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UDI / La cura politica delle relazioni - di Rosanna Marcodoppido

UDI / La cura politica delle relazioni - di Rosanna Marcodoppido

Una riflessione di Rosanna Marcodoppido, dopo il XV Congresso UDI

Lunedi, 30/01/2012 - La politica, prima che progetto di trasformazione della realtà esterna, è pratica di relazioni, messa alla prova di sé nel rapporto con le/gli altri. Fondamentale è il lavoro nell’interiorità per imparare a riconoscere e governare le proprie emozioni, acquisire un giusto senso di sé e della propria libertà nella capacità di ascolto e presa di parola, accogliere come legittime anche le ragioni dissonanti con le proprie, saper gestire i conflitti. E’ in primo luogo esercizio quotidiano di cura delle relazioni, di responsabilità verso le cose da fare e trasparenza nel farle.

Questa per me è la base ineludibile di una politica sana, il presupposto necessario di ogni democrazia. Dovunque non c’è questo, c’è un deficit di politica e finiscono col prevalere dinamiche distruttive e priorità improprie.

La pratica di relazione tra donne è stata per me una sorta di educazione permanente all’alterità. Ma non è cosa facile e l’esito mai scontato. Assistiamo infatti troppo spesso e in vari luoghi ad una vera e propria incapacità a vivere i conflitti come occasioni di confronto e crescita, aggancio robusto al principio di realtà: una sorta di infantilismo relazionale che ostacola la costruzione del NOI e finisce col rendere fragile e per certi versi inefficace la nostra azione politica, nonostante l’impegno e la fatica profusi.

Sono convinta da tempo che un progetto di cambiamento è tanto più ricco e fecondo, e tanto più vitale è il confronto, quanto più coinvolge soggetti differenti per cultura, credo religioso, età, orientamento sessuale e competenze che sappiano pensare, proporre, agire a partire da sé. Ed è da una capacità di narrazione di sé da parte di ciascuna e da una intelligente lettura collettiva del contesto in cui ci è dato vivere che può nascere un progetto politico credibile, capace di aggredire e modificare radicalmente l’esistente. Io non credo che in politica noi donne abbiamo tutte la stessa età: siamo, questo sì, tutte necessarie e abbiamo tutte lo stesso valore di testimonianza rispetto al vissuto, un vissuto che fa i conti quotidianamente, pur se in modi differenti, con un sistema di strutture e significati ancora saldamente patriarcale. Resta il grosso problema di come gestire i conflitti che tutte queste differenze rischiano di innescare. Noi dell’Udi, che pure su questo abbiamo in passato tanto riflettuto, ne sappiamo qualcosa.

Ci siamo avviate circa due anni fa verso il XV Congresso ricche di un sapere complesso, in uno scambio fecondo tra generazioni grazie anche a Campagne che hanno restituito spessore nazionale al nostro agire, dopo decenni di faticosa sperimentazione per mettere a punto una misura femminile delle forme della politica. Una sperimentazione che fino al precedente Congresso del 2003 non ha consentito, se non in rare occasioni, una presa di parola pubblica. L’impegno contro il femminicidio, la proposta di legge di iniziativa popolare del 2006 denominata “50 e 50 ovunque si decide”, la Staffetta contro la violenza alle donne, infine il premio e la Campagna “Immagini amiche”, preceduta dalla iniziativa “Città libere da immagini lesive della dignità delle donne”, hanno rappresentato momenti importanti non solo di elaborazione, ma anche di pratiche originali e hanno coinvolto tante altre realtà femminili, istituzioni e singoli uomini del nostro Paese, in una ottica di autonomia, radicalità e trasversalità. Grande è stato l’impegno delle Udi territoriali e delle donne dei due Coordinamenti che si sono succeduti, grande la responsabilità che si è assunta, con intelligenza, passione e fatica quotidiana, la Delegata di sede nazionale.

Ma trovare forme dello stare insieme che diano a tutte parola e nello stesso tempo mettano tutte d‘accordo su cosa fare, non è semplice. Due anni fa il Coordinamento nazionale, incapace di gestire politicamente il conflitto al suo interno, è giunto spaccato alla fine del suo mandato e siamo così arrivate alla decisione, presa a maggioranza, di non nominarne uno nuovo; in quella occasione è stata riconfermata la Delegata di sede nazionale in quanto nessuna oltre lei si è resa disponibile ad assumere quel ruolo; si è nello stesso tempo decisa la costituzione di un gruppo per portare l’Udi verso il Congresso. Ero tra quelle che non erano d’accordo sull’eliminazione di un organo statutario qual era il Coordinamento, ma ho accettato la decisione della maggioranza e mi sono impegnata, insieme ad altre, a dare il mio contributo perché il nostro Congresso fosse all’altezza di quanto l’Udi è capace di esprimere nelle sue varie articolazioni. Ho sperato fino all’ultimo che quel conflitto potesse essere compiutamente nominato, gestito in modo trasparente e consapevole da tutti i soggetti coinvolti. Così non è stato e questo ci ha portato a vivere disagi, impotenze e a commettere una serie di errori e disattenzioni anche durante il Congresso, il cui esito ha procurato in tutte amarezza, dolore, delusione. Ma un Congresso andato male non può cancellare il patrimonio di passione politica, di saperi e di pratiche che caratterizza la nostra Associazione con le sue realtà territoriali, i gruppi nazionali, le varie edizioni delle scuole politiche, le sue Campagne.

Oggi abbiamo, nominati da una Assemblea nazionale, organismi in grado di assicurare una gestione collegiale dell’Udi e di costruire, mi auguro, una politica adeguata ai tempi difficili che stiamo vivendo. Ma devo ricordare che una parte molto significativa, composta da singole e da intere realtà dell’Udi, ne è fuori, sia pure per sua scelta. Il conflitto è infatti rimasto dolorosamente aperto e credo che su di esso occorra lavorare con umana delicatezza e senso alto della politica. La realtà in cui viviamo è andata da tutta un’altra parte rispetto al nostro desiderio e alle nostre necessità, al senso che diamo alla vita. L’Udi perciò ha bisogno di tutte, non una di meno. E non per una grande Udi in posizione egemone, ma per costruire, tutte insieme, una Udi protagonista autorevole all’interno di un forte movimento autonomo delle donne policentrico ed interrelato. Un movimento autenticamente democratico che abbia la forza morale e politica non solo di proporre, ma anche e soprattutto di mettere finalmente al mondo una civiltà umana radicalmente nuova.



Rosanna Marcodoppido

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