La Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, che quest’anno ricorre per la venticinquesima volta da quando l’ONU decise di istituirla, ci interroga su quale sia il bilancio di quest’anno sul tema.
Purtroppo ci ritroviamo di fronte ad un numero di femminicidi che supera ancora una volta quota cento, a dimostrazione di quanto siano ancora insufficienti le politiche istituzionali per arginare questa vera e propria emergenza sociale, come l’ha definita il Presidente della Repubblica Mattarella.
Il governo Meloni continua ad affidarsi a normative securitarie, quasi che, ad esempio, il ricorso al braccialetto elettronico sia il giusto rimedio.
É difatti quadruplicato il ricorso ad esso, per effetto della riforma Cartabia che ha ampliato il suo utilizzo anche ai cosiddetti “reati spia”, indicatori di violenza maschile sulle donne e minacce, senza aumentare però il correlato esborso monetario da parte delle finanze pubbliche e senza rimediare purtroppo al loro insufficiente funzionamento. Essi nella realtà non suonano o lanciano gli opportuni allarmi oppure la centrale operativa non riceve alcun segnale idoneo a consentire l’arrivo delle forze dell’ordine, che purtroppo invece pervengono sul luogo del femminicidio a delitto già avvenuto, come è avvenuto per Celeste Rita Palmieri.
Diversamente l’Unione Donne in Italia ritiene che solo un’efficace interazione istituzionale sia la risposta idonea a fronteggiate gli abusi maschili sulle donne, considerando che, quando interviene la soluzione penale, sia fin troppo tardi, come dimostrano gli ultimi femminicidi avvenuti in Italia.
Al proposito continuiamo a richiedere maggiore formazione per le forze dell’ordine ed i magistrati che, a nostro parere, non sempre emettono provvedimenti congrui in sede processuale.
É di questi giorni la sentenza di condanna ad otto mesi per un uomo accusato di violenza sessuale nei confronti di una sua dipendente e per il quale la pena è stata ridotta rispetto alla richiesta di due anni e mezzo avanzata dal pubblico ministero.
Secondo la difesa, non vi è stata violenza perché tutto sarebbe accaduto in trenta secondi, nonostante le riprese televisive attestino un tempo maggiore.
Non sono state depositate le motivazioni della decisione dei giudici, ma la brevità dell’atto paventata dalla difesa potrebbe avere convinto i giudici, nonostante la vittima, a distanza di quattro anni, continui a ribadire di essersi sentita violata.
Oltre che alla formazione, continua a non essere prestata dalle istituzioni preposte la giusta attenzione alla prevenzione del fenomeno della violenza maschile, un'altra condizione preliminare che serve a debellarne il fenomeno alle radici.
Difatti, ad esempio, la violenza sulle donne non è considerata ancora prioritaria dagli istituti scolastici pubblici, come dimostra la nullità di notizie sul progetto Educare alle relazioni, voluto lo scorso anno dal ministro dell’Istruzione Valditara in tema di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne.
Tale progetto avrebbe dovuto promuovere, in particolare, la realizzazione nelle scuole di progetti, extracurriculari di 30 ore all’anno, basati su metodologie laboratoriali e attività pluridisciplinari, senza peraltro affrontare il tema della formazione specifica dei docenti e la revisione ed aggiornamento dei testi scolastici.
Nulla si sa al riguardo degli esiti del progetto in questione, ma sappiamo invece che nel testo delle nuove Linee guida sull'educazione civica, emanate lo scorso settembre, è presente solo un generico riferimento alla cultura del rispetto verso la donna, dimostrando così come il ministro Valditara ed il governo Meloni non ritengano che in ambito scolastico il contrasto alla violenza maschile sulle donne passi necessariamente attraverso l'introduzione di percorsi di educazione affettiva e sessuale.
L’Unione Donne in Italia di contro ritiene che occorra invertire la rotta delle pratiche pubbliche in tema di contrasto alla violenza maschile sulle donne. Il vero cambiamento, infatti, può avvenire solo se si decide di investire seriamente in politiche innovative capaci di sradicare le discriminazioni e le disuguaglianze di genere che alimentano le norme sociali e i comportamenti individuali, sgombrando il campo da ideologie di parte e faziose strumentalizzazioni.
Solo così, in un periodo medio-lungo potremo assistere ad un reale cambiamento, altrimenti il nostro Paese continuerà a fornire ad uno suo strutturale problema risposte emergenziale e parziali, perché prive di una visione d’insieme e di una conseguente interazione istituzionale. Con la conseguenza che si continuerà a contare un femminicidio ogni tre giorni.
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