Proponiamo che venga attivato, con una metodologia realmente efficace, un organismo stabile nel Miur (anche con le associazioni femminili o persone che abbiano proposte ed esperienze in merito) per una ricognizione e valorizzazione delle tante esperienze positive che si vanno facendo dagli anni settanta nel nostro Paese, grazie a docenti e dirigenti scolastici particolarmente sensibili e competenti. L’autonomia scolastica può essere una grande ricchezza, ma anche un ostacolo a conoscere le migliori buone pratiche in atto se non viene collocata in una logica di coordinamento.
Deve essere inoltre attivato un canale in cui le/gli studenti possano far conoscere e proporre progetti utili e interessanti per loro e per la loro scuola.
In questo contesto così articolato e complesso sono inoltre da incentivare progetti specifici in collaborazione con varie istituzioni nazionali ed europee e con le varie realtà associative delle donne presenti su tutto il territorio nazionale.
Roma, 8 febbraio 2014
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